L'eterno cruccio degli italiani: le tasse

 

L'argomento è certo uno dei più spinosi: le tasse!
E' comunque certo che in Italia la pressione fiscale è già molto alta se è vero che gli italiani lavorano per più di sei mesi al fine di soddisfare il loro socio più esoso: lo Stato!

Resta comunque il fatto che i vari Governi (di qualsiasi segno essi siano) hanno sempre fatto (e continuano ancora a farlo) a gara per dichiarare che sotto la loro guida "illuminata la pressione fiscale è in realtà diminuita: come tutti sappiamo soprattutto in prossimità di elezioni di qualsiasi genere maggioranza ed opposizione si accusano a vicenda......
Pubblichiamo un articolo di Giacomo Morandi (già comparso su "Libertà" di Piacenza, che riteniamo sia controcorrente rispetto all'opinione comune Vogliamo ribadire che non è nostra intenzione  influenzare in alcun modo l'opinione dei lettori: ci auguriamo infatti di poter ospitare i loro commenti, favorevoli o contrari alle tesi esposte da Giacomo.
Piazza Scala - gennaio 2010

 

ANCORA LA RIDUZIONE DELLE TASSE 

 

Quando si avvicina una stagione di elezioni in Italia ritorna puntualmente il tema caro a tutti i politici: quello dell’annuncio di qualche riduzione fiscale, annuncio puntualmente dimenticato il giorno successivo alla tornata elettorale. Stavolta è però avvenuto un fatto nuovo. Il Presidente del Consiglio ha fatto diversi annunci negli ultimi mesi fra i quali l’abolizione dell’IRAP, l’aliquota “secca” del 20% sugli affitti, la riduzione a due, dalle attuali cinque, delle aliquote IRPEF, al 23% e al 33%, l’abolizione totale dell’ICI e degli studi di settore. In questi ultimi giorni lo stesso Presidente ha fatto marcia indietro scoprendo che qualsiasi riduzione è impossibile nell’attuale stato di crisi economica e finanziaria. Finalmente si toglie il coperchio dalla pentola e si vede che all’interno c’è acqua calda e, doverosamente, pur nell’imminenza delle elezioni regionali, lo si dichiara finalmente con sincerità.

Che la pressione fiscale sull’economia italiana sia pesante è noto (anche se più o meno allo stesso livello dei nostri partner europei), ma il fatto è che la sua distribuzione fra le diverse categorie di contribuenti è iniqua, non solo a causa della fortissima evasione soprattutto in certi settori (autonomi, imprese, proprietà edilizia, lavoro nero eccetera) ma anche per la prevalenza d’imposizione indiretta, per la quale le aliquote sono proporzionali, cioè sostanzialmente uguali per tutti, poveri e ricchi, rispetto alla decrescente importanza di quelle dirette (IRE, ex IRPEF) con aliquote progressive, più basse per i redditi bassi e più alte per i redditi maggiori. In proposito va detto che la proposta riduzione di dette aliquote a due accentuerebbe ancor più l’iniquità di cui ho detto. Del resto, anche l’abolizione dell’ICI sulla prima casa e delle imposte di successione (imposte sostanzialmente patrimoniali) è andata in quella direzione.

Non per nulla detta riforma è insistentemente patrocinata anche dai cosiddetti “terzisti” alla Ostellino, alla Oscar Giannino, alla Panebianco che si definiscono “liberali”. Gli stessi sostengono che il minor gettito derivante dalla riforma del fisco, così come descritta, dovrebbe essere compensato da una notevole riduzione della spesa pubblica corrente ed arrivano a propugnare la riduzione delle entrate in via preliminare rispetto alla riduzione delle spese, perché ciò renderebbe obbligato il taglio anche indiscriminato delle uscite.

Non dicono, infatti, quali capitoli di spesa dovrebbero essere ridotti, ma è noto che i due capitoli principali sono la previdenza e la sanità. Seguono poi la scuola, le forze armate e di sicurezza e la pubblica amministrazione. E’ facile quindi immaginare che le loro preferenze vadano, mi azzardo a dire per motivi ideologici, ai primi due capitoli e magari anche alla scuola, com’è stato dimostrato dalle due ultime finanziarie.

Quel che è certo (e Tremonti deve averlo recentemente spiegato meglio al Presidente del Consiglio) è che l’enorme debito pubblico del nostro paese, già aumentato sensibilmente dall’attuale governo, non può più subire nuovi peggioramenti, anche perché la bomba di un aumento dei tassi d’interesse è dietro l’angolo e la minaccia di un generale impoverimento del paese o di un default è tutt’altro che teorica.

In un recente interessante articolo dell’esperto Pino Riva su “Libertà” si dice che il trasferimento d’imposizione dall’IRPEF all’IVA costerebbe all’erario, al netto dell’ipotetico maggior gettito di quest’ultima imposta, almeno 15 miliardi. E’ evidente che in buona parte questi soldi andrebbero a beneficio dei redditi maggiori. E poi, ammesso ipoteticamente  che una riduzione dell’IRPEF sui redditi più alti possa produrre un aumento dei consumi (ma quali?), un aumento dell’IVA agirebbe, mi pare, in segno contrario.   

Si dirà: e allora? Doveroso sarebbe intanto semplificare il fisco, eliminando per esempio le tante imposte minori che rendono la vita difficile ai cittadini (bollo, registro, ipotecarie, imposte sulle imposte, diritti vari eccetera). La cura è dolorosa da prospettare. Ridurre selettivamente la spesa d’accordo, soprattutto nei capitoli meno prioritari, come ad esempio le spese di rappresentanza, viaggi, scorte, missioni militari lontane, diplomazia, contributi ad enti ed associazioni inutili, salvataggi come quello dell’Alitalia, opere pubbliche faraoniche (ponte sullo stretto), ma occorre agire sul fisco in modo serio anche a costo di aumentare la pressione fiscale (far pagare gli evasori aumenta la pressione ma a spese di chi attualmente non la subisce).

Anche su questo fronte i segnali provenienti da questo governo non sono incoraggianti.

                                                                                                                            

Giacomo Morandi - 24 gennaio 2010

 

 

Da Arnaldo De Porti - 28 gennaio 2010

D'accordissimo su tutto, caro Giacomo. Ma come vogliamo chiamare la perdita del potere di acquisto delle nostre pensioni  (50 % per i pensionati d'annata, come noi) se non un fac-simile di inserimento dello stato nelle tasche degli Italiani ? Sia pur con diversa strategia ?

Quel che è bello è che tutti tacciono, senza pensare che i pensionati da soli, potrebbero non solo mettere su un partito, ma anche vincere le elezioni ?

Ciao.

 

 

 

Piazza Scala - gennaio 2010