SCUSATE IL DISTURBO

Sento il dovere di scusarmi con l’80% di quegli italiani circa, che non hanno ritenuto di partecipare al referendum perché, se lo strumento costituzionale referendario non è gradito, evidentemente deve esserci qualche cosa di sbagliato. Ed è mia consuetudine, prima di dare la colpa ad altri, fare un esame di coscienza per verificare se la colpa non sia mia.
Da anni dedico il mio sforzo nell’informare i miei lettori, al meglio delle mie possibilità, perché ritengo che una persona informata possa meglio prendere decisioni autonome e quindi possa governare meglio i suoi interessi e quelli della collettività.
Ma il mio errore è stato di pensare che questo pubblico voglia e possa prendere delle decisioni autonome, voglia e sappia fare delle scelte, che ciascuno si senta in grado esprimere il proprio punto di vista e voglia difenderlo con tenacia.
La realtà mi dice che almeno l’80% degli italiani non sa e non vuole prendere decisioni e che preferisce che queste le prendano altri per loro e che, qualunque esse siano, sono disposti a sopportarle, ad ubbidire, a non discuterle.
Quando l’80% delle persone la pensa così, significa che così vuole la maggioranza, ma anche ora, una volta di più, commetto un altro errore, perché parlo in Italia di maggioranza, un termine che sarebbe giustificato se si pensasse ad un regime ove maggioranza e minoranza avessero un significato, cioè in un regime democratico.
Ma l’80% degli italiani della democrazia non sanno che farsene, la loro attenzione e vocazione verso regimi monocratici, dalle signorie, al papato e alla dittatura, non è mai venuta meno, ma per ragioni molto pratiche, perché farsi governare costa meno fatica.
Ed hanno perfettamente ragione, perché la democrazia è il governo attivo di molti, ci vuole l’impegno di tutti, occorre leggere non solo i giornali sportivi, ma anche quelli politici, occorre seguire non solo il Grande Fratello o i quiz a premi,  ma anche i dibattiti in televisione, occorre avere interesse per accrescere la propria cultura leggendo libri di saggistica o di storia, mentre è molto più gradevole attaccarsi al proprio cellulare per pianificare i vari ponti festivi o per appuntamenti con il bridge, o le partite a scopone al bar, o per il lifting del corpo.
Non si può dare torto a queste persone, perché la vita si vive una sola volta, e perdere tempo per interessarsi del proprio futuro affettivo non serve a niente, perché si trova sempre una convivenza, un divorzio, non serve a niente il proprio futuro economico, perché con qualche furberia o prostituendosi verso qualche capo bastone, si possono avere soldi dallo stato senza fatica, e a maggior ragione non serve a niente pensare al futuro dei propri figli, si arrangino da soli, perché così impareranno più in fretta ad essere furbi come i propri genitori, anzi forse saranno più furbi di loro.
Del resto perché non pensare anche in questo caso si possa verificare anche nei comportamenti una evoluzione darwiniana, un perfezionamento della corruzione, del furto, dell’arroganza, della disonestà, dell’ignoranza, dell’illegalità, dell’immoralità, se tutte queste attitudini in realtà portano benefici? Perché non pensare che questi sono gli obiettivi che si devono raggiungere?
Solo un imbecille come me può pensare il contrario. Invece per fortuna di imbecilli come me ce ne sono pochi, e allora quando questi imbecilli parlano occorre applicare la frase che Eduardo De Filippo ha usato nei confronti dei pazzi “Ditegli sempre si”.
Tuttavia rispettando il volere di questo 80% d’italiani, mi aspetterei che almeno fossero coerenti con il loro riverito pensiero.
Perché perdete tempo ancora a parlare di democrazia, se non ve ne importa nulla, perché parlare di libertà, se gradite essere dei sudditi sottomessi, perché parlare di giustizia, se tutti sapete che l’unica cosa sbagliata è rispettare la legge, perché parlare di onestà se il guadagno si ottiene facendosi furbi, perché parlare di scuola se non serve essere bravi, perché l’unico ostacolo nell’ avere successo nel lavoro è essere meritevoli?
Non voglio pensare che questi italiani, fingendo di negare quanto sopra, si vogliano prendere in giro tra loro, perché sarebbe fatica inutile, in quanto siamo arrivati ad un livello tale di furbizia reciproca che solo gli ingenui come me ci potrebbero cadere, ma come ho detto per fortuna siamo una specie in estinzione, che sicuramente non va protetta dal WWF.
Di tutto questo, se ne sono da tempo accorti e ne sono consapevoli tutte le persone che abitano oltre i nostri confini, tutti gli altri lo capiscono, ma noi no.
Il problema che si pose dopo l’Unità d’Italia, non fu se una nazione potesse esistere, ma come fosse possibile costruire una nazione percorsa da un sentimento unitario, con il quale la massa potesse identificarsi, un sentimento che magicamente potesse spazzare via le esistenti frammentazioni politiche, geografiche, linguistiche, economiche, culturali e storiche.
Sarebbe stato necessario trovare dei simboli o idee nazionali che avessero avuto un rilevante impatto emotivo fuori del cerchio delle varie classi o tribù del momento. Solo uno sparuto gruppo di patrioti imbecilli potevano coltivare questo sogno, fino a sacrificare la propria vita, come nella battaglia di Legnano o nei Vespri Siciliani, se si legge l’epopea dei sentimenti che esistevano tra coloro che difesero fino all’ultimo la Repubblica si ha la sensazione che fossero dei …marziani rispetto ai loro discendenti odierni, erano anche loro poveri imbecilli , una solita minoranza d’ingenui.
La prova che la realtà di allora fosse frammentata, fu il fatto che fu creato un sistema di governo altamente centralizzato, quasi autoritario, perché offrendo un grado elevato di autonomia locale e regionale avrebbe condotto ad una nazione ingovernabile, avrebbe creato risse tra le varie tribù, e il timore che le tensioni regionali avrebbero fatto esplodere l’edificio unitario se l’esercito piemontese, quindi la coercizione armata, non fosse stato in grado d’intervenire subito e con la massima decisione.
In quel momento la maggioranza degli italiani preferì la sottomissione , mascherando il malcontento con un rancore profondo, un terreno fertile anche oggi per i partiti a base regionale nel Nord come nel Sud, un perenne borbottio, accuratamente fatto in incognito allora come oggi, per non esporsi mai ,secondo il principio ipocrita “ma io tengo famiglia”.
Un altro paradosso che ha segnato fino ad oggi l’Italia, è stato il dissidio perenne tra stato e chiesa, e quindi tra laici e credenti. Due posizioni di potere che non hanno mai voluto collaborare per unificare e creare un sentimento patriottico ma anzi, esaltando un confronto tra un potere assoluto teocratico, ed un potere centralizzato delle oligarchie economiche da tempo esistenti in tutte le regioni, dal latifondismo del sud, alle economie industriali dei padroni delle ferriere del nord, ci hanno insegnato che, in ogni caso, in Italia uno solo comanda, e mai il popolo, anche perché è un popolo che non vuole comandare, e di conseguenza anche in questo caso il padre di famiglia italiano, ha preferito la sottomissione.

Fin dalla sua nascita il sogno di un libero e democratico stato liberale vide la sua autorità minata dal Vaticano, il cui diritto di denigrare gli avversari era protetto dalla legge delle guarentigie. E dunque se le caste non hanno mai creduto convintamene nei valori dello stato nascente, come sorprendersi che, anche oggi, la massa della popolazione sia incerta e in massima parte incredula sul valore dell’esercizio della sua sovranità?

E’ dunque logico che questa permanente contrapposizione tra laici e credenti ha favorito la cultura estremistica italiana, nel socialismo, nel fascismo e anche nel comunismo, ha acuito le divisioni, ha distrutto i valori del nuovo stato, e ove questa condizione non si è verificata, come in Gran Bretagna, chiesa e stato uniti, o in Francia, chiesa e stato collaboranti, il sentimento nazionale unitario non è mai stato messo in discussione, ma è diventato un vanto.
Questi opposti estremismi,anche nel dopoguerra, continuarono a minare i valori dello stato e indussero a compromessi morali dei quali si resero responsabili i democristiani, minando la credibilità della Repubblica, solo perché impegnati in una continua guerra ideologica tra le opposte fazioni.
L’assenza di valori nello stato, indispensabili per creare la fonte di autorità morale, ha creato un grosso difetto di etica nella nazione e di conseguenza i partiti,le loro fazioni interne, le organizzazioni parasociali, le reti clientelari hanno colonizzato lo stato in misura via via crescente,spogliandolo dei suoi attributi d’imparzialità e d’efficienza.
Ancora oggi è aperto il problema di “fare gli italiani”. Se lo stato e le sue istituzioni perdono di autorità, e si rompe l’equilibrio tra interesse pubblico e privato, è logico che si crea una spirale di disillusione inarrestabile, un totale disinteresse, una frammentazione che dal vertice si propaga fino al singolo individuo che, agli appelli di coesione, risponde con il disinteresse totale, cioè con l’astensionismo.
Il disinteresse totale per l’appello referendario, ma anche il crescente astensionismo in tutte le altre forme elettorali, è molto grave perchè denuncia semplicemente che le persone non intendono collaborare per far conoscere il proprio pensiero, infatti nessuno, partecipando, le obbligherebbe a decidere quello che vogliono nel segreto dell’urna, ma sono semplicemente consapevoli che qualunque loro posizione potrebbe valere solo nell’ambito di una struttura di potere che rispettasse la democrazia, e invece, da molto tempo, il loro parere e messo sotto i piedi da avventurieri della politica che, con il voto, vogliono solo dare una immagine di facciata dell’Italia, che non solo da tempo non esiste, ma che non vogliono che esista.
Dunque cari amici, scusate del disturbo, avete ragione voi, e l’imbecille sono io che con i miei ingenui contributi, non ho capito quello che da tempo avete invece ben compreso voi.

Arnaldo De Porti - giugno 2009