Il trattato di alleanza fra le Corti
d'Austria e di Napoli, firmato a Napoli 1'
11 gennaio 1814, presenta alcuni aspetti
notevoli.
Intanto ricordiamo che il trattato vede
Gioacchino MURAT, Re di Napoli in quanto
sposo della sorella di Napoleone, tradire la
naturale alleanza con la Francia e firmare
con Vienna un'alleanza "perpetua" contro la
Francia per avere
non solo la garanzia di conservare il trono
ma anche per rinforzare il regno ottenendo
400.000 anime da prendersi nello Stato
Romano. Sulla possibilità di mantenere il
trono, dopo la sconfitta di Napoleone,
risulta notevole l'ingenuità di Murat in
un'Europa che dall'Austria di Mettermeli
all'Inghilterra ed alla Russia vede tutte le
Case reali legate a doppio filo con i
Borboni di Sicilia di Francia e di Spagna.
Sulla possibilità di rinforzare il regno con
le 400.000 anime restava indefinito il
dettaglio che lo Stato Pontificio non fosse
tra le parti firmatarie anche se l'Austria
"si impegnava ad impiegare i suoi buoni
uffizi per far ammettere e sanzionare dal
Santo Padre e dai suoi alleati questa
concessione".
Quando poi si tratta di definire le truppe
che le parti metteranno in campo contro le
armate francesi che stazionano nell'Italia
centro-settentrionale il trattato dice che
l'Austria "si impegna a tenere in campo
150.000 uomini di cui 60.000 per agire in
Italia"; S.M. il Re di Napoli dovrà mettere
in campo un corpo di 50.000 uomini
'effettivi'.
Evidentemente il conte di Neipperg, che
negoziava per conto dell'Austria, conosceva
la faciloneria della controparte ed il Duca
del Gallo, che negoziava per conto di Murat,
o non aveva nulla da dire o non poteva dire
nulla. Dato che il trattato veniva firmato
in Napoli è facile pensare alla
costernazione del cortigiano nell'informare
il suo Re ma è verosimile immaginare che
Murat abbia fatto buon viso in funzione
dell'obiettivo strategico della
conservazione del trono.
Che il conte di Neipperg fosse uomo di mondo
sarà confermato dallo stesso Murat nel
proclama agli Italiani di Rimini del 30
marzo 1815 (la perpetua alleanza del gennaio
1814 è già terminata) in cui si dice che
ottantamila italiani degli Stati di Napoli
stanno marciando contro gli austriaci per
liberare il suolo italico dagli stranieri
invasori: la firma del proclama è di Murat e
del suo Capo di Stato Maggiore generale
Millet di Villeneuve entrambi francesi
(l'impudenza degli uomini politici è quanto
meno secolare). Il generale Colletta,
maresciallo di campo e comandante il genio
militare dell'esercito napoletano, ci
informa però che "la forza dell'armata che
usciva in campagna contro l'Austria era di
56 cannoni, 4.980 cavalli e 34.290 uomini";
di questi circa 9.000 uomini erano ex
galeotti e carcerati che avevano convertito
la pena detentiva in ferma militare e che
forse non smaniavano dal desiderio di
combattere e morire per il Re di Napoli.
Inoltre la scarsità di armi era tale -
ricorda ancora il Colletta - che si avevano
più soldati che fucili e "si faceva ugual
perdita di un combattente con la morte dell'uomo
o col guasto dell'arma". Nulla dice però se
tra i due fatti si avesse una qualche
preferenza.
(Le citazioni tra virgolette sono tratte da:
P.
Colletta: La campagna d'Italia di Gioacchino
Murat - Utet editore).
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