A piedi scalzi a chiedere
perdono: L’antica devozione dei penitenti.
La storia secolare delle
due confraternite che tengono vivi i Riti.
La Confraternita dell’Addolorata.
La Confraternita dell’Addolorata e San Domenico trasse le sue
origini e le sue tradizioni liturgiche e popolari dapprima dall’Ordine dei Padri
Predicatori di san Domenico e successivamente dalla spiritualità dei Servi di
Maria. I Padri domenicani, insediatisi stabilmente a partire dal 1315 nella
città Vecchia, nell’antica Abbazia di San Pietro
Imperiale, tenuta un tempo dai Padri Benedettini, e denominata solo nella
seconda metà dell’Ottocento come San Domenico Maggiore, per celebrare il trionfo
della cristianità contro il pericolo turco, nella battaglia di Lepanto (7
Ottobre 1571) fondarono due Confraternite laicali: il Nome di Dio ed il Rosario.
Pur essendo la spiritualità domenicana pienamente espressa
nelle due congreghe, i Padri predicatori, circa un secolo dopo, nel 1670,
fondarono una terza Confraternita, San Domenico in Soriano, intitolata al loro
Patriarca. Contemporaneamente alle vicende della Confraternita, e nello stesso
periodo della sua fondazione, si andò diffondendo sempre più la devozione di
tipo servitano verso la Vergine Addolorata, che ebbe un ulteriore impulso dopo
la costruzione della statua della Vergine - attualmente custodita dalla
Confraternita – avvenuta nella seconda metà del Seicento, a Napoli, ad opera di
autore ignoto.
Nel 1870, l’Arcivescovo di Taranto Mons. Giuseppe Rotondo, il
17 Dicembre, eresse canonicamente la Confraternita dell’Addolorata aggregandola
a quella di San Domenico. Da quella data la Confraternita ebbe la doppia
denominazione e adottò le regole statuarie del 1861. Ancora oggi
l’Amministrazione della Confraternita, pur essendo cambiate alcune norme
statutarie, su disposizione dell’Ordinario diocesano, osserva le antiche
disposizioni. Infatti alla cassa dell’Addolorata, i cui incassi provengono
soprattutto dalla gara della Domenica
delle Palme, sono ascritte tutte le spese riguardanti la
manifestazione di Settembre, definita festa grande, e soprattutto le
manifestazioni organizzate per la celebrazione del Venerdì di Passione e la
processione del Giovedì
Santo.
La Confraternita del Carmine.
La Confraternita di Maria SS. del Carmine fu fondata
ufficialmente il 10 Agosto del 1675 con un decreto dell’allora Arcivescovo di
Taranto Mons. Tommaso F. Sarria O.P. Diversi documenti riportano come data di
fondazione del sodalizio il 1577, anno in cui la comunità dei frati Carmelitani
si trasferì dalla Chiesa della Madonna della Pace sita sulla discesa del Vasto
(abbattuta tra il 1934 e il 1939), alla Chiesa di Santa Maria extra moenia
chiamata Chiesa della Misericordia. Nel 1765 la Confraternita riceve in dono le
statue di Gesù Morto e dell’Addolorata dalla famiglia Calò. L’unica richiesta
della famiglia Calò fu che i discendenti della stessa dovevano partecipare al
corteo religioso reggendo i lacci della bara del Cristo Morto.
La
Confraternita osservò la richiesta e presumibilmente dopo pochi anni aggiunse
altre sei statue che raffigurano i vari momenti della Passione da aggiungere
alla Processione primitiva. Il primo statuto della Confraternita - datato 1777 -
tracciava la linea morale che i confratelli dovevano seguire in perfetta armonia
con gli insegnamenti del Vangelo. Inoltre, riconosceva agli iscritti l’antico
privilegio della dritta, ossia la precedenza su tutti gli iscritti delle altre
Confraternite della città nel visitare i Sepolcri del Giovedì e del Venerdì
Santo. Il 16 marzo del 1875 papa Pio IX concesse ai Confratelli del Carmine che
effettuavano la pia pratica del Pellegrinaggio ai Sepolcri le stesse indulgenze
dei pellegrini che si recavano in visita alle sette Chiese dell’ Alma Roma.
Alquanto suggestiva é la vestizione che i perdune
compiono prima del pellegrinaggio della processione dei Misteri. Una volta
liberatisi delle scarpe e delle calze, indossano un lungo e ampio camice
bianco (sacco); su questo vengono sistemati due grandi scapolari neri
(uno dovrà pendere davanti e l’altro dietro) con le scritte ricamate in azzurro
Decor e Carmeli. Successivamente legano alla cintura un lungo
rosario con ricco medagliere (a destra) e una cinghia di cuoio (che
vuol rappresentare i flagelli con i quali fu percosso Gesù) a sinistra.
Quindi indossano la mozzetta, formata da un solo pezzo
circolare di lana color crema e da ventidue bottoncini neri, il cappuccio,
che copre interamente il viso (vi sono soli due piccoli fori all’altezza degli
occhi) e il cappello nero, orlato con un nastro azzurro.
Il nastro pende da entrambi i lati del cappello e
viene legato alla cintura, dopo essere stato infilato in un’asola della
mozzetta. Il cappello é posto in testa se i perdune devono
partecipare alla processione dei Misteri. Una delle due mani, coperta dalla
lunga manica del camice, regge una mazza (il bordone degli
antichi pellegrini) di colore bianco, munita di un piccolo pomello nero
all’estremità superiore, mentre 1’altra è raccolta all’altezza del petto, dietro
la mozzetta. Le poste camminano ammuskate, nel senso che si
toccano, anzi si spingono con gli omeri, dando così l’impressione di camminare
sottobraccio.
Il passo é lento, lentissimo, quasi impercettibile. E’ il
passo che i tarantini chiamano ‘a nazzecate e che forse, più di ogni
altra cosa, ha contribuito a rendere famosi questi riti.
L’abito dei confratelli dell’Addolorata non è uguale a
quello dei perdune del Carmine. Innanzitutto la loro mozzetta é
nera, ha nove bottoncini bianchi ed é formata da quattro pezzi di stoffa cuciti
insieme; a sinistra, sul petto, é fissato, con dei nastrini bianchi, un
medaglione ovale di metallo, raffigurante il volto del l’Addolorata
e completato dalla scritta perimetrale Mater Dolorosa.
Il camice é identico a quello dei confratelli del
Carmine e così il cappuccio, mentre il cappello (tenuto sempre
dietro le spalle e mai in testa) é nero con orlatura bianca. In testa, i
confratelli dell’Addolorata hanno una corona che simboleggia la
corona di spine di Gesù e alla cintura portano legati il rosario (con
grani di colore
nero e molto più grossi dei rosari del Carmine) e due
strisce di panno nero (come quelle della Vergine) alle cui estremità é
legata una nappa.
La differenza maggiore tra le due confraternite sta nel fatto
che mentre quelli del Carmine procedono a piedi nudi, quelli dell’Addolorata
(ad eccezione dei tre crociferi) portano le scarpe. Su queste, che devono
essere nere, é cucita una coccarda bianca con un bottone nero al centro.
I confratelli dell’Addolorata non reggono la mazza,
ma anche il loro passo è lentissimo, tanto che per percorrere
il breve tratto del pendio S. Domenico l’intera processione
impiega non meno di quattro ore.
19 aprile 2009
(continua) |