Breve presentazione di S. De Marco
“Il danno da mobbing” è il titolo di uno dei
capitoli del testo “Aspetti di Criminologia”
a cura dell’Avv. Raffaela Sorgia.
L’Autore, Temistocle Marasco, Laurea in
Giurisprudenza presso l’Università di Siena
con tesi in Diritto Penale dal titolo
“L’omicidio del consenziente”, relatore il
Prof. Roberto Guerrini, su mia insistenza ha
elaborato, operando una sintesi del lavoro
fatto, l’ “articolo” sotto riportato.
Ho deciso di dare ospitalità all’Avv.
Marasco ritenendo il suo lavoro non solo
interessante, apprezzabile e di grande
attualità ma anche per un fatto di
esperienza personale. Il “mobbing” è uno
degli aspetti più deleteri nel mondo del
lavoro e, purtroppo, i casi non sempre si
risolvono positivamente. Talvolta il
lavoratore che ne è oggetto va incontro a
gravi forme di depressione, arrivando, per
fortuna molto raramente, addirittura al
suicidio.
Chi volesse acquistare la pubblicazione [che
comprende anche gli altri capitoli: “Il
fenomeno della pedofilia e della
pedopornografia e la loro inarrestabile
espansione attraverso internet” (Dott.
Matteo Copia); “L’abuso all’infanzia nelle
istituzioni. I minori sotto protezione”
(Dr.ssa Valeria Lupidi); “Vittimologia”
(Dott. Simone Sarti)] può farlo tramite
internet Edit. Lulu.com oppure tramite lo
stesso Avv. Marasco, che collabora anche
nella Rubrica Giuridica “Diritto & Rovescio”
su portale
www.loudvision.it
Santino De Marco - 05 luglio 2009
Per info:
Ø
Studio Legale: Piazza C. Bilotti, 24 (già
Piazza L. Fera) - 87100 Cosenza, tel./fax
0984 78458;
Ø
Cell. 339 7805206;
Ø
E-mail:
temistoclemarasco@yahoo.it |
IL DANNO DA
MOBBING
Il mobbing è
l’insieme di azioni personali e impersonali,
individuali e di gruppo, che incidono in maniera
significativa sulla condizione emotiva di un
lavoratore o di un gruppo di lavoratori, comportando
grave sofferenza psichica e danni alla salute, in
genere permanenti.
L’azione di mobbing è costituita da un insieme di
azioni al limite del consentito, o di semplici
modalità di relazione interpersonale, che nel loro
insieme provocano gravi patimenti nell’individuo.
Per definire il fenomeno non bisogna fare
riferimento alle singole attività in cui esso si
estrinseca, ma alla capacità che esse hanno di
determinare sofferenza emotiva nella vittima. Ciò in
quanto non esistono delle condotte standardizzate
tra i mobber e ciascuna azione deve essere
valutata in base al singolo contesto lavorativo in
cui si sviluppa.
Il mobbing è legato, più che ad elementi di
caratterialità o a conflitti dettati da sentimenti
di invidia, di gelosia professionale o altri stati
“emotivi”, ad aspetti costitutivi del lavoro
moderno. I meccanismi attuali, infatti, sembrano
aver portato l’individuo a regredire in una
rappresentazione del lavoro come un ambiente
naturale in cui la selezione delle capacità avviene
attraverso una selettività feroce e primitiva, il
cui migliore manifesto è l’hobbesiano “homo homini
lupus”.
A ciò si aggiunga che un attività che si svolge in
un contesto che muta rapidamente, che soffre delle
difficoltà dovute al passaggio ad una
concorrenzialità globale, per le aziende che vi sono
esposte, comporta una lotta esasperata per la
propria sopravvivenza. Il conseguente bisogno di
reinventarsi e riadattarsi continuo avviene,
qualche volta, al prezzo di stressare violentemente
la struttura organizzativa e relazionale interna.
Lo stesso Parlamento europeo ha individuato le cause
di aumento del mobbing sul posto di lavoro in due
fenomeni: la precarietà dell’impiego e
organizzazioni della produzione caratterizzate da
estrema competitività e/o da scarsa efficienza. In
particolare l’aumento dei contratti a termine
favorirebbe la pratica di diverse forme di molestia,
mentre l’estrema competitività tra i lavoratori, il
cui interesse collettivo è sempre più frammentato
dalla necessità individuale di stabilità, creerebbe
un ambiente particolarmente favorevole allo sviluppo
di questa anomalia.
Tuttavia, è bene evitare di guardare al mobbing come
ad un calderone in cui gettare tutti i mali della
vita relazionale che si presentino in ambito
lavorativo, senza inoltre farvi rientrare aspetti
deformanti della relazione lavorativa che siano già
forniti di idonea sanzione (quali ad esempio
dequalificazioni, trasferimenti illegittimi,
licenziamenti ingiustificati, violenze, lesioni e
quant’altro).
Eliminati i rischi suddetti, emerge finalmente la
potenzialità e l’importanza della figura del
mobbing, in quanto: consente di sanzionare
comportamenti che, presi singolarmente, non
sarebbero rilevanti o per i quali l’ordinamento non
prevede alcuna forma di tutela; consente di
recuperare a tutela fatti lesivi “scaduti”, ovvero
risalenti nel tempo, i quali possono essere valutati
non come episodi isolati, ma come fotogrammi di una
azione continuata di terrorismo psicologico;
consente di risarcire danni alla salute psicofisica,
altrimenti difficilmente risarcibili, perché
attinenti alla sfera esistenziale e della dignità
umana del lavoratore.
Il mobbing determina nell’individuo un
coacervo di lesioni ed influisce profondamente in
tutti gli aspetti della vita della persona,
integrando in tal modo varie tipologie di danno.
a) Danno
biologico.
Fino a pochi decenni addietro, soltanto il danno
recato a beni-interessi patrimoniali, valutabili in
denaro, era ritenuto rilevante ai fini del
risarcimento. Il danno biologico, che consiste nella
lesione della integrità psicofisica e della salute,
si spinge al di là del carattere patrimoniale e
consente una tutela più completa dell’essere umano.
“La vittima di mobbing accusa sintomi e malesseri a
carico di organi od apparati che sono strettamente
legati a patologie psico-somatiche, comunemente
derivanti dalla depressione reattiva all’ambiente
lavorativo o allo stress occupazionale” (H. Ege, “La
valutazione peritale del danno da mobbing”, Milano,
2002, 94). Le lesioni e violazioni subite dal
lavoratore alla propria integrità psico-fisica, a
prescindere dalla sussistenza di alcun danno di
carattere patrimoniale, sono risarcibili quale danno
biologico, una volta accertato il nesso causale tra
lesione e fatto illecito.
b) Danno
patrimoniale.
Il mobbing violenta il lavoratore nelle sue
possibilità lavorative future, andando ad influire
sulla sua capacità produttiva, e quindi sul
guadagno, sulle prospettive di avanzamento
professionale, nonché sulle possibilità di reimpiego
in altro contesto lavorativo. Il danno patrimoniale,
in questo contesto, si manifesta sotto varie forme:
- danno da demansionamento o dequalificazione
professionale o per perdita di professionalità
pregressa;
- danno emergente: spese mediche e cure sostenute a
causa della malattia psico-fisica ingenerata dagli
attacchi mobbizzanti;
- danno da lucro cessante: riflessi negativi dovuti
alla riduzione della capacità di lavoro, e quindi di
produrre reddito, o alla perdita di chance;
- danno da licenziamento illegittimo o da dimissioni
per giusta causa.
c)
Il
danno esistenziale ed il danno morale completano il
quadro della tutela: tali figure si riferiscono ad
una tipologia di pregiudizi che vanno al di là della
lesione del bene-salute inteso, nel senso più
restrittivo del termine, come violazione
dell’integrità psico-fisica. Attengono cioè alla
sfera morale, alla personalità, alla dignità, alla
vita di relazione della persona.
Ciò in quanto il mobbing ha la capacità di
condizionare l’individuo non solo nella attività
lavorativa ma anche nella sua vita sociale e
familiare. Infatti, il disagio sul lavoro spesso si
ripercuote sulle relazioni con la propria famiglia
la quale, inizialmente, assorbe e mitiga, per quanto
è possibile, i malesseri del lavoratore, ma a lungo
andare, subendo il costante trasferimento di ansie e
frustrazioni, raggiunge il livello di saturazione ed
erutta l’accumulo di negatività sul lavoratore
stesso che, tristemente, si trova bersagliato sul
lavoro ed isolato dai suoi più stretti congiunti (si
parla in proposito di “doppio mobbing”).
Quindi, al di fuori dei casi di malattia fisica o
psichica
si possono verificare oggettivi
peggioramenti delle condizioni esistenziali e della
vita di relazione della persona, riguardanti diritti
primari e costituzionalmente tutelati. Il danno
esistenziale, pertanto, consente una tutela più
ampia, superando i limiti del danno biologico,
sussistente solo in presenza di una lesione
psico-fisica, nonché del danno morale, risarcibile
solo allorché derivante da un fatto illecito
astrattamente previsto dalla legge come reato.
Temistocle Marasco – Cosenza, 5 luglio 2009
|
|