Prof.ssa Angelina Mautone
Pediatra, già Docente di Neonatologia Università di Bari
Direttore della U.O. Neonatologia e T.I.N. dell'Ospedale Consorziale Policlinico di Bari
Casella di testo: settembre 2009

Il rapporto verbale tra la mamma e il bambino si instaura sin dalla vita intrauterina.

La ricerca scientifica ha dimostrato che parlare, raccontare ai bambini fin da quando sono nel grembo materno, concorre al loro sviluppo psichico in modo veramente significativo.

L'età pediatrica, altrimenti detta "età evolutiva", ha una caratteristica peculiare non determinata da un limite temporale, bensì dalla conoscenza che la maggior parte della funzione e della configurazione anatomica degli organi è in continua evoluzione.

Questa considerazione vale ancora di più per l'organo sede delle attività psichiche: il cervello, struttura costituita da un numero straordinario di cellule nervose collegate fra loro, il cui rimodellamento è in gran parte condizionato dal funzionamento. La plasticità cerebrale è una proprietà che dura tutta la vita, tuttavia essa si modella soprattutto nel primo anno per perfezionarsi negli anni successivi (fino a 20 anni) e declina progressivamente con l'avanzare dell'età.

Un'altra funzione peculiare degli esseri umani controllata a livello cerebrale è il linguaggio, nonché l'acquisizione della memoria.

Vi sono evidenze che raccontare e leggere ad alta voce già durante la gravidanza rappresenta un evento che crea un rapporto interper­sonale tra madre e nascituro prima e bambino nel primo anno di vita, con cui si trasferiscono elementi di esperienza cognitiva del mondo esterno filtrati dalla voce "amica" della mamma o di chi si occupa del bambino.

La valutazione strumentale con
l'ecografia dei movimenti fetali ha infatti confermato la percezione del messaggio materno nel corso della lettura ad alta voce con una risposta di variazione dei movimenti e degli atteggiamenti assunti dal feto fino a giungere a modifiche del battito cardiaco come risposta "emozionale".

LIBRI E TV
A questo proposito è bene chiarire come differente sia la memorizzazione delle esperienze trasmesse dalla voce che legge o racconta al bambino in modo diretto e personalizzato, rispetto alla esperienza mutuabile dalla televisione.
Senza voler demonizzare
la televisione, questa non va mai vista come strumento sostitutivo di presenze comunicanti e, meno che mai, come sostitutivo dei genitori. In realtà la televisione, pur offrendo stimoli alla fantasia e alle conoscenze del bambino, manca della reale interazione fra quanto propone e chi la guarda.
L'enorme quantità di immagini e suoni, nonché la frammentarietà e la velocità con cui vengono proposti, non favoriscono l'espansione creativa della memoria dei piccoli spettatori.

Il modello stereotipato che viene proposto in programmi solitamente indifferenziati ed utilizzabili in qualsiasi tempo e per qualsiasi pubblico, finisce con annullare l'individualità della persona.

IL COMPITO DEI PEDIATRI
L'opera di sensibilizzazione delle famiglie
sull'opportunità di introdurre nella vita quotidiana del bambino, anche molto piccolo, la pratica della lettura ad alta voce nella migliore maniera possibile
ha coinvolto negli ultimi anni i pediatri che, in effetti, sono gli specialisti del controllo della "crescita" del bambino ed hanno stretti contatti con i genitori durante i primi anni di vita del bambino stesso.
I pediatri sono una maglia importante nella rete degli operatori da coinvolgere
assieme alle educatrici degli Asili Nido e alle insegnanti delle Scuole Materne ed Elementari nonché agli operatori che gestiscono la risorsa derivante dalla lettura e cioè le Biblioteche dedicate ai bambini. Da non trascurare il ruolo dei nonni nel piacevole compito della lettura.

DOVE e QUANDO
Gli elementi da considerare più utili perché l'opportunità della lettura si traduca in un beneficio per il bambino sono la durata, l'attenzione e la disponibilità del bambino stesso, ed infine
gli spazi. Questi devono essere angoli tranquilli, senza elementi distraenti, sia in casa che nelle biblioteche, dove sia possibile allestire uno spazio dedicato alla lettura, esclusivo per i bambini, con seggiolini e cuscini e strutturato in modo che questi possano disporre dei libri con facilità ed ampia libertà.
Un luogo comune da superare, infine, è quello secondo il quale i momenti migliori da dedicare al raccontare e leggere ad alta voce sono quelli che precedono il sonno, quando i bambini hanno più bisogno di rassicurazioni e coccole.
Raccontare e leggere non deve essere considerato "un sonnifero": un po' alla volta il magico momento della lettura deve diventare un momento consueto nella giornata del bambino.

MODI PER LEGGERE
Non vi sono modi "giusti o sbagliati" per raccontare e leggere;
importante è saper interessare, divertire, stimolare la fantasia del bambino. La madre, o chi per lei, dovrà raccontare e leggere con naturalezza, parlare come lei fa normalmente usando precisione e chiarezza nel pronunciare le parole, fare uso di pause e di adattamenti del racconto e della lettura alle esigenze del bambino, usufruendo anche di illustrazioni collegate alla parola.
Non bisogna dimenticare che
il mantenimento dell'attenzione del bambino non può essere dilatato oltre misura e che non occorre far seguire al racconto o alla lettura domande che servirebbero a verificare quanto ha imparato.
Un ultimo accorgimento è quello di non modificare il racconto poiché
il bambino piccolo è un " conservatore ": ama risentire più volte la stessa storia e non gradisce i cambiamenti.
 

"I nove modi per insegnare ai ragazzi a "odiare" la lettura"

*   Presentare il libro come una alternativa alla TV.

*   Presentare il libro come una alternativa al fumetto.
*   Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più.

*   Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni.

*   Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura.

*   Trasformare il libro in uno strumento di tortura.
*
   Rifiutarsi di leggere al bambino.

*   Non offrire una scelta sufficiente.

*   Ordinare di leggere.

GIANNI RODARI


Da "Nuova Realtà" - marzo 2010

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