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ottobre 2009: HALLOWEEN!
un raccontino
fra il buffo e il satirico
ritrovato nei meandri del PC di Giacomo
Da piccolo, quando abitavo in una via centralissima della città ed
avevo la camera da letto al primo piano verso la strada, correvo ad aprire
la finestra ogni volta che passava un funerale. I cortei arrivavano dalla
parte dell'ospedale e si dirigevano, attraversando tutto il centro, verso
Barriera Roma ed il cimitero urbano. Un percorso a piedi di un paio di
chilometri se non di più. Il morto era alloggiato su un carro
nero di legno intagliato, decorato con drappi, accessori dorati ed una o più
corone di fiori, trainato da quattro cavalli "vestiti" con mantelli neri e
oro e sulla testa portavano pennacchi svolazzanti e paraocchi per impedir
loro di distrarsi.
Naturalmente, non tutti i cortei erano ricchi e decorati allo stesso modo.
C'erano carri più modesti, trainati da soli due cavalli, spesso ansimanti
perché di età avanzata o afflitti da acciacchi, oppure perché il morto era
di taglia forte. I funerali erano di 1a, 2a o 3a classe a seconda della
capacità o voglia di spesa degli eredi. I funerali di 1° erano sempre
preceduti, estate e inverno, da un battaglione di orfanelli vestiti di nero
con basco e mantello, guidati, come un gregge, da tre o quattro suore
volonterose che li tenevano in riga per quattro e controllavano che i
piccoli recitassero con convinzione ed a voce alta i loro "requiem",
cercando in tutti i modi di meritarsi l'immancabile generosa offerta. Gli
orfanelli erano vestiti allo stesso modo con qualsiasi tempo o temperatura
ed avevano un'aria talmente triste e compunta che dimostrava il buon lavoro
svolto dalle suore. Uno o più preti, con contorno di chierichetti, precedeva
il carro, poi marciavano i parenti dalla faccia compunta, una o più vedove
inconsolabili (non capivo questo aspetto, ma mio padre me lo spiegò: una
sola era quella ufficiale) e poi gli estranei che chiacchieravano fra loro
del più e del meno. Il numero di questi ultimi variava anch'esso a seconda
della classe del funerale.
Avevo un interesse ed una curiosità quasi morbosi per questi cortei che
erano quasi quotidiani e non raramente ce n'era più d'uno al giorno, alle 9,
alle 10 e alle 11 del mattino, perché l'ospedale della mia città serviva a
far guarire la gente ma purtroppo le cose di tanto in tanto finivano male.
Io ammiravo in particolare un signore vestito di nero con camicia bianca che
dirigeva il corteo, camminando su e giù, facendo star zitte le donne,
sospingendo nella colonna chi tendeva a disperdersi sui lati o tentava di
guadagnare qualche viuzza laterale e fingeva di non accorgersene quando i
cavalli lasciavano sulla strada i loro depositi verdognoli, regolarmente
calpestati da una delle vedove.
Una volta avevo visto al cinema un funerale siciliano e speravo che prima o
poi qualche scena simile avvenisse nella mia strada. Macchè. Qualche breve
pianto pudico e sommesso, in qualche caso imparato la sera prima davanti
allo specchio, ma niente urla belluine, grida disperate come se nei dintorni
si fosse aggirato Jack lo Squartatore, niente svenimenti e strisciate da
serpenti sul pubblico selciato o sul coperchio della cassa da morto, niente
"piagnone" a pagamento noleggiate dall'imprenditore.
Quest'ultimo era un vero professionista e di solito, nel suo severo e mesto
ufficio, esponeva i diplomi di appartenenza alle associazioni ed alle
confraternite di categoria, come l'UDOF (Unione Democratica Operatori
Funerari), l'ABAC (Associazione Becchini di Azione Cattolica), la Co.Se.Tra
(Confraternita del Sereno Trapasso), nonché medaglie di riconoscimento
dell'Unione Tombe Polifunzionali e della Scuola Superiore d'Inumazione
Indolore.
Appoggiato alla finestra della mia camera pensavo che un giorno anch'io
avrei potuto frequentare quella scuola e diplomarmi come quel signore
distinto vestito di nero, avrei imparato le espressioni compunte e dolorose,
le strette di mano affrante alle vedove inconsolabili ed avrei ottenuto
rispetto e prestigio nella società.
Da grande ho cambiato indirizzo di studi e di carriera, ma mi è rimasta la
nostalgia per quello che avrei potuto fare in più nella vita, soprattutto
una carriera più brillante nell'ambiente mortuario. Sapevo di averne le
capacità.
In anni recenti ho conosciuto uno di questi signori sulla spiaggia di
Ospedaletti. Alto e corpulento, parcheggiava vicino al mare una lussuosa BMW
ultraaccessoriata e parlava volentieri con tutti del suo lavoro, della sua
azienda, dei vari tipi di feretro, di tombe, cappelle, forni, di cremazioni
e sfoderava i cataloghi ed i listini, cercando di convincere gli astanti a
prenotare presso di lui la dipartita. Un anno tardò ad arrivare e quando si
affacciò alla spiaggia tutti lo trovarono più taciturno del solito, sempre
di umore nero, pessimista su tutto. Finalmente sbottò. Era stato un anno di
crisi, l'influenza asiatica era stata più mite del solito e non c'era stata
in giro neppure un'epidemia. I vecchi morivano meno o morivano più tardi. Un
vero disastro e il governo di sinistra non faceva nulla per far uscire le
aziende dalla stagnazione. Ci voleva qualche incentivo, come era stato fatto
per le automobili non catalizzate. Una specie di rottamazione nelle case di
riposo, così costose per la società. In America, diceva, almeno c'erano più
morti violente, più armi in giro e le aziende che riuscivano ad ottenere
l'appalto delle esecuzioni nelle varie prigioni prosperavano Tutto si
facevano pagare profumatamente, la corrente elettrica, la sedia, il boia
diplomato, l'assistente spirituale di qualsiasi religione, i pasticcini e le
tartine per il party d'addio, le necrologie sui giornali. Tutto, ad
eccezione degli avvocati, ritenuti giustamente dei nemici della categoria,
come i medici in Italia. La categoria dei farmacisti, invece, come pure le
case farmaceutiche, erano potenziali alleati.
In Nordamerica tanto sono semplici i cimiteri, veri e propri giardini
fioriti e piantumati dove la gente si ritrova per fare jogging o un picnic,
quanto sono più cerimoniosi e socialmente importanti i funerali. Dato che
non è ammesso tenere in casa i trapassati, se non per poche ore, esistono
case di proprietà delle imprese chiamate "funeral homes", dove si svolgono
tutte le operazioni cosmetiche e dermatologiche e le cerimonie prepatorie
dei funerali. I compianti sono abbelliti, imbellettati, profumati, rivestiti
con gli abiti da cerimonia o da mezza sera. La famiglia, successivamente,
offre un cocktail, vera mania degli anglosassoni, a casa sua o nella stessa
"funeral home", con bibite, liquori, tartine al patè o al formaggio. Una
volta, a casa di una signora rimasta vedova da poche ore ma ormai consolata,
mi ritrovai con uomini d'affari che a quel tempo mi corteggiavano e mi
adulavano perché speravano in finanziamenti destinati a nuove proficue
intraprese, come l'importazione di sedie o di gelati (attraverso la rotta
del polo) o la confezione di prosciutti e mortadelle. La vedova consolata ad
un certo punto si avvicinò a mia moglie e le disse, con le lacrime agli
occhi: "Vedrai Teresa, che bello sarà, quando capiterà a te, essere
circondati da tanti amici". Mi accorsi che la mia mano destra era scivolata
involontariamente dietro la schiena e il dito indice ed il mignolo si erano
allungati in un segno inequivocabilmente napoletano.
Da grande ho capito peraltro che anche in quella categoria ci sono persone
interessate, come nei banchieri e nei militari, e che non c'è solo buon
cuore, etica ed altruismo.
Giacomo Morandi