ANNO 1943, ore 17 di
un giorno qualunque, ad Olmo fra le case
dei "Begio" e degli "Aio".....
rastrellamento da parte dei fascisti.
Sequestrano un bambino di 6-7 anni.....
Correva l'anno 1943 quando, verso le ore
17 di una giornata di mezzo autunno, un
bambino di appena di 6-7 anni, stava
ritornando a casa da scuola: anzi,
rientrava dalla casa della maestra
Giulia, perchè, come tutti quelli della
sua età ricorderanno, allora le scuole
non funzionavano a causa della guerra ed
era pertanto necessario studiare
privatamente, per poi fare gli esami di
Stato a... Zelarino.
La maestra Giulia, conosciuta allora da
tutti, nel periodo bellico fu una vera
istituzione, specie ad Olmo di Maerne.
Chi mai non la ricorda? Il bambino di
cui si parla ha ancora una visione
nitidissima del fatto. Come se fosse
occorso pochi minuti fa. Egli stava per
immettersi nella stradina che portava
allora da Mario Menegotto, detto Brancia,
deceduto solo pochi mesi fa, per tornare
a casa.
In tempo di guerra infatti, quel bambino
viveva "sfollato" con i suoi genitori
presso i "Brancia", in attesa che
finisse quel maledetto conflitto voluto
da Mussolini. Ebbene, verso quell'ora,
egli fu bloccato da una squadra di
fascisti con la sua biciclettina di
marca "Dei", la "sacheta dei libri" che
aveva legata al ferro, fra il manubrio e
la sella, nonché con la fisarmonica di
colore bianco-madreperla che aveva sulle
spalle, con la quale, nel pomeriggio,
aveva suonato "Lilì Marlèn", canzonetta
allora molto in voga, per festeggiare il
compleanno di una delle figlie della
maestra Giulia, insegnante che, ad Olmo,
tutti ricordano ancora con particolare
stima ed affetto.
A quell'età ovviamente egli si mise ad
urlare, a chiamare... "MAMMA", ma i
sequestratori non ci fecero caso e lo
caricarono in un camion parcheggiato di
fronte la casa dei "Begio", che ora non
c'è più, a seguito della nuova
urbanizzazione. Sentirono le urla due
componenti della famiglia "AIO", Toni e
Pinèi, i quali, anche perchè non
tolleravano le S.S. ed i fascisti, ma
anche perchè spaventati e indignati per
un sequestro di un bambino, andarono a
trattare, con... la forca, la sua
liberazione con i "republikankeri" -
come li avevano battezzati loro in senso
dispregiativo.
Per fortuna liberarono subito il
bambino, restituendogli la biciclettina,
fisarmonica e cartella dei libri e
questi, ancora con le lacrime, ritornò a
casa ove raccontò tutto ai suoi genitori
che lo attendevano con ansia. Allora
quel bimbo non potè capire il perchè di
questo sequestro, ma poi, con il passare
degli anni, lo capì molto bene: i
sequestratori non volevano infatti che
il bimbo, una volta arrivato a casa,
avvisasse che stavano facendo un
rastrellamento di partigiani.
Il fatto ebbe una grande risonanza ad
Olmo, ma nessuno ebbe il coraggio di
parlarne subito per tema di rappresaglie
che poi, purtroppo, ci furono. Anche
dalle opposte fazioni, e cioè dai
partigiani. Ed in maniera che, neanche
la rabbia di una guerra che aveva
causato moltissimo spargimento di
sangue, non potrà mai giustificare. Come
ad esempio, quelle miserabili azioni di
far trascinare i cadaveri da un carretto
tirato da cavalli, sbeffeggiando e
sputacchiando esseri umani forse ancora
in vita...
Ebbene, quel bimbo, era il piccolo Nane
Indrìo...!
Da "Il vernacolo di Nane Indrio" di
Arnaldo De Porti
N.d.R.: l'episodio è ovviamente
autobiografico in quanto Nane Indrio e
Arnaldo De Porti sono la stessa persona