..........Dalla piazza molte persone cominciarono ad andar via. Però, a trattenere la gente, altri tamburi cominciarono a rullare festosamente annunciando l’arrivo dei Giganti, quegli enormi pupazzi di cartapesta, alti quasi tre metri: il Gigante moro e la Gigantessa bianca, personaggi mitici di un’antica leggenda popolare (*), simboli di un grande amore.
Nascosti sotto le lunghe vesti di seta e raso indossate dai due enormi fantocci, due uomini li sostenevano, se ne intravedeva appena il luccichio degli occhi attraverso due buchi nelle leggere vesti all’altezza della pancia di ogni Gigante e, malgrado reggessero un peso così considerevole, riuscivano a farli agilmente danzare nel ballo del corteggiamento al ritmo dei tamburi.
Grifone avanzava imponente col suo elmo e i grossi baffi neri, Mata, appariscente nelle forme, fianchi e seno prorompenti, sembrava volersi fare ammirare con le sue guance colorate di rosso sui pomelli e le collane variopinte e i voluminosi orecchini. Con quei testoni rigidi, gli occhi fissi senz’ anima, avanzavano perciò seguendo il ritmo, con giravolte e piroette e mezzi inchini, in un frenetico antico ballo rituale carico di simbolismi. Ad ogni giro le lunghe leggere braccia di pezza senza vita si allargavano come ali per ricadere subito sbattendo mosce lungo i fianchi, mentre le gonne setose di sgargianti colori, svolazzando, accarezzavano le teste dei bambini timorosi e imbambolati là a guardare con il mento alzato e un dito in bocca. La forte emozione collettiva esorcizzava l’infantile paura innata.
“Scinditi, scinditi! Arrivaru i Giganti!” gridavano i suonatori di tamburo e tutti, anche quelli affacciati alle finestre o ai balconi vestiti ancora a festa, battevano a tempo le mani e gettavano monetine.
Infine si fece buio. Le strade cominciarono a svuotarsi lentamente. Prima l’una poi l’altra cominciarono a spegnersi le luci delle bancarelle. I tamburi si zittirono e sparirono i Giganti. Suoni smorzati adesso, bisbigli qua e là.
Nel silenzio quasi improvviso solo il pianto di un bimbo si percepiva laggiù, in fondo alla piazza quasi vuota: sgomento il piccolo, trattenuto per mano dalla mamma, con gli occhi lacrimosi rivolti verso l’alto, seguiva alla luce di un lampione, il desiderato palloncino sfuggitogli di mano che saliva, saliva sempre più in alto, fino a superare la luce della lampada, sempre più su, verso il mistero della notte.

Mariella Di Pasquale
 

 

La leggenda popolare (*)

A Messina viveva Marta (in dialetto Matta o Mata) una bellissima ragazza virtuosa e fervente cristiana. Pare che verso il 910 d.C. un moro di nome Ibn-Hammar sbarcò a Messina e con i suoi compagni depredò la città. Poi vide la bella Mata, se ne innamorò e le chiese di sposarlo. Ma la bella rifiutò. Il moro allora divenne più crudele. E Mata resisteva dedicandosi alla preghiera finché il moro si convertì e cambiò il suo nome in Grifo che per l’imponente statura dell’uomo divenne Grifone. Egli diventò un vero cristiano e alla fine Mata se ne innamorò. Grifone, il Gigante moro, celebra sempre ancora oggi il suo grande amore per Mata, la gigantessa bianca, con un leggendario ballo, anche questo di corteggiamento, insieme alla sua amata. In altri racconti popolari Grifone è un turco e Mata è calabrese.
Mastru Miciu, gigantaru di San Leo, piccola frazione di Briatico, racconta invece una storia diversa. Secondo Miciu il gigante Grifone (un re moro di origine greca) era un cannibale che spadroneggiava per Messina e mangiava almeno un vitello al giorno. Quando gli abitanti di Messina non riuscivano a procurargli il vitello allora gli dovevano dare da mangiare un esser umano che veniva sorteggiato a caso. Un giorno venne sorteggiato il figlio del pecoraio che però si ribellò a questa prassi e con un sasso riuscì a uccidere il gigante. A questo punto la gigantessa, di nome Marta, si suicidò (da : “Armoni” Centro studi umanistici e scientifici).
A testimonianza di un’antica e comune matrice culturale, i Giganti si ritrovano anche nella cultura popolare di altre nazioni: oltre che in Italia e Grecia anche in Spagna e ancora in Belgio e a Malta. Forse i greci o forse la dominazione spagnola o le incursioni saracene portarono quest’uso nella nostra regione.
“Secondo una storia popolare re Murat nell’ottobre del 1815 sarebbe dovuto sbarcare a Briatico dove però quel giorno era festa e le grida che provenivano dal paese e i tam tam della grancassa ma soprattutto la vista dei Giganti… spaventarono i francesi che decisero di sbarcare a Pizzo. I Giganti, in quel momento stavano cambiando la storia… (da: Armoni Centro Studi umanistici e scientifici).
Esemplari dei Giganti, vere e proprie opere d’arte popolare, troviamo in Calabria a Taurianova, a Pilstena, Palmi, Bellantoni di Laureana di Borrello, a San Leo, Mesiano, Briatico, Ionadi, Sciconi, Papaglionti di Zungri, Dasà.