Abbiamo ricevuto da Giacomo Morandi il pezzo sottostante su una figura che oggi è radicalmente cambiata rispetto al passato: il direttore di banca, una volta padre-padrone della sua filiale.

Attualmente le filiali retail sono diventati dei negozi che devono vendere determinati prodotti, in genere imposti dall'alto. Tenuto conto della tipologie degli sportelli, le autonomie creditizie sono relativamente alte ma vengono sottoposte al vaglio di uno strumento informatico che, in pratica, decide sull'erogazione del credito.

Le Filiali corporate hanno autonomie più elevate ma anche per esse è previsto il diabolico strumento che costringe i responsabili a riflettere (e forse questo non è un male.....) prima di decidere crediti entro il proprio livello decisionale.

Infine le carriere: gli avanzamenti  sono stati pesantemente penalizzati, almeno in periferia, nel numero e negli importi corrisposti. In effetti  tutto è programmato e richiede un intervento marginale della filiale: la semplice offerta obbligata ma "convinta" al cliente. L'accentramento di tattica e strategia alle Direzioni Generali (i cui componenti sono invece retribuiti profumatamente), voluto da tutta una pletora di "consulenti", ha portato ad un persistente malcontento del personale delle filiali, che, pur capace, non vede uno sbocco professionale adeguato in quanto i posti disponibili sono troppo pochi e, forse, già "predestinati".
Va comunque osservato che al giorno d'oggi i profitti rivengono non dal "core business" ma in modo particolare dalla vendita degli assets e dalle conseguenti plusvalenze: gli immobili, soprattutto quelli di pregio, e le partecipazioni (definite "no core") sono piazzati sul mercato per distribuire dividendi all'azionista (in particolare le Fondazioni che li pretendono per svolgere il loro compito istituzionale).
Piazza Scala - ottobre 2009 

 

 

 

IL RUOLO DEL DIRETTORE DI BANCA

 

Vorrei commentare un articolo recentemente pubblicato su “Libertà”, nelle pagine finanziarie, a firma Guglielmo Pelliccioli (N.D.R.: per visualizzarlo clicca qui), con il titolo “Quando il direttore di banca valutava se concedere il credito”, in merito alle modalità con le quali le banche, venti o trent’anni fa, deliberavano la concessione di crediti e mutui alle imprese e alle persone fisiche e i metodi che le stesse applicano ai giorni nostri. Molta acqua è passata, in questi due-tre decenni, anche sotto i ponti delle banche, come per tutte le aziende e per la pubblica amministrazione. La principale differenza, oltre all’invenzione di tecniche nuove, di nuovi prodotti finanziari, della globalizzazione e dell’apertura dei mercati mondiali, è data dall’informatica che ha rivoluzionato l’elaborazione e la trasmissione dei dati, fornendo al management informazioni rapide e dettagliate, rendendo accessibili al centro e in periferia dati e cifre che consentono più facili e tempestive  decisioni, non più basate soltanto sul “fiuto” di questo o quel funzionario e sulle scarse informazioni disponibili in loco o sulle situazioni patrimoniali e finanziarie spesso reticenti o in molti casi gonfiate.

Parlo avendo una certa esperienza, per avere fatto questo mestiere, a livelli bassi e poi gradualmente in posizioni più responsabili, proprio in quegli anni, in filiali bancarie in Italia e all’estero e in seguito presso le direzioni generali. In filiale avevamo una determinata autonomia decisionale, rapportata normalmente all’importanza e alla categoria della filiale stessa ma sempre molto bassa, almeno per quanto riguardava i cosiddetti “crediti in bianco”, privi cioè di garanzie reali o personali adeguate (queste ultime rappresentate da titolari di patrimoni, soprattutto immobiliari, di entità sufficiente). I direttori locali, per motivi di carriera ma soprattutto per evitare il consolidamento e la cristallizzazione nei confronti degli interessi economici del posto, ruotavano con periodicità quasi costante, almeno nelle banche medio-grandi, e raramente erano in grado di conoscere a fondo la storia personale e aziendale, i retroscena, le condizioni di mercato, se non quelle basate su dati forniti dal centro, riguardanti i concorrenti, i mercati d’esportazione, l’andamento della congiuntura, generale e di settore.

Le decisioni sull’erogazione del credito, al di sopra di certi importi anche per fidi garantiti, erano demandate anche e più di adesso agli organi centrali e Dio solo sa quanto tempo occorresse, ad un direttore di filiale, per avere l’esito delle sue proposte, necessariamente in forma cartacea. Il “telex”, arrivato da poco, era uno strumento ausiliario.

Per quanto riguardava le persone fisiche, le famiglie, l’ottenimento di prestiti o mutui era parimenti difficile se non c’erano beni al sole o garanzie solide. Oltretutto, i mutui ipotecari per l’acquisto della casa, ora così popolari (forse troppo), erano appannaggio di istituti specializzati (le banche di credito ordinario non erano autorizzate ad erogarli) e la burocrazia da superare per ottenerli era più complicata di adesso, tralasciando l’ostacolo degli altissimi tassi d’interesse.

Io sono fuori dall’ambiente da molti anni, ma per quanto ne so l’espansione del credito in questi ultimi decenni è stata enorme, a tutti i livelli, le decisioni sono molto più rapide anche in mancanza di adeguata autonomia da parte dei funzionari locali. Ciò grazie alla rapidità delle comunicazioni, alla maggiore disponibilità di informazioni, sia a livello periferico che al centro, e alla maggiore concorrenza sul mercato (a Piacenza, un volta, c’erano solo sette o otto banche, ora sono decine). Sostanzialmente, i responsabili delle agenzie periferiche, attualmente, hanno posizioni di carriera più basse di una volta, anche se la loro professionalità non è inferiore.

Quando si parla di banche si perde spesso di vista che si tratta di aziende commerciali come le altre. Anziché vendere scarpe o frigoriferi, comprano e vendono (si fa per dire) denaro. Raccolgono da una parte denaro altrui e lo impiegano, a proprio rischio, guadagnandoci un margine, dopo aver pagato le spese, esattamente come fa un supermercato o un grossista. Se qualche cliente non restituisce il prestito, la banca subisce una perdita, come succede a un commerciante che consegna la merce e non riceve il pagamento.

Come il commerciante valuta l’acquirente dei suoi prodotti e gli rifiuta la merce se sospetta di non essere pagato, così fa la banca quando non concede un prestito a chi non è ritenuto solvibile o non offre una base sufficiente ad evitare una probabile futura perdita. Se i suoi funzionari in periferia o al centro sanno fare il loro mestiere, nell’interesse soprattutto dell’ azienda dalla quale ricevono lo stipendio, dovrebbero comportarsi correttamente in senso positivo o negativo ed è vero, d’altra parte, che un po’ di fiuto non guasta anche oggi, come dice il signor Pelliccioli.

 

Giacomo Morandi - ottobre 2009