ARCHEOLOGIA
MEDMA, UN PARCO TUTTO DA INVENTARE
Dalle favisse scoperte da
Orsi ai templi riaffiorati nello stadio
Un anno fa
le piccole statuine di terracotta raffiguranti le
divinità femminili di Medma, sono state messaggere in
America del patrimonio archeologico scoperto a Rosarno,
esposte in una mostra sull'archeologia della Magna
Grecia. Un evento che qui ebbe poca eco ma che, grazie
alla dimensione dell'evento internazionale, rappresentò
il momento di maggiore visibilità che i reperti
provenienti dall'antica Medma, la città colonia dei
locresi, abbiano mai avuto. Ma Medma rappresenta
l'episodio emblematico della storia delle scoperte di un
patrimonio archeologico che, profondamente presente
nella cultura del popolo che ne vedeva affiorare
puntualmente nei lavori agricoli le testimonianze, non
trovava nelle istituzioni la spinta alla ricerca ed al
decollo. Il mistero della localizzazione di Medma fu
oggetto anche di diatribe erudite e alimentò vivaci
rivalità con la vicina Nicotera, anche se Strabone, il
geografo antico, aveva dato indicazioni precise. «Medma
era città che aveva preso il nome da una grande fonte
che a sua volta aveva origine da quello di una ninfa.
Una città che aveva un'appendice sul mare con un porto.
La presenza del fiume Mesima fu sempre considerata un
elemento chiave per localizzare la città. Ma ci vollero
le fortunate campagne di scavo di Paolo Orsi, richiamato
da illuminati proprietari del posto, agli inizi del
1900, per dare corpo ai miti ed alle leggende, tra i
quali i contadini di Rosarno si erano cresciuti, e
portare alla luce depositi di terrecotte votive che
hanno attratto l'attenzione degli studiosi di
archeologia del mondo. Ma dei templi ai quali
appartenevano non si trovò traccia fino allo scorso anno
allorquando affiorarono sotto il campo sportivo. Dagli
uliveti di contrada Calderazzo, di Pian delle Vigne,
affiorarono le testimonianze di una città che si
presentava di grande estensione a partire dal 1900: sul
pianoro strutture urbane e tracce di edifici sacri;
dalle dune sabbiose di Nolio e Carozzo, nella valle del
Vena le necropoli di età greca. A Medma, dopo Orsi,
dedicarono la loro attenzione archeologi di grande fama
come Paolo Emilio Arias, Silvio Ferri, e Salvatore
Settis.
Nell'ultimo quarto di secolo vi hanno scavato Maurizio
Paoletti, Claudio Sabbione e adesso da circa dieci anni
la dottoressa Maria Teresa
Iannelli. Fu l'ampliamento dell'area urbana della
moderna Rosarno che, da una parte ha messo alla luce e,
dall'altra, ha messo in pericolo quanto, dei Greci di
Medma, il sottosuolo aveva conservato e che poteva
rappresentare una vera e propria miniera d'oro se
utilizzato a fini turistici. Ma le strade, le fondazioni
degli edifici, affiorarono soltanto dagli Anni 80 in
poi. Non si trattava più del lavoro dei campi e del
sacro rispetto dei contadini per le piccole dee Medmee,
con le loro pose ieratiche e lo sguardo senza tempo, le
ruspe non si fermavano davanti alle fragili figure di
terracotta. Si è scavato e si è nuovamente seppellito
per un secolo, ma la svolta decisiva è stata realizzata
dall'amministrazione guidata da Giuseppe Lavorato che ha
ingaggiato una battaglia per la salvaguardia del
patrimonio attaccato dall'espansione edilizia. Lo sforzo
è stato coronato dal successo poichè ha portato
all'acquisizione del patrimonio dello Stato di circa 13
ettari trasformati in parco, l'istituzione di una scuola
archeologica in collaborazione con Università e
Provincia di Reggio, mentre la delimitazione nel Prg
poneva le basi per intereventi pianificati. Proprio alla
scadenza del suo mandato, dopo cent'anni di vane
ricerche, nell'area del campo sportivo, sono affiorate
le fondazioni di una serie di edifici sacri e depositi
di materiali che hanno portato al VII secolo a.C. le
origini della città di Medma. Oggi l'amministrazione
Saccomanno sta proseguendo questa importante strada che
apre per Rosarno prospettive interessanti anche dal
punto di vista turistico, la prospettiva che fino ad
oggi è mancata. Dice il primo cittadino: «Rosarno sta
puntando sulla propria città antica di Medma. Siamo
convinti che il patrimonio archeologico potrà divenire
risorsa di uno sviluppo complessivo dell'area: fra
qualche settimana inizieranno i primi scavi da parte
della Soprintendenza. Il nostro obiettivo oltre alla
realizzazione del parco sta avviando la scuola
archeologica ed il museo. Siamo in attesa della
materiale disponibilità dei finanziamenti previsti dal
Pit, già assegnati di circa 800 mila euro. C'è quello
previsto dei Pis. Inoltre abbiamo partecipato all'ultimo
bando pubblicato dal ministero con un progetto
finalizzato al proseguimento delle ricerche successive.
Il problema, però, è culturale ai fini dell'economia
dell'intera città». Anche per Giuseppe Lacquaniti
assessore alla Cultura e studioso dell'antica Medma, «si
tratta di un percorso che porterà grandi benefici alla
cultura ed alla popolazione di Rosarno. Finalmente,
infatti, gli scavi potranno rimanere alla vista di
tutti». Per il prof. Ugo Verzì Borgese che ha fondato
trent'anni fa il centro di studi Medmei a Rosarno lo
sviluppo del parco e la realizzazione sul posto di un
museo rappresentano una antica aspirazione. Ma la
Soprintendenza non abbassa la guardia, anche se
soddisfazione hanno motivo di avere la dottoressa Elena
Lattanzi e la responsabile del territorio, Maria Teresa
Iannelli: «Oggi incomincia una nuova fase - ci ha
sottolineato quest'ultima -: riprendono a giugno gli
scavi a Calderazzo nella zona del parco già esplorata da
Orsi. Infine, da sottolineare, la donazione della
collezione Gangemi effettuata dalla famiglia, che la
soprintendente Elena Lattanzi avrebbe voluto presentare
in una mostra ma la necessità di un restauro per il
momento ha ritardato. Ma alcuni pezzi, già donati da
Giovanni Gangemi, saranno esposti alla mostra
“Archeologia di un sapere”».
GIUSEPPE MAZZU' |