LA REPUBBLICA DI SALO' E LA
RESISTENZA
di Giacomo Morandi -
ultima puntata
CONCLUSIONI
All’alba del secolo ventunesimo, quando sto scrivendo
questa breve storia, conto ormai quasi cinquantasei anni
dalla conclusione di quell’esperienza, da me vissuta in
parte personalmente.
Le passioni sono naturalmente sopite anche in chi ha
vissuto quegli avvenimenti, ma la memoria resta e deve
restare. Guai a dimenticare. Non c’è più odio, non ci
sono più rancori personali. Gli onesti e le persone di
buon senso sopravvissute a quel periodo ed
all’inesorabile trascorrere degli anni riescono a
guardare a quegli avvenimenti, anche se non freddamente,
con occhio più critico e cercano di capire anche i
motivi, più che le ragioni, di coloro che erano
dall’altra parte in buona fede e, ripeto ancora, ce
n’erano, mischiati a coloro che invece sbagliavano
sapendo di essere dalla parte sbagliata.
Nuove generazioni si sono affacciate a questo mondo e
purtroppo sanno poco di quel periodo storico, ignorano
molti fatti fondamentali o hanno ascoltato solo
interpretazioni di parte politica. I giovani non si
rendono pienamente conto che tale ignoranza è una
gravissima lacuna per la loro formazione. Quel periodo
storico insegna molto. E’ un periodo in cui sono stati
commessi errori e crimini che hanno pesato sulla vita di
tutti negli anni e dei decenni successivi e che ancora
oggi pesano perché tanti non hanno imparato la lezione
oppure accarezzano sempre l’idea che un potere forte o
addirittura un uomo forte possano governare in modo più
efficiente ed imporre ai recalcitranti democratici
l’ordine e la disciplina.
Esiste sempre il rischio che la storia si ripeta, anche
se in forme diverse e che, non conoscendo bene le
origini degli errori commessi in passato dai popoli e
dagli individui, questi possano dare nuovamente ascolto
a chi ha nell’animo gli stessi fini.
Nel dopoguerra, quasi immediatamente, il fronte
resistenziale in Europa, ma soprattutto in Italia, si è
spaccato a causa dell’avvento della guerra fredda. Il
nuovo grave pericolo rappresentato, più che dal
comunismo e dalla sua ideologia, dal modo in cui erano
stati applicati in Unione Sovietica e, a sua imitazione,
in Cina e in altri stati orientali già soggetti
all’oppressione o all’influenza colonialista, ed ancor
più dall’impero sovietico e dai suoi programmi di
espansione, ha portato alla surrettizia rivalutazione o
almeno alla strumentalizzazione di forze, ideologie e
persone che nel periodo del fascismo e del nazismo si
trovavano dalla parte che il mondo intero aveva
combattuto, condannato e sconfitto o almeno avevano in
un modo o nell’altro collaborato con essa. Allo stesso
tempo, chi aveva combattuto attivamente il fascismo e il
nazismo, per il solo fatto che a tale lotta avevano
partecipato anche i comunisti, diventò sospetto. I
comunisti stessi favorirono tale sospetto in quanto
riuscirono a far credere a molti di essere stati i soli
o quasi a combattere le dittature fascista e nazista.
Fino agli anni ‘80 la Resistenza, pur celebrata
formalmente, era sentita da una parte notevole dei
cittadini benpensanti come un movimento esclusivamente
di sinistra, alleato con i comunisti e quindi da
ridimensionare. Anche nelle scuole se n’è parlato sempre
poco, soprattutto negli anni della contrapposizione fra
blocchi, e ben pochi autori, nella letteratura, nel
cinema, nel teatro, ne hanno fatto un tema o almeno uno
sfondo per le loro opere.
Tale situazione ha prodotto in molti giovani una
mentalità quasi di equidistanza, se non di indifferenza,
verso i valori ed i sentimenti che negli anni fra il
1943 e il 1945 avevano convinto tanti italiani a
ribellarsi all’occupazione tedesca, alla restaurazione
fascista e al proseguimento della guerra a fianco della
Germania di Hitler.
Un equivoco simile, ma opposto, è sopravvissuto per
decenni nella parte comunista, con la ferma convinzione
che chi non aderiva al Partito Comunista non era nemmeno
antifascista e non era degno di far parte del movimento
resistenziale. Questa spaccatura ha indubbiamente
consentito che riemergessero frange nostalgiche e che si
rivalutassero posizioni che sembravano morte e sepolte
dalla storia.
Il Fascismo e il Nazismo, come ho scritto nella
“Premessa”, non sono stati inventati in questo secolo.
Sono sempre esistiti in una forma o nell’altra, con un
nome o con un altro, dall’alba dei secoli. |
I due regimi hanno segnato negativamente il nostro
secolo ventesimo, hanno provocato lutti e distruzioni
incalcolabili. Molti hanno aderito in buona fede a
questi due movimenti, convinti che gli uomini superiori
che li comandavano potessero con i loro poteri assoluti
risolvere i problemi sociali che le democrazie non
riuscivano a risolvere e portare i loro popoli a
dominare il mondo. Altri hanno aderito al comunismo come
si stava realizzando nella metà orientale del mondo,
nella certezza che la fase oppressiva iniziale fosse
transitoria e comunque necessaria per l’eliminazione
delle correnti e delle istituzioni contrarie alla
creazione di una società più egualitaria e più giusta.
In altri, che hanno trovato un tornaconto personale in
dette ideologie e in detti regimi, oppure hanno potuto
approfittare della tirannia per sfogare loro istinti, la
buona fede è un po’ più opinabile. La storia ha ormai
codificato per sempre e senza ombra di dubbio la natura
criminale dei sistemi fascista, nazista e di tutti i
sistemi comunisti realizzati nel secolo in ogni parte
del mondo.
La democrazia, il liberalismo, il socialismo democratico
non saranno sistemi perfetti, ma consentono la
partecipazione dei cittadini alle decisioni che li
riguardano, consentono la pluralità delle opinioni, la
divisione delle responsabilità e soprattutto il
controllo degli atti di chi governa, nell’ambito delle
leggi dello stato di diritto.
Due terzi del mondo hanno accettato, chi più chi meno,
tale concezione della società, ma continuano ad esistere
stati autoritari dove la prepotenza e la prevaricazione
dominano ancora. Ce ne sono alcuni che continuano ad
opprimere i loro popoli nel nome del comunismo
giustificando l’oppressione con la costruzione di una
società nuova e più giusta, ma sono inesorabilmente
destinati a fallire, come è ormai dimostrato. Altri sono
di stampo cripto-fascista e giustificano la dittatura
con l’immaturità dei loro popoli alla democrazia, ma in
effetti il loro scopo è solo quello di difendere il
potere ed i privilegi di pochi.
Dopo oltre mezzo secolo dalla sconfitta del nazismo e
del fascismo, è giusto che coloro che hanno militato da
una parte e dall’altra abbiano rinunciato agli odi e
alla feroce contrapposizione di allora, che ognuno
rimpianga i propri morti. Non è giusto invece mettere
sullo stesso piano chi ha combattuto per dare libertà e
giustizia o chi in buona fede lottava per il riscatto e
il progresso dei più deboli e chi invece era dalla parte
della sopraffazione, della violenza, della prepotenza.
Chi era dalla parte della democrazia e chi combatteva
per la dittatura.
I morti sono morti e si devono rispettare, ma non è
giusto onorare pubblicamente e considerare eroi della
Patria gli uni e gli altri. Non è giusto considerare
eroe della Patria chi ha combattuto contro gli interessi
della patria stessa e del suo popolo e chi è stato, sia
pure in perfetta buona fede, dalla parte di chi ha
distrutto la Patria e si apprestava ad asservirla al
nazismo. Inoltre, il rispetto che si deve ai morti, a
tutti i morti e al dolore dei sopravvissuti, non può
essere esteso ai vivi che, dopo oltre mezzo secolo, dopo
tutte le condanne della storia e della civiltà, pur
godendo delle libertà e dei diritti che la società
democratica ha garantito anche a loro, affermano di
rimpiangere quei sistemi e dichiarano che oggi, se si
trovassero nelle stesse condizioni di allora, farebbero
la stessa scelta di campo. Anche allora, la maggioranza
fece una scelta diversa. Ciò significa che le condizioni
e le cognizioni per farla c’erano. Era solo la mentalità
che era diversa. C’era chi credeva nel diritto, nella
giustizia, nel rispetto della persona umana e delle idee
altrui e chi invece pensava che i popoli e le classi non
avessero gli stessi diritti. C’erano popoli inferiori
che potevano e dovevano, per il loro stesso benessere ma
soprattutto per garantire benessere a quelli superiori,
essere assoggettati. C’erano classi sociali che dovevano
servire, per il bene comune, le minoranze elette.
L’unico modo per garantire un tale ordine era la
dittatura, il potere ottenuto o mantenuto con la
violenza.
Essere dalla parte dei nazisti voleva dire essere al
servizio di tale nuovo progetto di società ordinata e
apparentemente armonica, sia pure tenuta insieme con la
forza.
Una parte notevole degli italiani, a partire dal 1943,
non ha condiviso tale visione ed i migliori l’hanno
combattuta con le armi o con le idee e poi mantenendo
fede ai loro principi.
Per fortuna anche in Italia quel concetto di società ha
vinto. Speriamo per sempre, ma dipenderà da noi
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