In occasione della ricorrenza del 25 aprile pubblichiamo un secondo articolo di Giacomo Morandi sulla Resistenza e sulla sua importanza nella sconfitta tedesca.
25 aprile 2009

 

I PARTIGIANI E LA MONTAGNA 

In occasione della ricorrenza della Liberazione si sentono e si leggono opinioni ed interventi, alla televisione e sui giornali, che riflettono il pensiero o le idee i più disparati, spesso dettati da disinformazione e pregiudizi ma anche esperienze e ricordi personali. Questi ultimi, dato il tempo trascorso dal 25 aprile 1945 e la scomparsa, ahimè, di quasi tutti gli attori ed i testimoni, in buona parte sono riportati, risentono cioè dei racconti di familiari o amici o addirittura di impressioni ricavate dalle ultime letture o da trasmissioni televisive.
Il revisionismo di questi ultimi anni, ad opera di qualche giornalista, divulgatore, raramente di qualche storico, incoraggiato dal cambiamento del quadro politico nazionale tende in modo più o meno scoperto, senza però riuscirci pienamente ma ottenendo qualche risultato nei confronti della mente di chi non ha vissuto quel tragico periodo, a ridimensionare o almeno a utilizzare qualche lato negativo che esiste in tutti gli eventi storici soprattutto in guerra.
L’operazione, lo ricordavano bene i nostri nonni, fu attuata anche durante e dopo il Risorgimento (parlar male di Garibaldi e Mazzini), da parte dei ceti austriacanti e soprattutto dalle organizzazioni cattoliche più vicine agli interessi dello Stato della Chiesa.
Come allora, anche oggi si sentono affermazioni che tendono a coinvolgere l’intera Resistenza, tutte le formazioni partigiane dal Piemonte alla Lombardia, al Veneto, all’Emilia Romagna, alla Toscana, in un fascio di equivoca volontà d’instaurazione di una dittatura comunista e stalinista.
Siamo ormai in pochi a ricordare con lucidità quei giorni, perché avevamo l’età per vedere e per capire, anche se non avevamo partecipato direttamente alla lotta armata, ma avevamo seguito i nostri genitori o i nostri fratelli e sperimentavamo ogni giorno sulla nostra pelle i pericoli, le privazioni, le oppressioni e ricordiamo bene i giorni della gioia, del tripudio popolare a Liberazione avvenuta.
Di tanto in tanto qualcuno, chissà per quale motivo, ripete il ritornello che la guerra, il fascismo, il nazismo non furono vinti dai partigiani, ma dagli americani e che senza questi ultimi anche gli italiani “se la sarebbero vista brutta”. Una bella scoperta. Chi ha mai detto che la guerra fu vinta dai partigiani da soli? Quelli italiani, quelli francesi, quelli jugoslavi, quelli polacchi, quelli greci e tutti gli altri che resero difficile la vita agli occupanti nazisti ed ai loro collaboratori? E poi, per la precisione, non furono nemmeno gli americani da soli. Basta visitare i tanti cimiteri di guerra sparsi per l’Italia. Inglesi, brasiliani, australiani, neozelandesi, polacchi, francesi, sudafricani, indiani, canadesi. Le “Nazioni Unite” appunto.
La Resistenza, va ripetuto fino alla noia, contribuì in maniera non indifferente alla sconfitta tedesca. Non si vede perché, altrimenti, sarebbero state distolte dai vari fronti tante unità e tanti mezzi per combatterla e non si vede perché gli alleati l’avrebbero aiutata, rifornita ed utilizzata come hanno fatto. La Resistenza era fatta dai partigiani (anche comunisti, le cui idee, in grande maggioranza allora, erano ben lungi dall’auspicare un’altra dittatura), dai soldati internati in Germania che rifiutarono il rimpatrio per non arruolarsi nelle milizie di Salò, dagli operai delle fabbriche, dagli stessi renitenti che si nascosero o fuggirono in montagna per lo stesso motivo, mentre sarebbe stato più comodo presentarsi, essere vestiti, nutriti e fare vita di caserma, certi di non essere inviati al fronte perché i tedeschi non li volevano fra i piedi e magari partecipare a qualche rastrellamento, a fianco delle autoblindo e dei carri armati tedeschi.
Resistenza fu anche quella dei nostri montanari i quali, è vero, pagarono cara la presenza delle brigate partigiane, per le rappresaglie nazifasciste ma anche perché si trovarono costretti, spesso, ad aiutare e rifocillare tanti giovani in fuga, ripagati in parte, fin dove possibile, dagli aiuti delle formazioni stesse che in molte occasioni divisero con i loro ospiti quanto riuscivano a  sottrarre ai nemici nei loro attacchi in pianura e sulle strade del traffico nazifascista. Anche i montanari, in gran maggioranza, vanno considerati resistenti e in molti casi eroici resistenti e parlo anche  per esperienza personale, vissuta in quei giorni sulle nostre montagne al seguito di mio padre.
Queste sono verità difficilmente contestabili anche dai più accesi revisionisti. Il nostro Presidente del Consiglio ha annunciato che parteciperà, per la prima volta, alle celebrazioni. E’ un fatto positivo. Significa, fra l’altro, che la Festa della Liberazione è ormai sulla via di essere accettata, “senza se e senza ma” (come ha affermato un ex neofascista come Gianfranco Fini) da tutti.

Giacomo Morandi
pubblicato il 24 aprile 2009 dal quotidiano "Libertà"