La figura femminile nei
periodici satirici e umoristici lombardi
durante il fascismo
La documentazione iconografica che viene presentata è
la sintesi di una ricerca che prosegue uno
studio svolto nel 1999 sulla figura
femminile attraverso i periodici
satirico-umoristici editi dall'unità
d'Italia alla prima guerra mondiale.
Questa seconda indagine è stata effettuata
esaminando circa 20 periodici in prevalenza
milanesi e lombardi, tra cui i più
rappresentativi «Guerin Meschino»,
«L'Asino», «Bertoldo», «Ecco Settebello»;
inoltre il «420» di Firenze; ed «il Travaso
delle idee», «Il Becco giallo»,
«Marc'Aurelio» editi a Roma, ricostruendo
così un iter panoramico della satira che tra
gli anni Venti e la seconda guerra mondiale
ebbe come oggetto la figura femminile.
Dallo spoglio delle riviste, tra cui anche
testate minori come «Barbapedana», «Lo
Specchio», «Il Corriere della Serva», sono
state selezionate circa 80 vignette, molte
di queste firmate Boccasile, Angiolini,
Manca, Attalo, Buriko, Galantara. Accanto a
questa rassegna che testimonia i canoni
classici dell'umorismo, è stata esaminata
anche la rivista di Mino Maccari, «Il
Selvaggio», voce importante dell'editoria
culturale che, attraverso la satira
politica, descrive la sua epoca con
raffinata arguzia.
La ricerca pone in evidenza come dallo
spirito bonario e ammiccante di fine
Ottocento si passa ad un'ironia sempre più
acre nel Novecento, soprattutto in quei
primi anni che furono fondamentali per
l'emancipazione femminile. A partire dal
secondo Ottocento emerge la caricatura della
donna virtuosa voluta dalla cultura di
quegli anni che sembra
Minorare
la portata innovativa
della rivoluzione industriale: uno scenario apparentemente incantato che viene infranto
poi nei primissimi anni del Novecento dalle
spinte rivendicative delle suffragiste e
dalla consapevolezza che deriva alle donne
dal ruolo da esse svolto durante la prima
guerra mondiale.
Si delinea la "donna nuova" intraprendente,
vitale, dileggiata allo stesso modo in cui
la satira del primo Novecento irride
"l'emancipata". Dall'iconografia traspare un
implicito messaggio morale che propone il
modello subalterno voluto dal regime
(massaia e fattrice) ma, nello stesso tempo,
emerge la resistenza della donna ad aderire
all'immagine femminile funzionale
all'ideologia fascista. La cultura
commerciale che pervade gli organi di
stampa, la radio, il cinema, fa breccia sul
costume delle italiane, soprattutto delle
cittadine, determinandone gli stili di vita.
La donna che sorride dalle pagine di «Ecco
Settebello», «Bertoldo», «Marc'Aurelio»
appare smaliziata, moderna, velatamente
opportunista; la sua identità sociale non è
definita unicamente dal nucleo familiare che
la circonda, ma dal tipo di lavoro che
svolge.
Un sentito ringraziamento va a coloro che
hanno contribuito alla realizzazione di
questo volume: in particolare
all'associazione «Il Salotto Verde» e a
Paolo Ricca il quale, nel proseguire la sua
attività culturale, ha voluto soffermarsi su
questa peculiare documentazione storica,
esprimendo ancora una volta, con la
generosità che lo distingue, una rara
sensibilità per il recupero della memoria
passata.
Le curatrici (Rossella Coarelli e Anna Maria
Imperioso)