Banche: innovare il credito
adattando vecchi modelli
alla nuova realtà del sistema
bancario e dei mercati?
Voglio
raccontare un fatto capitatomi nei
mesi scorsi pensando che possa
interessare ed anche far piacere ai
colleghi della grande,
indimenticabile Comit.
Nella primavera scorsa sono stato
contattato da “Accenture Italia” ,
uno dei big mondiali della
consulenza nel settore
bancario-finanziario e non solo, la
quale mi invitava a partecipare ad
un convegno da loro organizzato a
Santa Margherita Ligure sul tema:
“Un nuovo modello di credito
banca-impresa. Valorizzare la
competenza del credito e innovare i
modelli di relazione con gli
imprenditori”.
Mi è stato detto che avrebbero
partecipato al convegno, oltre ai
relatori tra cui due professori
della Bocconi, una quindicina di
dirigenti dei principali Istituti di
credito italiani, tutti dell'area
corporate.
Nel ringraziare per il cortese
invito mi sono chiesto ed ho chiesto
quale potesse essere l'interesse di
Accenture ad avere tra i
partecipanti un quasi settantenne,
da anni “fuori dal giro”, che si
sarebbe trovato in mezzo a
quarantenni brillanti e rampanti a
discutere di “nuovi modelli di
credito banca-impresa” e di come
“innovare i modelli di relazione con
gli imprenditori”, in buona sostanza
della banca del futuro.
La risposta è stata sorprendente:
“ma non vede che quasi tutti i
giorni leggiamo sui giornali che
bisogna tornare a fare banca come si
faceva dieci/quindici anni fa, prima
delle grandi concentrazioni e di
tutto quello che è successo dopo, in
particolare negli ultimi anni?
Questa potrebbe essere l'innovazione
che andiamo a proporre. E siccome la
Comit è sempre stata la numero uno
soprattutto nel corporate, abbiamo
pensato a lei. In sostanza le
chiediamo di venire a raccontarci
come era organizzata la Comit a
livello centrale e periferico,
nonché le sue esperienze da quella
di giovane procuratore a quella di
direttore di filiale a quella di
responsabile dei crediti”.
Con queste premesse non potevo non
accettare e così il 16 maggio eccomi
seduto ad un grande tavolo ad U,
attorniato da inappuntabili
dirigenti (tutti uomini) i quali,
pur accogliendomi con affettuosa
cordialità, sicuramente si
chiedevano il motivo della mia
presenza al convegno. Ovviamente
erano tutti giovani e ne conoscevo
solo uno che all'inizio degli anni
'90, invitato a Siena dal Monte dei
Paschi a vedere il Palio, mi aveva
fatto gentilmente da accompagnatore.
Al mattino lo spazio è stato
interamente dedicato ai relatori e
nel pomeriggio, prima di dare inizio
al dibattito, il moderatore mi ha
presentato spiegando lo scopo della
mia partecipazione e mi ha dato la
parola.
E' inutile che io spieghi in
dettaglio che cosa ho detto in circa
quarantacinque minuti di intervento
perché tutti noi ex Comit sappiamo
come “giravano le cose” a casa
nostra, ma un breve sunto lo voglio
fare.
Ho parlato anzitutto di come si
faceva la formazione in Comit, dei
corsi titoli, estero-merci e
crediti, degli “esami” che si
sostenevano prima dei passaggi a
mansioni di maggiore responsabilità,
dei percorsi di carriera abbastanza
definiti, dell'importanza di fare
più esperienze su piazze diverse,
ecc.
Ho spiegato che ogni filiale
indipendente era una piccola banca
in grado di assistere a 360 gradi
tutte le tipologie di clientela e
che il direttore doveva sapere
interloquire con il privato, con il
piccolo e medio imprenditore, con
l'amministratore delegato della
grande società nazionale e, a volte,
internazionale. Egli erogava credito
in tempi brevi nell'ambito della
propria autonomia e in tempi sempre
ragionevolmente brevi oltre
l'autonomia. In direzione centrale i
comitati crediti si tenevano tutti i
giorni.
Ho detto che nella valutazione del
merito creditizio si teneva
ovviamente conto dei dati di
bilancio e di tutti gli altri
elementi “tecnici” di supporto, ma
che si dava grande peso alla
conoscenza dell'imprenditore, dei
suoi più stretti collaboratori e
soprattutto della sua azienda che
con buona frequenza si visitava.
Per fortuna non c'era il rating e
questo era...... un grande
vantaggio.
Ho concluso il mio intervento
dicendo che tutti gli imprenditori
conosciuti durante la mia permanenza
in Comit, con alcuni dei quali sono
rimasto in contatto , hanno
lamentato, anno dopo anno, la
progressiva “disumanizzazione” del
rapporto con la banca, il venir meno
di un interlocutore di riferimento
che, come il vecchio “Direttore di
Filiale”, ce la mettesse tutta per
cercare di risolvere i loro
problemi.
Il dibattito, molto interessante e
vivace, seguito al mio intervento,
si è incentrato sulla possibilità di
adattare il “modello Comit” o
comunque “il modello vecchia banca”
, ritenuto da tutti ancora valido e
attuale, alla nuova realtà che è
venuta a crearsi soprattutto
all'interno del sistema bancario
(gigantismo, fusioni di culture
diverse, rigidità di Basilea 2,
finanziarizzazione esasperata,
insufficiente formazione dei
quadri,ecc.), ma anche a quello
esterno del mercato,
significativamente cambiato a
seguito della globalizzazione e
della epocale crisi internazionale
che ancora incombe.
Diversi i punti di vista e le
ricette suggerite dai partecipanti
al convegno, ma su una premessa
tutti si sono dichiarati d'accordo,
quella di “rimettere l'uomo
(imprenditore e banchiere) al
centro”.
Gino Luciani – Novembre 2009
P.S. Riporto alcuni titoli di
articoli recenti sul tema:
“Cara, vecchia e solida banca
commerciale” (Finanza & Mercati)
“Solo una banca old style rimetterà
in moto il credito” (MF)
“Il fallimento della banca
universale e i guai degli istituti
europei” (MF)
“Corporate governance in banca:
quale lezione dalla crisi” (La Voce)
“Da La posta del risparmiatore:
'Ridatemi la vecchia Comit' (Il
sole24ore – Plus 24)
“Torneranno le banche commerciali”
(Il sole 24ore)
“Economia: torna il fattore umano”
(Il Corriere della Sera)
“Cari banchieri, meno rating e più
economia reale” (Il sole 24 ore)
“McKinsey, imbarazzi da crisi” (Il
sole 24 ore – Plus 24)
“Tre ragioni per tornare a Comit”
(Il sole 24 ore)
“No a ratio definiti per legge” (Il
sole 24 ore)