Tradizioni linguistiche
 

Esistono in Italia diverse minoranze linguistiche che possiamo brevemente riassumere qui di seguito.

  • Il francoprovenzale, parlato in Valle d’Aosta e anche nella media valle del Rodano, Giura e Savoia, nella maggior parte della Svizzera francese ed alcune valli piemontesi. Il nome autoctono valdostano è patois, termine usato per descrivere una lingua considerata non standard, derivato dal francese patoier che significa maneggiare goffamente. In Francia il termine viene usato per descrivere il francese non parigino, i dialetti e le lingue provenzali. Sarei portato a ritenere, invece, che il patois valdostano sia la forma di parlata nativa locale, un vero idioma, anche se non letterario, ma semplicemente rurale cui i valligiani sono fortemente legati. Chi di voi è stato in Val d’Aosta ha avuto modo di notare che dappertutto esistono scritte, locandine, manifesti con l’indicazione Parlez patois.
  • Il ladino, presente oggi nella Val Gardena, Val Badia, Val di Fassa, Livinallongo e Ampezzo, Friuli e nel Cantone dei Grigioni. Nell’anno 15 a.C. il condottiero romano Druso conquistò la nostra regione alpina e dalla fusione dell’antica cultura celtica (reta) con quella dei romani nacque la lingua ladina. Oggi il ladino è materia obbligatoria nelle scuole ladine ed è riconosciuta dallo Stato italiano come lingua minoritaria.
  • L’arbëreshe, parlato dalla popolazione di lingua albanese che attualmente vive in prevalenza nell’Italia meridionale. Gli Albanesi, discendenti dagli Illiri, sono un popolo sparso in tutto il mondo. In Italia si sono insediati attraverso sette migrazioni. La prima avutasi tra il 1416 e il 1446 e l’ultima tra il 1774 e il 1825. Le comunità fondate o ripopolate si trovano in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Veneto. Ma le comunità che conservano lingua e rito religioso sono radicate, come detto, prevalentemente nel Meridione d’Italia ed, in particolare, con una forte presenza nella provincia di Cosenza e in parte in quella di Taranto.
  • Il griko, parlato dai Greci del Salento di cui mi piacerebbe in questa sede poterne parlare più diffusamente. Innanzitutto perché appartengo a questa terra, il Salento, estremo lembo di Puglia che si protende tra il mare Adriatico e lo Ionio, luogo di approdo e di partenze, di rifugio e di lotte, in cui gli elementi si toccano e si mescolano di sole, di venti e di mare, in cui l’acqua, come la cultura, scorre in un reticolo sotterraneo, invisibile agli occhi di chi non la sa cercare ed ascoltare.

“Griko” 

Attualmente i Greci del Salento dicono: “ìmesta Griki” “siamo Greci” – “milùme grika” “parliamo greco” – “pàme stin Grecìa” “andiamo in Grecia”.
Controverse sono da parte di glottologi di fama mondiale le ipotesi sulle origini dei Greci del Salento. Secondo alcuni queste colonie greche dell’Italia meridionale risalgono al medioevo e cioè alla dominazione bizantina, secondo altri rappresentano, nel loro nucleo principale, la continuazione delle colonie dell’antica Magna Graecia. Secondo alcuni studiosi locali che parlano questa lingua e che hanno studiato la sua evoluzione storica antica e moderna, le due teorie potrebbero trovare una certa sovrapposizione. Anche se nel greco del Salento e nel greco della Grecia moderna coincidono perfettamente le leggi fonetiche, la sintassi, le declinazioni, le coniugazioni, i suffissi dei nomi, degli aggettivi, dei verbi, degli avverbi, gli articoli e i pronomi.
Si può ammettere che un qualche nucleo di Greci della Magna Grecia sia sopravvissuto attraverso i secoli, ma non è pensabile che nell’antichità classica il greco si parlasse oltre che a Taranto anche in tutto il Salento e che tale lingua si sia parlata ininterrottamente fino ad oggi senza subire le contaminazioni di carattere storico-politiche succedutesi in oltre duemila anni.
In particolare quelle della dominazione Bizantina a partire dalla fine del secolo VI d.C. quando l’esercito dell’imperatore Giustiniano, comandato da Belisario, sbarcò in Italia per liberare dalle orde barbariche dei Goti i territori governati un tempo dall’Impero Romano d’Occidente miseramente decaduto, di cui l’Imperatore d’Oriente si riteneva legittimo erede.
Quando nell’XI° secolo i Bizantini dovettero abbandonare militarmente e politicamente le nostre terre dietro l’incalzare dell’invasione dei Normanni,  i territori della Puglia, la Calabria e la Sicilia bagnati dall’Adriatico e dallo Ionio erano già stati profondamente influenzati dalla cultura Ellenica.
Quale allora l’anello di congiunzione che ha consentito la conservazione con il tramandarsi fino ai nostri giorni della lingua greca nel Salento?
Dopo la disfatta dei Bizantini sulle nostre terre rimasero chiese e monasteri a tutelare il diritto, le istituzioni, le tradizioni e la lingua greca che, come detto, non si differisce da quella che si parla oggi in Grecia se non per alcuni vocaboli arcaici e per le inevitabili infiltrazioni neolatine.
Il monachesimo orientale mise radici profonde sul nostro territorio e la diffusione dell’ellenismo nel Meridione d’Italia non fu tanto opera politica, quanto religiosa ed ecclesiastica.
Dopo la ritirata dei Bizantini la chiesa greca rimase in piedi per il suo prestigio culturale e per la sua influenza ieratica sulle popolazioni che continuarono a parlare la lingua ellenica e a scriverla nei documenti ufficiali di pubblico interesse anche sotto le successive dominazioni trasformando tuttavia la scrittura in caratteri latini. Lo scisma dichiarato ufficialmente nel 1054 non aveva impedito alle due chiese cattolica ed ortodossa di svolgere in armonia la loro missione verso il popolo. Sorgevano nuovi monasteri greci fonti non solo di progresso spirituale, ma anche materiale in quanto anche centri d’irradiazione di sistemi agricoli molto progrediti, diffondendo ricchezza e benessere.
La Grecìa Salentina dunque è un'area linguistica del Salento,  dove si parla il neo-greco noto come griko o grecanico. A partire dagli anni novanta, prende corpo un processo di cooperazione tra i Comuni di lingua ellenofona  al fine di valorizzare e promuovere la cultura e le tradizioni grike. Ai sensi dell’art. 25 della legge 8 giugno 1990 n. 142, è stato istituito ufficialmente il Consorzio dei Comuni della Grecìa Salentina. Nel 1996 dopo una serie di tentativi, i nove, con la collaborazione della Provincia di Lecce, hanno stabilito di formalizzare un piano di coordinamento dei propri interventi per dare maggiore efficacia e unitarietà al proprio operato amministrativo, dando vita così all’Associazione dei Comuni della Grecìa salentina. L’obiettivo dell’associazione era quello di promuovere la conoscenza dell’area grecanica del Salento e di salvaguardare la cultura e la lingua che nel tempo si stavano perdendo, attuando anche la gestione associata delle funzioni e dei servizi turistici.

Nel 2001, per iniziativa dei nove comuni, viene istituita l’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina. Dal 1° gennaio 2005 anche il comune di Carpignano Salentino entra a far parte dell’ente; il 1° gennaio 2007 vi aderisce il comune di Cutrufiano. Attualmente la popolazione di riferimento dell’Unione è di 54.278 abitanti (Dati Istat al 31 dicembre 2005), che risulta una delle più grandi per questa tipologia di ente.
Dell'Unione dei Comuni della Grecìa Salentina fanno parte attualmente undici centri contrassegnati dal rosso nella piantina:

  • Calimera (Kalimera, buongiorno, in greco) secondo comune ellenofono più popoloso dei comuni della Grecìa salentina di cui presiede l’Unione.
  • Carpignano Salentino (non ellenofono, in rosa nella foto 1)
  • Castrignano dei Greci
  • Corigliano d'Otranto
  • Cutrofiano (non ellenofono, in rosa nella foto 1)
  • Martano
  • Martignano
  • Melpignano
  • Soleto
  • Sternatia

Il fine di questa presentazione è stato unicamente quello di farvi conoscere alcune poesie tratte dal volume Loja j’agàpi (Parole per amore) che contiene una raccolta curata da alcuni poeti contemporanei “calimeresi” per promuovere il contenuto socio-culturale, estetico e storico espresso nella lingua “grika” affinchè diventi patrimonio accessibile a tutti, salvaguardando canti, musica, miti, riti, privilegiando in questa operazione chi ancora oggi, come loro, parla, pensa e scrive testi in griko, pur dichiarandosi “uomo di questi tempi”.

Quattro poesie con le rispettive traduzioni (cliccare sui links sottostanti per visualizzarle):
DIU RODA (DUE ROSE)
ISELA (VORREI)
T'ASTERIA (LE STELLE)

PRONI' AGAPI (PRIMO AMORE)

 Fernando Mazzotta - 12 marzo 2009