LA REPUBBLICA DI SALO' E LA RESISTENZA
di Giacomo Morandi - quinta puntata

Nel nostro paese, dopo i primi nuclei provenienti dal disciolto esercito italiano, le formazioni partigiane furono ben presto alimentate dai ripetuti e sostanzialmente fallimentari bandi di arruolamento della Repubblica Sociale. I giovani richiamati si rifiutavano in massa di rivestire la divisa militare al servizio dei tedeschi e fuggivano in montagna o si nascondevano, incuranti delle minacce di morte e di rappresaglie sulle famiglie. Molti di quelli che si presentavano, disertavano alla prima occasione.

Solo nella tarda primavera del 1944 Graziani riuscì a costituire quattro divisioni con elementi già internati nei campi di concentramento tedeschi ed arruolati con la promessa di rientrare, dopo l’addestramento, in Italia. Anche molti di costoro disertarono ed un certo numero raggiunse le formazioni partigiane. Chi riteneva in buona fede di essere stato addestrato per difendere l’Italia dagli invasori angloamericani si ritrovò a svolgere compiti di polizia antipartigiana o a perseguitare le popolazioni delle montagne e delle campagne per conto dei tedeschi, fianco a fianco con le famigerate Brigate Nere e con le altre formazioni raccogliticce del partito o a coprire le feroci rappresaglie naziste. Un certo numero di giovani fu attratto dalla divisa e dal mito delle SS tedesche e si arruolarono in un corpo speciale chiamato appunto “SS Italiane”, all’ordine diretto dei comandi nazisti. Anche tali reparti furono impiegati contro i partigiani ed in azioni di polizia.

Nella generale illusione che le truppe alleate potessero risalire l’Italia rapidamente e concludere la campagna entro il 1944, le formazioni partigiane si gonfiarono oltre misura un po’ in tutte le regioni non ancora liberate. Gli alleati, come ho già riportato, si erano invece fermati di fronte a Cassino, a sud di Roma, e non riuscivano a procedere, se non con grande lentezza.

In Umbria, in Toscana, nelle Marche si erano formate bande piuttosto consistenti che avevano ingaggiato battaglia con le truppe tedesche, spesso con successo, compatibilmente con l’armamento in dotazione, quasi esclusivamente leggero. A Roma i G.A.P. compivano attentati contro le truppe tedesche, ben presenti nella capitale nonostante il suo stato di “città aperta”. Il più noto di questi attentati fu quello di via Rasella, dove un commando fece esplodere una bomba al passaggio di una compagnia di SS tedesche che causò una trentina di vittime fra i soldati ed un paio fra i civili di passaggio. Per ordine diretto del Fuhrer furono subito massacrati per rappresaglia, alle Fosse Ardeatine, 335 italiani detenuti, per ragioni politiche o perché di razza ebraica, nel

carcere romano di Regina Coeli. Non vi fu alcuna protesta da parte delle autorità fasciste, anzi, la colpa della strage fu data ai partigiani ed ancora per molti decenni si tentò, da parte dei neofascisti, di far condannare gli autori dell’attentato.

Sostenere che la Resistenza non avrebbe dovuto compiere attentati contro le truppe tedesche per evitare prevedibili rappresaglie sulla popolazione civile è un nonsenso. Tanto varrebbe dire che non doveva esserci  resistenza armata contro l’incivile e criminale comportamento delle truppe tedesche in tutti i paesi occupati. La guerriglia contro di loro, in tutti i paesi d’Europa, fu la diretta ed immediata conseguenza dei crimini commessi contro i patrioti, gli oppositori, gli ebrei ed in genere contro la popolazione che non collaborava o faceva resistenza passiva. Non si chiedono, i neofascisti ed alcuni loro fiancheggiatori, come mai non vi fu guerriglia nei paesi occupati dagli angloamericani? Perché si è condannato insistentemente l’attentato di via Rasella a Roma, quando è notorio che la Resistenza in Italia ed in tutta Europa attuò migliaia di simili azioni, ai treni carichi di truppe, ai ponti, ad autocolonne sulle vie principali di comunicazione, alle caserme, ai comandi e non sempre, nonostante gli ordini superiori che spesso emanavano direttamente da Hitler, i comandanti tedeschi attuarono rappresaglie contro la popolazione civile?  Come tutti sanno, in guerra non è concepibile rinunciare ad attaccare il nemico per evitare danni alla popolazione. La guerra totale, che coinvolge tutti, è stata teorizzata per primi proprio dai nazisti. Non tutti i comandanti tedeschi ebbero lo stomaco di infierire per rappresaglia contro le popolazioni inermi, anche se gli episodi del genere, cioè le stragi di civili, comprese donne, vecchi e bambini, furono frequenti in tutti i paesi occupati ed anche in Italia.

A Firenze fu colpito a morte dai G.A.P. il filosofo fascista Giovanni Gentile il quale, dopo aver collaborato con il regime per tutto il ventennio, aveva aderito alla Repubblica Sociale, prestandole la sua penna per la propaganda e la sua complicità nella politica collaborazionista con l’occupante tedesco. Anche questo fatto è stato oggetto di polemiche per anni ed anni dopo la fine della guerra e perfino alcuni antifascisti si dissociarono. In quei tempi, il tradimento di chi collaborava con i tedeschi significava maggiori sofferenze per chi li combatteva ed un prolungamento della guerra in Italia.

A Milano il Federale Aldo Resega cadde sotto i colpi dei gappisti i quali spinsero la loro audace azione fino ad attaccare il suo funerale nel centro della città. Anche quest’ultima azione seminò il terrore fra i fascisti che reagirono all’attacco con una sparatoria indiscriminata contro tutto e tutti, suscitando l’indignazione perfino di Mussolini.

(continua)