Fernando Mazzotta - I riti della Settimana Santa a Taranto


I Riti e le processioni della Settimana Santa a Taranto sono principalmente un atto di fede, ma anche una delle più straordinarie rappresentazioni collettive di una tradizione che non ha eguali in Italia, o anche nel mondo se è vero che solo Siviglia può contenderle la maestosità. Esse derivano da una comune matrice culturale, quella pugliese e quella spagnola, tenute insieme da anni ed anni di storia comune. Basti pensare alla dominazione spagnola subita da Taranto. Nelle notti di Giovedì santo e Venerdì santo a Taranto non si dorme. La città è percorsa da un fremito, e il brusio della folla che anima le strade della città vecchia e del centro è di volta in volta sovrastato dalle note delle marce funebri che accompagnano le processioni e sottolineano il dolore di chi rivive la vicenda di Dio fatto uomo e sacrificatosi per il riscatto dell’umanità.
Taranto rivive questa vicenda da anni, da decenni, da secoli, mai distratta, mai stanca per riti che non mutano, nella forma e nello spirito, e abbraccia con orgoglio i forestieri, sempre più numerosi, che accorrono a “scoprire” tali Riti per rimanerne affascinati.
Chi è lontano dalla nostra cultura e dalle nostre tradizioni, le scopre e se ne invaghisce. Ebbene sì, i Riti tarantini hanno un fascino particolare, e ciò che più di ogni altra cosa stupisce é il passo dei penitenti, lento, lentissimo, tanto da apparire immobile: la “nazzicata”, un controsenso in un mondo che é sempre più veloce, che é sempre più frenetico.
Anche quest’anno 2009 l’appuntamento si è rinnovato: giovedì a mezzanotte l’Addolorata è comparsa in cima alla scalinata di San Domenico e tutti sono stati ancora una volta colti dal brivido che ogni anno ci percorre a tale vista; e la sera e la notte di venerdì la gente è tornata a commuoversi vedendo passare il Cristo morto e la Madonna in lacrime.
I Riti si aprono con il pellegrinaggio degli incappucciati del Carmine. L’adorazione ai Sepolcri é oggi svolta soltanto dalla confraternita del Carmine. I confratelli escono dalla propria chiesa a coppie e vengono avviati ai giri. Anticamente questi giri venivano denominati di città e di campagna, a seconda delle chiese che dovevano visitare le poste: quelle (numerose) che si trovavano al di qua del fosso (giro di città) o quelle poche che invece sorgevano extra moenia (giro di campagna). Da alcuni anni però il “pellegrinaggio” si divide in giro della città nuova e giro della città vecchia; un cambiamento o, se vogliamo, un rinnovamento nei termini che sarebbe stato meglio non effettuare, se non altro per non violentare, anche nel linguaggio, una tradizione vecchia di secoli.
Le poste escono dal portone principale della chiesa del Carmine (quelle avviate alla città vecchia) e dalla sacrestia che dà su via Giovinazzi (quelle destinate al giro della città nuova).
La prima coppia di confratelli di ciascun giro è chiamata prima posta (molto ambita e contesa nel corso della“gara” della domenica delle Palme), mentre l' ultima é denominata ‘u serrachiese, espressione dialettale che sta a indicare l’ultima coppia di confratelli (di solito composta da anziani) cui spetta il compito di riportare al Carmine i pellegrini, chiudendo, serrando le chiese. I confratelli del Carmine, che vengono chiamati perdune (pellegrini in perdono) rappresentano, secondo alcuni, gli apostoli; camminano scalzi e indossano l’abito di rito. Le coppie, una volta giunte nelle chiese per l’adorazione ai Sepolcri, fanno scivolare i cappelli dietro le spalle, quindi, dopo la genuflessione e il cosiddetto abbraccio (rosari e medaglieri portati a sbatteresul petto), si dispongono sull’inginocchiatoio, alzandosi i cappucci. Al sopraggiungere di un’altra coppia, i due che sono in adorazione si riabbassano i cappucci, mentre il confratello che sta a destra della posta che é appena arrivata si avvicina a quello che sta anche a destra della posta inginocchiata e gli mormora qualcosa in un orecchio: Sia lodato Gesù e Maria, dice il primo. Oggi e sempre sia lodato, risponde l’altro. Non occorre aggiungere che anche il sia - usato in luogo del siano - fa parte della tradizione del linguaggio di questi riti.
Completato il giro ai Sepolcri, le poste - spinte da ‘u serrachiese - rientrano in chiesa a tarda ora del Giovedì Santo e proprio mentre una folla strabocchevole attende, sul pendio S. Domenico, a mezzanotte in punto, l’uscita della processione dell’Addolorata.
Il rito del “pellegrinaggio” riprende il Venerdì Santo mattina e si conclude intorno a mezzogiorno.

14 aprile 2009
(continua)