ARTE E
CULTURA
Da CONFRONTI E INTESE n. 225 - febbraio 2007
GIACINTO GIGANTE
Una nota biografica
di Fernanda Capobianco
Giacinto Francesco Paolo
Gigante nasce a Napoli l'11 luglio 1806 da Gaetano ed
Annamaria Fatati, in una casa alla salita di
Sant'Antonio a Posillipo. Le prime nozioni sulla pittura
gli vengono impartite proprio dal padre, un artista
della veccbia 'generazione', allievo di Giacinto Diano,
bravo affreschista, ma ancora fortemente legato ad una
tradizione tardo settecentesca.
Intorno al 1818 Gigante inizia a dipingere, cimentandosi
nei primi paesaggi e ricalcando studi di figura e
ritratti, così come ci conferma una scritta a matita in
calce al dipinto ad olio, già in collezione Talamo,
raffigurante un Vecchio pescatore seduto: "questo
marinaio fu la prima figura che io feci dal vivo nel
1818. G. Gigante".
Nel 1820, per pochi mesi, assieme al pittore Achille
Vianelli inizia a frequentare privatamente lo studio di
Jacob Wilbelm Huber, paesaggista tedesco di stampo
accademico, a Napoli già dal 1818 fino al 1821, il quale
gli fornisce i primi strumenti tecnici del disegno di
paesaggio eseguito con la cosiddetta «camera ottica» o
«camera lucida». Questa era una sorta di 'cassetta' di
invenzione anglosassone che agevolava il lavoro dei
disegnatori e dei
cartografi e che produceva una composizione
caratterizzata da una linea di contorno rigida e secca,
in quanto il perimetro del paesaggio veniva tracciato su
di un lucido e, dopo, ricalcato su di un foglio
ripassato a penna. Questa tecnica sarà peculiare delle
prime opere dell'artista napoletano conservate, in gran
numero, presso le collezioni Ferrara Dentice ed Astarita
dei musei napoletani di San Martino e Capodimonte.
É probabile che l'artista desumesse dal tedesco anche
qualche ragguaglio sull'uso dell'acquerello e
dell'acquatinta. In calce ad un disegno conservato
presso il Museo di San Martino é scritto: «lì primo
disegno che copiai dai primo mio maestro Huber nei 1820.
Unito con Vianelli, la mattina andava in Ufficio
Topografico giacché mio padre mi procure, quella
situazione ed uscendo alle 2 pom. andava da Huber che
stava al Palazzo della Grecia poco discosto
dall'ufficio».
II pittore infatti frequenta, da quello stesso anno,
ancbe il «Real Officio Topografico» voluto nel 1814 da
Gioacchino Murat diretto, in quel periodo, da Ferdinando
Visconti, imparando ben presto la tecnica dell'incisione
ad acquaforte e della litografia, così come si deduce da
un disegno raffigurante Napoli da sopra la grotta di
Posillipo, datato 1820, conservato in collezione
Astarita, che reca la scritta: «da me inciso
all'acquaforte e per ciò propagato».
Qui, con ogni probabilità, sia lui che il Vianelli sono
coinvolti, sia pure a livello puramente esecutivo, nel
grande progetto della Carta topografica ed idrografica
di Napoli e dei suoi contorni e Gigante ha modo di
approfondire la nuova tecnica della litografia che, in
modo sperimentale, era stata introdotta nella attività
dell'Officio dal 1818.
In questi anni, e precisamente tra il 1822 e il 1823,
numerosi suoi disegni a «fil di ferro» di paesaggi
napoletani quali Capri, l'Arco natura le (1823), Marina
di Capri (1824), il castello di Baia (1822), ma
anche vedute di Ischia, Miseno ed altre località del
Regno, possono essere legati proprio al lavoro presso
l'Officio Topografico.
Nel 1821, dopo la partenza di Huber, sempre assieme al
Vianelli, passa allo studio dell'artista olandese Anton
Sminck van Pitloo a Vico Vasto a Chiaia, pittore che da
ora in avanti diverrà il suo più importante riferimento
artistico.
Dopo una già prospera produzione di disegni, quasi tutti
a penna, nel 1824 esegue il suo primo dipinto ad olio su
cartone oggi conosciuto, raffigurante il Lago d'Averno
(Museo di San Martino), cke rispecchia i modi e lo stile
dei bozzetti del suo maestro olandese, caratterizzato da
una pennellata densa e pastosa, dove, tuttavia, è
evidente anche la conoscenza della tradizione pittorica
del Seicento napoletano, nonché quella dei paesaggisti
inglesi e francesi presenti a Napoli in quegli anni. Di
questo stesso periodo sono anche altri olii: Acqua di
forra (Museo di Capodimonte, collezione Astarita), Il
tempio di Nettuno a Paestum (Museo di Capodimonte,
collezione Astarita). Napoli dalla Riviera di Chiaia
(Museo di San Martino, dono Minervini).
Due anni dopo si reca a Roma dove era, forse, già stato
e dove certamente torna e per un breve periodo lavora
presso l'artista tedesco Jokann Jacok Wolfenkerger
«fabbricante di vedute lavorate ad acquerello».
Sempre nell'ottobre del 1826 Gigante espone quattro suoi
lavori alla prima «Mostra delle opere di Belle Arti» nel
palazzo del Real Museo Borbonico, tra cui Veduta
dell'interno di un edificio con sant'Onofrio, Veduta del
Colosseo, Veduta dell'Anfiteatro di Pozzuoli ed una
Veduta della marina di Sorrento, oggi tutti scomparsi.
Alcune fonti biografiche affermano che Gigante è
iscritto al Real Istituto di Belle Arti e che era stato
premiato nel 1824 al concorso della seconda classe di
paesaggio «con voti 8 e ducati 6». e che nel 1827 egli
si iscrivesse all'Istituto per ottenere l'esenzione dal
servizio militare. Nello stesso anno concorre al primo
premio di pittura con Una casa rurale con cespugli e
boscaglie, vincendolo. In questo periodo stringe
amicizia con il pittore olandese Peter van Hauseleare
che esegue per l'amico il ritratto di suo padre Gaetano
ed a cui Gigante dona l'opera risultata vincitrice nel
1827.
II 1829 è l'anno in cui l'artista riceve l'incarico di
collaborare al Viaggio Pittorico nel Regno delle due
Sicilie, imponente opera di tre volumi con testi di
Raffaele Liberatore edito dai napoletani D. Cuciniello e
L. Bianchi.
A lui, cosi come ad altri artisti quali Achille Vianelli,
Raffaele Carelli e Salvatore Fergola, è dato l'incarico
di eseguire i disegni delle varie località del Regno,
litografati poi da R. Muller, F. Horner, E. Wenzel ed
altri. Gigante partecipa al primo volume, che esce tra
il 1829 ed il 1830, con due litografie originali
raffiguranti il Lago di Lucrino e Avanzi del tempio di
Venere a Baia, oltre a diverse vedute di Pompei.
Partecipa poi al secondo tomo (1831-32) con ben ventitré
vedute che fornisce a F. Wenzel, a G. Forino e a G. Dura
e, per il terzo volume, pubblicato nel 1832, disegna
alcuni soggetti per Marinoni.
In quest'anno inizia ancke ad eseguire cento disegni,
litografati poi da Francesco Wenzel, per l'opera a
puntate Esquisses Pittoresques et Descriptives de la
ville et des environs de Naples con testo di Elisa
Liberatore, molti dei quali raffiguranti gli scavi di
Pompei.
Il 1° febbraio del 1831 sposa Eloisa Vianelli dalla
quale ebbe otto figlie che si imparentano con le
famiglie di altri pittori della Scuola di Posillipo.
Negli anni 1835-37 l'artista è in continuo contatto con
esponenti dell' aristocrazia, in special modo con quella
russa, da lui conosciuti già dagli anni 20, forse
tramite il pittore Sylvestre Scedrin, in Italia dal 1919
ed a Napoli dal 1825 al 1830, anno della sua morte
avvenuta a Sorrento. Questi aristocratici,
frequentemente di passaggio nella città, sono fonte
inesauribile di committenze per Gigante come denotano,
non solo le numerose opere conservate nei musei russi
quali un Paesaggio (1839), Sorrento (1842), Panorama di
Napoli (1845), Golfo di Napoli (1849) tutti all'Hermitage
di San Pietroburgo, ma anche i tanti disegni ed
acquerelli custoditi nei musei napoletani raffiguranti
vedute e ritratti che recano spesso o la dedica al
committente o il nome del personaggio straniero
ritratto: La Villa di Chita con Pizzofalcone e il
Vesuvio dal Palazzo Esterhazi eseguito «mentre il Conte
vi dimorava» (Museo di Capodimonte, collezione Astarita,
II ritratto della principessa Dolgorughi e del principe
Demetrio del 1843. Il ritratto del principe Michele
Htgetruby o di M.F. Oustikoff, o La scaletta del priore
a San Martino del 1847 eseguito anche "per la Russia",
tutti conservati nella collezione Ferrara Dentice al
Museo di San Martino. Si sa inoltre che, per lo zar
Nicola I, Gigante aveva realizzato anche due grandi
quadri raffiguranti La veduta di Napoli da Vìlla Graven
e La tomba di Virgilio come ci conferma il suo biografo
Gonzalvo Carelli.
Dopo la morte di Pitloo, avvenuta nel 1837, Gigante,
divenuto ormai leader indiscusso della cosiddetta Scuola
di Posillipo, si trasferisce a vico Vasto a Chiaia al
numero civico 15, proprio nella casa del suo maestro e
nel 1844 con i proventi dei numerosi lavori eseguiti per
una ormai vastissima committenza acquista un villa sulle
pendici del Vomero, Villa Salute, dove riunisce la sua
numerosissima famiglia.
Sempre con gli aristocratici russi l'artista ritorna a
Roma e si reca nel 1846 in Sicilia. Dice il Carelli:
«... in questo tempo egli fè conoscenza con diverse
famiglie russe con le quali fece diverse gite in Roma
... venuto l'Imperatore di Russia in Napoli, egli
amicissimo del conte Potosky, fu inviato a seguire
l'imperatrice a Palermo ove fece per la pregiata maestà
un album delle cose più stupende della Sicilia». Esegue
in questa occasione, infatti, un «Album di Sicilia» ed
un dipinto ad olio raffigurante // teatro di Taormina
già collezione Polisiero).
A seguito delle insurrezioni antiborboniche, nel 1845,
Gigante si reca a Sorrento dove resta per qualche tempo
dedicandosi, come da sempre, alla pittura del paesaggio,
ma con una visione ormai pienamente romantica e
ripiegando più volte in raffigurazioni di boschi e di
alberi. Nelle opere di questo periodo appare attenuarsi
l'attenzione del pittore per d dato documentario, mentre
si accentua il dato visionario fatto di luce ed
atmosfera. Sono di questo momento acquerelli quali: Casa
ad Amalfi (Museo di Capodimonte, donazione Selmo
Torelli), Casarlano (Museo di Capodimonte, collezione
Astarita), Q uerce a Sorrento fMuseo di San Martino,
collezione Ferrara Dentice).
Intanto negli anni '50, entra in contatto con la corte
borbonica ed esegue alcuni disegni con vedute di Gaeta
da inviare a Vienna all'arciduchessa d'A stria Maria
Teresa. In questo periodo, comincia ad insegnare pittura
alle principessine e viene nominato cavaliere del Real
Ordine di Francesco I.
Comincia quindi a viaggiare al loro seguito, dimorando
nelle varie residenze reali: Gaeta, Caserta, Ischia.
Sono di questi anni acquerelli quali la Villa Reale
d'Ischia (Museo di San Martino collezione Ferrara
Dentice), Il Casino di caccia nel parco di Caserta e il
Real parco di Quisisana entrambi, questi ultimi due,
conservati nella collezione Astarita a Capodimonte, ma
anche La Marinella (Museo di Capodimonte, collezione San
Paolo Banco di Napoli) e Napoli dalla via Posillipo
(Museo di Capodimonte, collezione Morisani), opere in
cui è evidente il suo tentativo di superare la veduta di
impianto tradizio¬nale tardo settecentesco, divenendo
ormai pittore pienamente romantico.
Nel 1852 riceve la nomina di professore onorario al «Real
Istituto di Belle Arti» e socio corrispondente nazionale
della «Real Accademia».
Tra il 1855 ed il 1862 sono datati gli splendidi
acquerelli e studi a seppia che riprendono in lungo e in
largo Pompei, località da lui visitata e studiata anche
in anni giovanili: La Via dei Sepolcri è uno dei
soggetti che ritorna più volte in questi anni; sempre di
questo periodo sono le 'visioni' più liriche e rarefatte
dell'ultimo Gigante: Campagna a Caserta, La Gaiola,
Chiesetta di campagna, Lo stagno, tutte nella collezione
Ferrara Dentice nel Museo di San Martino o Grotta con
bagnanti (Museo di Capodimonte, collezione San Paolo
Banco di Napoli), in cui il dato grafico scompare del
tutto per dar vita a visioni realizzate in termini di
masse di luce e colore.
Nel 1860 con d crollo del Regno borbonico, Gigante
ripiega in raffigurazioni per lo più di interni e di
figure, anche a causa di un nuovo tipo di committenza
non più aristocratica bensì medio borghese. Nascono le
famose composizioni degli interni delle chiese
napoletane di San Giovanni a Carbonaia, Santa Maria
Donnaregina, San Lorenzo, San Domenico arricchite di
figurine, nonché lo splendido foglio con la Cappella ai
San Gennaro del Duomo di Napoli, commissionatogli da
Vittorio Emanuele II e presente, nel 1867,
all'Esposizione Nazionale di Parigi.
In questa occasione Gigante si reca di persona nella
capitale francese, dove espone anche il foglio
raffigurante La tomba di Sergianni Caracciolo in San
Giovanni a Carbonara, tornandovi di nuovo due anni più
tardi. Un apparente avvicinamento alla pittura narrativa
romantica parrebbe ravvisarsi nel bozzetto con L'entrata
di Garibaldi a Napoli (Museo dì San Martino, dono Banca
Commerciale Italiana) eseguito nel 1860 per un dipinto
ad olio mai realizzato, dove tuttavia, ancora una volta,
il dato storico e reale viene trasformato in una visione
fatta di colore e di luce.
Durante gli ultimi anni della vecchiaia si 'rinchiude'
nella sua Villa alla Salute e si dedica al riordino dei
suoi numerosi disegni e delle opere di altri artisti da
lui acquisite in varie circostanze, appuntando In
margine ai fogli ricordi ed annotazioni per noi oggi di
grande utilità.
Muore il 29 novembre 1876. |