IL CERBERO CATTOLICO - di Massimo Messa (novembre 2008)

Premessa
Il simbolo universale di Dio è costituito da una croce nel cerchio. Nelle rappresentazioni iconografiche cristiane il braccio inferiore della croce risulta celato dal capo della corrispondente persona divina Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, Agnello o Colomba) di cui diviene "nimbo" (aureola), dimodoché i tre raggi rimasti visibili possano scaturire da ciascuna delle persone trinitarie.
L'"Unità e la Trinità di Dio" costituiscono uno dei due misteri della fede (l'altro è 1'"Incarnazione"): pensando intensamente a se stesso, Dio genera il Figlio; dalla contemplazione del Padre verso il Figlio e viceversa scaturisce un reciproco amore da cui "procede" lo Spirito Santo.
In altre parole la Trinità è un solo Dio che - conoscendosi - "genera" il Figlio e - amandosi - "spira" lo Spirito Santo. Ed è il Figlio, ovvero il "verbo di Dio", che si è incarnato, ma è lo Spirito Santo, cioè 1'"amore", che alla Pentecoste discende sugli Apostoli per fare vivere la Chiesa ad ogni uomo. Dio è assolutamente uno e relativamente trino: la fede cattolica vuole che si veneri un solo Dio in tre persone, ma proibisce di pensare a tre Dei o a tre Signori in quanto Padre, Figlio e Spirito Santo sono coeterni l'uno all'altro e uguali.
 

Dio Tricefalo e Dio Trifronte
Una delle espressioni artistiche della Trinità, diffusasi con l'arte gotica, fu costituita:
    da tre teste separate - quella di mezzo frontale, le altre di profilo -che escono da un unico tronco:
  "Dio tricefalo",
oppure:
   da un'unica testa che fonde in sé le tre persone trinitarie ed ha,  di conseguenza, tre nasi, tre bocche
  e quattro occhi: "Dio trifronte".
In entrambi i casi la figura risulta racchiusa nel nimbo. La lontana origine a carattere mitologico, forse di provenienza orientale, contribuì ad assicurare a questa rappresentazione iconografica una certa diffusione soprattutto nell'arte popolare che vi individuò funzioni didattico/ornamentali: l'infatuazione per questa figura era attribuibile alla fusione tra l'illustrazione del dogma e il gusto artistico nelle sue forme fantastiche.
La rappresentazione della Trinità era permessa dalla Chiesa. Bisognava tuttavia operare delle scelte: scelte che divennero ancor più necessarie in epoca di controriforma protestante allorché il Dio tricefalo/trifronte venne ironicamente assimilato dai detrattori della Chiesa Romana ad un pagano "cerbero cattolico". Non si potevano più tollerare moltiplicazioni di immagini audaci concepite artisticamente senza alcun criterio selettivo.
Già nel XV secolo Sant'Antonino da Firenze (1389-1459), nella sua "Summa Theologica", aveva denunciato come "mostro nella realtà" - non di certo conveniente per rappresentare Dio - "quella tal immagine della Trinità in forma di uomo a tre teste: quod monstrum est in natura rerum".
L'11 agosto 1628 Papa Urbano VIII organizzava un rogo esemplare allo scopo di bruciare tutte le immagini in suo possesso del "cerbero", che dichiarava eretico.
 

Sollicitudini nostrae: iconografie religiose lecite e proibite
Finalmente, nel 1745, papa Benedetto XIV trattò per esteso nella lettera apostolica "Sollicitudini nostrae", i modi leciti e quelli vietati per la rappresentazione della Trinità secondo l'ortodossia cattolica, segnando così una svolta nella disciplina iconografica della Chiesa.
In base a questo criterio, a parte la figura di Gesù e la mano o l'occhio nel triangolo equilatero per la rappresentazione del Padre, la Trinità poteva essere raffigurata nella forma in cui viene descritta nelle Scritture. E, per lo Spirito Santo, il Nuovo Testamento riferisce soltanto due apparizioni: quella della "colomba" al battesimo di Gesù e quella delle "lingue di fuoco" il giorno di Pentecoste.
Oltre a colomba e fiammelle, un'immagine trinitaria ammessa da Benedetto XIV era quella composta di tre persone uguali che per lo più si rifà all'episodio di cui al Capitolo XVIII del Genesi (già nel IV Secolo interpretato come alta espressione trinitaria sia da Atanasio che da Sant'Ambrogio): Abramo "alzò gli occhi ed ecco che tre uomini stavano in piedi presso di lui e appena li ebbe visti corse loro incontro. Gli disse(ro): - Dov'è Sara, tua moglie? - Rispose: - Eccola, nella tenda - Ripresero: - Tornerò di sicuro da te tra un anno ed allora Sara, tua moglie, avrà un figliolo". Sara, già ultrasettantenne, darà alla luce l'erede di quella promessa, Isacco, l'antenato di Gesù.
Di questo episodio, in ambiente cristiano-ortodosso, è fedele rappresentazione la magistrale "Icona della Trinità" o dell'Antico Testamento dipinta dal monaco russo Andrej Rublev intorno al 1422 (conservata presso la Galleria Tretjakov di Mosca) e considerata la raffigurazione bizantina più canonica e perfetta della Trinità. Un'altra espressione artistica non trascurabile è costituita dall'"Ospitalità di Abramo", mosaico del VI secolo presente a Ravenna nella Basilica di San Vitale.
"Sollicitudini nostrae" consentiva di raffigurare tre personaggi uguali (iconografia rivolta alle scritture) o diversi in funzione dell'età, at­tribuendo alla vecchiaia il Padre, all'età adulta il Figlio e alla giovinezza lo Spirito Santo (iconografia rivolta al dogma).
Sono esempi significativi del primo caso:
- l'affresco trecentesco affisso alla controparete d'ingresso della Chiesa della Santissima Trinità a Firenze;

- 
11 altorilievo   rinascimentale   collocato   in   un   cortiletto   della   Casa Bagatti-Valsecchi a Milano (via Santo Spirito, 7)
- 
l'affresco quattrocentesco della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Mona­stero di Castelletto Cervo (Vercelli);
- 
l'affresco  della  scuola  di  Defendente Ferrari   (prima metà  del   '500) presente nella Parrocchiale di San Pietro Apostolo di Benna (Vercelli).
Era inoltre consentito o tollerato affiancare alle tre figure trinitarie i corrispondenti simboli:

- 
il globo (o la tiara o lo scettro), per il Padre
- 
i chiodi, per il Figlio
- 
la colomba, per lo Spirito Santo.
Ma, più che le raffigurazioni ammesse o non disapprovate dalla Chiesa, "Sollicitudini Nostrae" indicava come legittime le sole immagini della Trinità che mostrano: il Padre sotto forma di uomo attempato, con il Figlio incluso entro il suo seno (come avviene - in una magnifica composizione architettonica - per l'affresco del Masaccio, in Santa Maria Novella a Firenze) o al suo fianco, e la "colomba" tra il Padre e il Figlio.
Tutte le rappresentazioni al di fuori di quelle testé citate, tra cui il "cerbero cattolico", venivano definitivamente proibite.
Nel 1928 papa Pio XI vietava di rappresentare lo Spirito Santo sotto sembianze umane. Per la seconda volta l'icona di Rublev superava l'esame pontificio non raffigurando essa figure umane bensì tre angeli di identico aspetto seduti alla mensa del patriarca Abramo sullo sfondo della quercia biblica di Mamre.
Circa l'eventualità di disporre di un codice ecclesiastico per le iconografie ammesse e per quelle proibite, se da un lato appare più che opportuna, da un altro sembra in contrasto con il diritto riservato alla Chiesa cattolica di decretare la santità degli uomini sulla base anche delle loro visioni spesso fantastiche e di nessuna attinenza rispetto alle descrizioni delle Scritture. Resta perciò da chiedersi come possa essere impedito il libero corso delle diverse visioni di Dio, da parte di uomini pii, ancorché difformi dalle descrizioni bibliche.
 

Visita ai "cerberi" presenti in Italia
Nonostante il divieto pontificio, che evidentemente non poteva avere effetto retroattivo, alcune delle produzioni artistiche oggetto di condanna non vennero eliminate bensì tramandate sino ai nostri giorni: curiose testimonianze di come l'uomo abbia sentito il bisogno di tradurre in immagini elementari anche il mistero della Trinità.
Delle poche rappresentazioni iconografiche tricefale o trifronti tuttora rimaste, ci siamo visitati a visitare le seguenti:
1.
    VIGNOLA (Modena) - CAPPELLA DELLA ROCCA
Affresco quattrocentesco del cosiddetto "maestro di Vignola".
2.
    SACCO (Cosio Valtellino, Sondrio) - CAMERA PICTA
Affresco del 1464 posto alla sommità dell'ingresso di un'antica casa del paese, detta "Camera Pietà", interamente affrescata al suo interno, poi adibito a fienile. L'opera è attribuibile a un componente della scuola dei Baschenis di Averara (Bergamo), per generazioni famiglia di artisti vaganti.
3.
    FIRENZE - REFETTORIO DELL'ABBAZIA DI SAN SALVI
Significativo particolare di un celebre affresco (1519) di Andrea del Sarto, raffigurante l'ultima cena.
4.
    FIRENZE - PALAZZO VECCHIO:  CAPPELLA DI ELEONORA DI TOLEDO
Interessante "cerbero" al centro del soffitto della Cappella affrescata dal Bronzino intorno al 1550.
5.
    FIRENZE - CHIESA DI ORSANMICHELE (O SAN MICHELE IN ORTO) E MUSEO DELLA BASILICA DI SANTA CROCE
Dio tricefalo scolpito alla sommità del tabernacolo (già di San Ludovico, oggi ospitante un San Tommaso del Verrocchio) opera di Donatello e Michelozzo (prima metà del quattrocento) sull'esterno della Chiesa di Orsanmichele. Un calco del tabernacolo di San Ludovico si trova sullo sfondo della statua originaria del santo trasferita presso il museo della Basilica di Santa Croce.
6.
    FIRENZE - CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ"
Al centro del paliotto dell'altare maggiore, "cerbero tricefalo", realizzato nel 1448, attribuito ad Agostino di Duccio.
7.
    FIRENZE - MUSEO DI SAN MARCO (O DELL'ANGELICO) - SALA DEI LAVABO
Alla sommità della pala d'altare del 1510, con la sola preparazione a chiaroscuro (quindi forse da ritenere incompiuta), opera di Baccio della Porta, meglio noto come Fra Bartolomeo, raffigurante la Glorificazione della Vergine (Madonna con Sant'Anna ed altri Santi). Si tratta dell'unico esempio "trifronte" (rispetto ai precedenti, tutti "tricefali", individuati in Italia).
8.
    CHIESETTA DI LAVIN (Bassa Engadina - Svizzera)
Nel soffitto, imponente "cerbero trifronte".

Resta infine da segnalare la discussa interpretazione del celebre disegno, detto "Trias romana", realizzato in epoca rinascimentale dall'artista tedesco Mathis Nithart, meglio noto come Grunewald. Quest'opera, conservata  nel  Gabinetto  delle   stampe  di  Berlino,   raffigura,   racchiusa  in  un
nimbo, una testa a tre facce, forse personificazioni di superbia, lussuria e avarizia. Un'altra ipotesi avvalorata dalla crudezza tendente al grotte­sco con cui Grunewald impostò artisticamente alcuni suoi personaggi (come nel "Cristo deriso" e nella "Resurrezione di Cristo") può essere ricondot­ta ad un altro "cerbero" di autorevole firma da aggiungere all'elenco.

Massimo Messa
Viale Monza, 285
20126 MILANO
Tel.: 2551978

 

 

Nimbo, una testa a tre facce, forse personificazioni di superbia, lussuria e avarizia. Un'altra ipotesi avvalorata dalla crudezza tendente al grottesco con cui Grunewald impostò artisticamente alcuni suoi personaggi (come nel "Cristo deriso" e nella "Resurrezione di Cristo") può essere ricondotta ad un altro "cerbero" di autorevole firma da aggiungere all'elenco.