Siamo lieti di presentare uno scritto di Cesare Fasolato (pensionato Comit di Genova) che descrive Finale Ligure negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Per la verità l'articolo è già comparso sull'ultimo Noicomit,  periodico cartaceo dell'Anpecomit, e dobbiamo a Cesare la gradita autorizzazione a pubblicarlo sul nostro sito.
Da parte nostra concordiamo in toto con il collega: l'epoca a cui si riferisce Cesare precede la grande "cementificazione" degli anni '60, quando la Liguria era caratterizzata da un turismo d'elite e da un mare che nulla aveva da invidiare a quello della Sardegna.
Ci siamo permessi di aggiungere una serie di vedute anteguerra di Finale, che ben rendono l'idea espressa dal collega (si tratta per la maggior parte di vecchie cartoline in bianco e nero o seppia).
Piazza Scala - febbraio 2010

 

 

Finale mia, sono parecchi anni che vengo da te, lo sai bene,parecchi anni che mi avvicino al tuo cuore. Bambino,mi innamorai subito dei tuoi vicoli saraceni odorosi di salmastro nel grande soffio dello scirocco, della tua candita spiaggia tra i promontori della Caprazoppa e Capo del Castelletto. Ricordo il chioccolio di una fontana che ciarlava a tutte le ore vicino alla casa dei nonni, subito dopo l’archivolto: ascoltavo quel chiacchierio arguto e, di anno in anno, di estate in estate, rispondevo a quella voce con pensieri diversi: dapprima semplici , poi più elaborati ed infine fantastici….
Ed ho ancora negli occhi i riflessi che le rare automobili e perfino le biciclette, sotto il sole del primo meriggio, proiettavano a gibigiana sull’alto soffitto a volta della mia camera, dove andavo a riposare: quelle ombre nascevano, ingigantivano, si rarefacevano, diventavano draghi e poi fiorellini…
Ed ho ancora nelle orecchie le voci dei pescatori che, perdurando la notte, affrontavano il mare, correvo alla finestra e, tra le imposte dischiuse, osservavo la loro fatica, il carico delle reti, le barche che scendevano in acqua, le lanterne che si accendevano ad una ad una….
Al ritorno dei pescatori, la mattina sul tardi,noi “mateti” eravamo sulla spiaggia, tutt’occhi, tutt’orecchie, ad aspettarci storie meravigliose che non venivano mai da quegli uomini sempre taciturni.
Anche quest’anno sono tornato da te, come una volta, come sempre, ma ben poco ho ritrovato.
La stazioncina di legno colorato, con i suoi fiori piantati nei mezzi barili è scomparsa ( ora c’è un grande edificio di cemento, tutto luci e cristalli,con le piante che sembrano finte). A Pia, là dove gli uliveti fiorivano d’argento e le stradine dietro il Santuario correvano tra muri altissimi, ora ci sono case, casermoni di cemento pieni di gente che non ti conosce, non ti ama, non ha mai visto la bellezza della spiaggia semideserta con le alghe e le conchiglie, non ha mai ascoltato la voce della fontana, non ha mai spiato i tuoi pescatori con le loro barche illuminate dalle lampare… La gente ora scende compatta, come un esercito, sul litorale sterile, sparge qua e là gli avanzi dei suoi sprechi, vive in un barbaro, assordante bailamme di motociclette, musiche, grida. Se tutto questo è per il tuo progresso, allora ti hanno venduta per trenta denari al progresso! Forse proprio per i tuoi abitanti, che mi sembrano tutti in qualche modo malati, è stato creato il grosso ospedale che dall’alto ti domina. Cara Finale, una volta la gente non aveva le malattie del giorno d’oggi e, allorché arrivava la sua ora, moriva in pace a casa propria, come è accaduto ai miei nonni, ascoltando il mare, la fontana, gli infaticabili pescatori, senza desiderare e forse nemmeno immaginare un capezzale sterilizzato tra cristalli e maioliche.
La casa dei nonni non c’è più, anch’essa sostituita da un grande palazzone pieno di gente disinnamorata. Sparite tutte o quasi le belle case di una volta, erano rimasti qua e là orti all’antica, ingentiliti da un pesco o da un albicocco. Io gettavo occhiate furtive su quei fazzoletti di terra che erano la tua antica pelle mediterranea, ma poi anche gli orti sono spariti sotto le ruspe per dare il via ad altri orrendi casermoni…Tra queste caserme, tra questi infelici, mia figlia trascorre i mesi dell’estate, e dice di divertirsi. Io zitto, non cerco nemmeno di raccontare le tue immagini di un tempo, la tua meravigliosa semplicità, quella tua freschezza che mi sembra di conoscere ed amare soltanto io.
Ti porto sempre nel cuore, Finale mia, e, se chiudo gli occhi, la tua spiaggia si riempie di conchiglie e di alghe, i convogli ferroviari tornano a sostare ansando davanti alla stazioncina in legno, nei vicoli saraceni danzano di nuovo le gibigianne della mia giovinezza!
Se dovessi ancora innamorarmi, desidererei tanto ritrovarti per rifugiarmi con “lei” nelle tue braccia, godere dei bianchi tramonti senza eccitanti luminosità,inebriarmi della pace di un tempo. Però…però come uomo responsabile non mi è più possibile innamorarmi, anche e forse perché tu sei morta per sempre.
Genova Aprile 1973 Cesare Fasolato

Finale Ligure - Liguria di Ponente , provincia di Savona
L’aggettivo latino “ Finalis”, da cui il nome, si crede indicasse il pago o villaggio di confine (ad fines) del territorio del municipio romano di “ Vada Sabatia” o Vado Ligure. Il territorio, il Finale, tra Capo Noli e il promontorio della Caprazoppa, fu marchesato dei Del Carretto; a Genova venne soltanto nel 1713, venduta dall’Austria, Divisa in piccoli altipiani isolati di variegata bellezza, la plaga ha paesaggi integri e qualche specie preziosa di flora endemica e piccola fauna. Quanto alla città, che è anche vivace luogo balneare, l’espansione recente ha saldato i tre nuclei di Pia, Marina e Borgo.
 

 

 

Vecchie immagini di Finale Ligure (cliccare sulle miniature per visualizzarle)

 

 

SUGGERISCI QUESTA PAGINA A UN AMICO
Inserisci la mail del destinatario:

 

 

 

Piazza Scala - febbraio 2010