Da questo nostro spazio virtuale luogo di
incontri e di scambi di opinioni, mi piacerebbe poter trattare oggi un
argomento che ci sta molto a cuore soprattutto per il futuro dei nostri
figli e dei nostri nipoti: il nucleare.
Il 10 luglio 2009, con 154 voti a favore e un astenuto, il Senato dette via
libera al DDL Sviluppo che prevede il ritorno dell’Italia al nucleare.
Oggi, 10 febbraio 2010, via libera del Consiglio dei Ministri al DDL
Sviluppo sui criteri per la localizzazione delle centrali nucleari e le
“compensazioni alle popolazioni che ospiteranno gli impianti”. Di fatto, il
Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo
che individua il percorso da seguire per riavviare il nucleare in Italia. Il
Governo, in sostanza, con l’approvazione del decreto ha delimitato il quadro
normativo di riferimento per i soggetti che intenderanno realizzare i nuovi
impianti nucleari. Questo provvedimento aveva già avuto il parere positivo,
sia pure con osservazioni e precisazioni, delle commissioni parlamentari
competenti e del Consiglio di Stato. Saltata la Conferenza Unificata
Stato-Regioni, prevista dopo il via libera del Consiglio dei Ministri “per
mancanza di tempo” dopo il NO delle Regioni, restano in piedi alcuni ricorsi
“incrociati” alla Consulta: 11 Regioni hanno impugnato il DDL Sviluppo,
mentre il Governo ha portato davanti alla Corte Costituzionale le leggi
regionali di Puglia, Campania e Basilicata che escludono la possibilità di
creare centrali sul loro territorio.
Questo lo stato attuale delle cose, ma facciamo un passo indietro.
L’8-9 novembre 1987 si votò in Italia per cinque quesiti referendari: due
sulla Giustizia e tre sul Nucleare. Le tre domande che furono rivolte agli
elettori sul nucleare furono le seguenti:
1. Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato
interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla
localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono
entro tempi stabiliti?
(la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "la procedura
per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione
delle aree suscettibili di insediamento", previste dal 13° comma
dell'articolo unico legge 10/1/1983 n.8).
2. Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali
nucleari o a carbone? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella
riguardante "l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni
sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi",
previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge).
3. Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale
Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la
costruzione e la gestione di centrali nucleari all'estero?(questa norma è
contenuta in una legge molto più vecchia, e precisamente la N.856 del 1973,
che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva dell’ENEL).
All’atto pratico, si domandava di cancellare alcune disposizioni di legge
concepite per rendere più facili e rapidi gli insediamenti energetici
(opposizioni ad oltranza, monetizzazione del rischio). Quindi, il referendum
non è stato “nucleare si” o “nucleare no”, tuttavia l’abrogazione solo di
alcuni articoli di legge, di fatto rendeva l’intera legge sul nucleare
praticamente inapplicabile. Tanto è vero che il Governo di allora,
considerati i risultati del referendum che videro la vittoria del fronte del
“si”, procedette alla sospensione dei lavori in corso ad alcune centrali e
“di fatto” decretò l’abbandono da parte dell’Italia del ricorso al nucleare
come forma di approvvigionamento energetico. Non sono aprioristicamente
contrario al nucleare e non è mia intenzione, in questa sede, discutere il
merito del DDL Sviluppo con il quale il Governo ha deciso il ritorno
dell’Italia al nucleare, ma è sul “metodo” che vorrei richiamare la vostra
attenzione, cari amici di Piazza Scala.
Confesso di non riuscire a capire che cosa sia successo: Se nel 1987
l’Italia e gli italiani hanno deciso di non fare ricorso al nucleare come
forma di approvvigionamento energetico, che cosa mi sono perso in questi 23
anni? Ero distratto, forse, quando e se c’è stato un referendum abrogativo
dell’abrogativo del 1987? Non sono un esperto costituzionalista, ma una
decisione così importante non doveva essere nuovamente sottoposta alla
volontà degli italiani? Non si tratta forse di un vero e proprio colpo di
mano di questo Governo che sfacciatamente ricorre alla Consulta per fare
dichiarare incostituzionali le leggi regionali (e il tanto sbandierato e
strombazzato “federalismo” allora dove lo mettiamo?) che rivendicano la loro
autonomia sulle scelte energetiche, proprio come vuole la Costituzione,
invece? Io penso che di incostituzionale ci sia solo la legge di questo
Governo sul nucleare e se non sarà la Consulta a riconoscerlo lo faranno
sicuramente i cittadini attraverso un altro referendum abrogativo e questo,
naturalmente, costerà agli italiani un’altra bella cifra.
Fernando Mazzotta - 10 febbraio 2010
Piazza Scala - febbraio 2010