Ormai passate  in secondo piano nell’attenzione dei media, le Olimpiadi di Pechino 2008 - l’anno del Topo - prima di archiviarle definitivamente mi piacerebbe tracciare una breve considerazione personale su quanto è emerso.
Doveva essere l’Olimpiade di pace e fratellanza fra i popoli, ma questa attesa è mancata dopo il “marzo tibetano” che ha deluso il BOCOG (Comitato Olimpico di Pechino) specie dal punto di vista degli spettatori.
Doveva essere l’Olimpiade del “tutto esaurito” e invece è stato un flop: ce ne siamo accorti tutti, guardando la TV, di molti spalti vuoti e non solo perché in alcuni casi si trattava di sport poco popolari.
Spettatori-fantasma? No! Il governo cinese, appena iniziò la vendita dei biglietti, fece pressione su molte aziende – in particolare i grandi enti pubblici -  perché acquistassero “pacchi” di biglietti ad alto costo, da distribuire poi a clientela di riguardo proveniente dall’estero. Queste aziende hanno poi fatto fatica a smaltirli in quanto ci si è messo di mezzo quel…birbante…del Dalai Lama a complicare i rapporti internazionali. Meno visti d’ingresso agli stranieri, meno clienti importanti per le aziende cinesi, tanti posti vuoti negli stadi nonostante la chiamata di volontari all’ultimo minuto.
Ma lasciamo stare la politica a chi è competente della materia ed occupiamoci dell’aspetto meramente sportivo e dei nostri atleti azzurri, in particolare dell’Atletica Leggera, in quanto non solo è la regina di tutti gli sport, ma perché chi vi scrive è un patito di tale disciplina che non riesce a “vederne” altre.
Resta sicuramente il clamore di molti record del mondo battutti e sopra di tutti quelli del giamaicano Usain BOLT che, con quel nome da detersivo sbiancante che si ritrova, ferma i numeretti del tabellone elettronico sui 9”69 nei 100 mt. piani e sui 19”30 nei 200 mt.piani……e chissà dove potrà arrivare considerata la “facilità” di corsa, quasi irridente nei confronti degli avversari, con cui li ha realizzati!
La nostra nazionale di atletica leggera si è presentata a Pechino con una cinquantina di atleti, molti erano delle vere comparse in maglia azzurra, una sfilza di non atleti da far paura, senza nessuna prospettiva. Vero è che i giovani devono maturare esperienza, ma a mio modestissimo giudizio le Olimpiadi non possono essere considerate un viaggio-premio per onesti praticanti delle piste di atletica leggera che si sono limitati a vivacchiare, senza neanche migliorasi, “contenti di poterci essere”. Anche se, in verità, i loro Giochi li avevano svolti molto tempo prima di Pechino attraverso estenuanti qualificazioni per ottenere il minimo di partecipazione (IAAF). O ridotti in condizioni indegne a causa di infortuni causati dalla poca avvedutezza del nostro staff tecnico che “insulsamente”, ad esempio, ha permesso di lasciar fare un giovanile colpo di testa ad Andrew Howe  consentendogli di partecipare, pochi mesi prima di Pechino, alla gara dei 200 mt. piani nella Coppa Europa con le conseguenze dell’infortunio subito che tutti conosciamo. Howe, che qualcuno ha definito una perla rara in un negozio di bigioteria, non è stato preservato nel migliore dei modi per l’appuntamento di Pechino ed ha perso un’occasione fantastica.
Che dire di Gibilisco? L’ex campione del mondo di salto con l’asta che ha vissuto per due anni nell’incertezza di un innocente in attesa di giudizio, condannato senza sentenza, salvo poi essere riabilitato completamente ma abbandonato poi a se stesso. Eppure la sua parte l’ha fatta ugualmente: una finale olimpica è già un bel traguardo per un atleta lasciato solo per oltre due anni.
Ed è di questi giorni la notizia di un incontro tra i vertici della FIDAL e lo staff tecnico e societario di Howe. Ebbene, la nostra Federazione ha capitolato ancora una volta dinanzi al diktat di Renè Felton (la mamma di Andrew Howe) che ha “preteso” di continuare ad essere l’allenatrice del figlio che non abbandonerà per la prossima stagione le gare di velocità (100 e 200 metri), privilegiando naturalmente il salto in lungo. E gli errori compiuti in questa stagione maledetta nella programmazione degli allenamenti?
Sapete come se l’è cavata la nostra Federazione? Con un laconico comunicato nel quale “prende atto della volontà espressa dall’atleta e dall’allenatrice”. Punto e basta.
E pensare che il 30 novembre p.v. si svolgerà l’Assemblea Nazionale nel corso della quale verrà, tra l’altro, rieletto il Presidente della Federazione, attualmente Franco Arese, per il prossimo quadriennio olimpico. Cari amici, voi pensate che nonostante il CONI non abbia apprezzato i risultati della nostra nazionale di atletica leggera a Pechino, cadrà la testa di qualcuno? Assolutamente no! Ci sarà la riconferma del Presidente Arese per due motivi fondamentali: Franco Arese è un Presidente…..rappresentativo e non operativo e poi, aspetto più importante, egli è il titolare dell’Azienda (ASICS) che rappresenta uno sponsor tecnico di prim’ordine per tutto lo sport italiano, quindi spende bei soldoni per aiutare il nostro sport, quindi il CONI non ha interesse a decapitare certe..teste!
Andranno a casa in modo molto soft quei consiglieri che, di tanto in tanto, hanno contestato la linea ufficiale della dirigenza, per il resto ci saranno solo degli avvicendamenti in questa o quella poltrona e poi per chi ha sbagliato sarà sempre valido l’aforisma dei nostri padri latini “promoveatur ut amoveatur”.
Dal canto suo, il Presidente Arese nell’editoriale di “Atletica” n.5 sett/ott 2008 ha respinto fermamente (beato lui!)
«…alcune teorie emerse a fine Giochi, secondo cui l’Italia atletica a parte la marcia ha toccato il fondo…»  e subito dopo aggiunge «Tanti risultati non ci hanno dato ragione, perciò la linea tecnica andrà riesaminata, ripensata, corretta. Guai a non saper fare autocritica.» smentendosi poi a distanza di qualche giorno capitolando sul diktat di mamma Howe.
Le medaglie? Certo qualcuna è arrivata con l’oro di Alex Schwazer nella marcia e il bronzo della Elisa Rigaudo sempre nella stessa specialità, atleti senza dubbio talentuosissimi e tenacissimi. Chapeau anche di fronte a qualche altra prestazione, ma si conta sulla punta delle dita. La prospettiva  Libania Grenot, l’italo-cubana primatista italiana dei 400 mt. piani,  Christian Obrist nel mezzofondo veloce, la martellista  Clarissa Claretti e l’altra mezzofondista veloce Elisa Cusma.
Dietro c’è il vuoto assoluto.
Un commento,infine, ritengo sia doveroso spenderlo nei confronti dell’immenso Stefano Baldini, Campione Olimpico ad Atene 2004, due volte Campione Europeo (Budapest 1998 e Goteborg 2006), due volte bronzo mondiale (Edmonton 2001 e Parigi 2003), il miglior maratoneta italiano di tutti i tempi insieme a Gelindo Bordin. Non si poteva pretendere di più dalla sua terza maratona olimpica. Acciacchi e malanni lo hanno perseguitato non permettendogli una preparazione adeguata. Aveva gareggiato ad Aprile a Londra finendo dodicesimo in 2:13’06”, a novembre del 2007 aveva corso a New York in 2:11’58”. Era andato in Cina con qualche test molto positivo e tanta voglia di ben figurare e chiudere in modo brillante la sua carriera.
Così purtroppo non è stato, ma quando a Pechino il nostro Stefano Baldini sta per tagliare il traguardo della sua ultima maglia azzurra, tutti i giornalisti italiani, e non solo loro, presenti sulle tribune sono  balzati in piedi per applaudire il 12° arrivato che, senza sfigurare con il suo tempo di 2:13’25”, vinceva la medaglia più importante della sua carriera: quella dell’orgoglio.

Fernando Mazzotta - novembre 2008