Quando era il direttore di banca a valutare se concedere credito - di GUGLIELMO PELLICCIOLI
La querelle che fa discutere il mondo politico ed economico italiano sul ruolo che devono assumere le banche nello sviluppo del nostro paese coinvolge, inevitabilmente,anche il sistema delle società che operano nel real estate.
Se è vera la concezione "localistica"del ministro Tremonti, basata sul convincimento che le banche devono essere più vicine al territorio (in termini di sostegno finanziario alle realtà imprenditoriali ivi presenti), appare del tutto evidente che i maggiori istituti di credito italiano hanno seguito altre strade, nel senso di un loro progressivo allontanamento dalla reale comprensione e valutazione dei problemi delle piccole e medie imprese localizzate sul territorio.
Basta vedere, ad esempio, come qualsiasi richiesta di finanziamento, anche la più modesta, finisca per essere centralizzata e "lavorata"con criteri indifferenziati e metodologie generali. Facile immaginare, di conseguenza, quanto distratta sia l'attenzione e la sensibilita'a valutare "ad personam"l'esigenza specifica del soggetto richiedente.
Chissà se gli
attuali vertici delle grandi banche hanno memoria di come, la quasi totalità
delle piccole imprese del nord est, sono decollate dieci, venti, trenta anni
fa: semplicemente perché un uomo di buon senso, quanto anonimo direttore di
filiale, aveva giudicato, in assoluta autonomia, che i suoi clienti di nome
Rossi, Brambilla, Ornaghi meritavano di essere "affidati" in quanto persone
oneste e per bene! E che, in virtù di questa correttezza, onoravano sempre e
comunque i loro impegni, magari lavorando
12
ore al giorno.
Queste erano le uniche garanzie! Quante di queste piccole aziende sarebbero
decollate con un sistema bancario come l'attuale? Quanti posti di lavoro
sarebbero stati creati o, meglio, non sarebbero stati creati senza questo
rapporto stretto tra banca e impresa?
Il merito del credito non e' una schermata sul computer ma una storia personale vissuta giorno per giorno che, o viene personalmente conosciuta e compresa o altrimenti è solo marketing farlocco. Quando l'approvazione di una pratica viene affidata non a persone ma ad asettici algoritmi matematici il rischio è che si perdano di vista i valori del lavoro,dell'impegno umano,dello stesso ruolo sociale dell'impresa capace di creare ricchezza sul territorio.
Ma qual è oggi il rapporto della banca con la sua clientela? Nell'era di
internet e della posta elettronica sarebbe legittimo pensare ad una
comunicazione snella, veloce, aggiornata, soprattutto utile ad entrambe le
parti.
In realtà sappiamo che non è così: il
sistema informatico serve alla banca solo per dialogare al suo interno ma
non per interagire con la sua clientela, migliorandone la qualità operativa.
Pensare di voler fare, ad esempio, un'interrogazione col pc per sapere che
tassi ci applicano sul cc o sul fido è impossibile; essere messi al corrente
di iniziative o formule particolari di credito alle imprese neanche a
parlarne; conoscere il rating della propria impresa assegnato dalla banca è
vitalissimo. Non parliamo poi di come la banca ci giudica, nel senso di come
valuta il nostro lavoro, se lo conosce e se è in grado di apprezzarne gli
sviluppi.
Tutto è segreto, avvolto nei misteri di qualche dossier che magari avremmo
diritto di conoscere visto che parla di noi e del nostro lavoro. Macché! Non
pensate che sarebbe più utile sapere cosa la banca pensa di voi dal punto
di vista della vostra capacità di meritare credito? Non pensate che quando
andate ad esporre un progetto dovreste essere ragionevolmente in grado di
sapere a priori se la vostra banca lo finanziera o meno? E in base a quali
requisiti?
Qualche giorno fa Paolo Panerai nell'editoriale di Milano Finanza gridava
scandalizzato contro gli alti tassi di interesse che le banche applicano
anche ai loro migliori clienti; senza una ragione e senza una valida
spiegazione.
Ecco quali sono le cose che interessano ad un imprenditore o almeno, quelle
che gli migliorerebbero la vita. Ma il muro di gomma delle banche si alza
repentino appena qualcuno cerca di far notare queste cose.