MODELLISMO NAVALE STATICO
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Se qualcuno fosse tentato dall'idea di dedicarsi a questo interessante hobby, per prima cosa mi congratulo vivamente con lui, un'ottima scelta, praticabile a qualsiasi età .(bè, forse qualche limitazione per una vista non troppo acuta....ma, in linea di massima non ci sono affatto controindicazioni).
Anche partendo da zero è possibile ottenere risultati molto buoni: per qualche anno mi sono divertito a “insegnare” modellismo navale all'Università della terza età di Ancona e, con mia grande sorpresa, gli “allievi” - il più giovane dei quali era allegramente sopra i sessanta – portarono a termine nell'arco dell'anno “accademico” (7 mesi scarsi) i modelli che si erano proposti di realizzare. Modelli che fecero buona mostra nell'annuale esposizione di lavori dei vari laboratori con giusto orgoglio degli autori.
In questa sede, per evidenti ragioni, mi limiterò a fornire qualche consiglio e indicazioni di vario genere: grazie al cielo, oggi Internet rende possibili ricerche tematiche e quindi la cosa migliore da fare è dare una serie di “punti di partenza”, parole chiave per circoscrivere il campo delle ricerche.
La prima è “Vincenzo Lusci”, fiorentino se ben ricordo, autore di un testo ottimo sia come primo approccio sia come utile guida rapida per i più esperti, “Modellismo navale statico antico” che non so se sia ancora pubblicato (il mio è un'edizione del 1970...).
Digitando perciò quelle paroline magiche si viene proiettati in una serie di pagine Google del massimo interesse. Infatti si ha una panoramica di siti di Associazioni modellistiche (fra cui spicca la ANB di Bologna, decisamente una delle migliori) nonché di possibilità di procurarsi il testo del Lusci. Penso che anche spulciando le bancarelle di libri usati ci siano discrete possibilità.
Il testo che, però, assolutamente dovrebbe stare sul comodino di ogni modellista è “Modelli navali” di Orazio Curti, edizioni Mursia, che, oltretutto, dovrebbe essere di più agevole reperibilità.
Dello stesso autore, “Il libro completo dell'attrezzatura navale”, stesso editore, è un complemento indispensabile. Anche se, va detto, il capitolo XII di Modelli navali è, più conciso e meno appagante per illustrazioni, una sintesi abbastanza completa, sufficiente almeno in prima battuta.
Consiglio però l'acquisto anche del secondo, dato che l'attrezzatura velica aveva un'importanza assoluta e, della nave antica, è la parte che per il modellista è un po' croce e delizia: delizia perchè l'impatto visivo è di grande effetto, croce perchè se non si capisce pienamente la logica rigorosa del sistema velico è molto facile realizzare incredibili sfondoni...sfondoni che, tragicamente, vengono scoperti dall'esperto di turno che, prima o poi, esaminerà il vostro lavoro.
Oltretutto permette di comprendere la funzione di tutte quelle corde e cordicelle che caratterizzano una nave a vela: sia chiaro, uso questi termini (che farebbero inorridire qualsiasi uomo di mare) per farmi capire, ma i termini corretti sono manovre dormienti e manovre correnti.
Qui basta sapere che le prime servono a tener ben fermi gli alberi contrastando tutte le sollecitazioni sugli stessi, mentre le seconde servono a orientare i pennoni e le vele, issarle, ammainarle.
Non allargo il discorso, intento di questo articolo è dare qualche indicazione di metodo per un approccio soddisfacente all'hobby del modellismo: fra l'altro, è il modo per scoprire quanti termini di origine marinara siano passati nel linguaggio comune.
L'espressione “prendere il sopravvento” deriva pari pari dalla tecnica utilizzata nei combattimenti navali al tempo della vela: chi riusciva a prendere per primo il vento era avvantaggiato rispetto a chi lo riceveva per secondo, magari anche attenuato dall'apparato velico del primo che si trovava appunto sopravvento. Il vantaggio, intuibile, derivava dalla maggior capacità di manovra della nave sopravvento che poteva quindi posizionarsi al meglio per cannoneggiare efficacemente l'avversario. A questo proposito, certamente molti di voi avranno seguito le regate della Coppa America ai tempi di Azzurra e successivi e le disquisizioni sulle tattiche per “togliere” vento all'avversario coprendolo con le proprie vele, ecco siamo nello stesso campo.
Altro termine famoso,
bagnasciuga conobbe fasti un po'...nefasti (dato il contesto...si trattava dello sbarco sul territorio italiano dell'allora nemico) grazie all'ignoranza di un tizio che, in altra occasione ebbe a dire “...e, scusate l'erudizione...”. In questa circostanza attribuì il significato di battigia al bagnasciuga che, per i fatti suoi, indica solo l' immersione massima e minima della nave, a pieno carico e scarica. Non va confusa con le indicazioni che appaiono in forma di scala graduata a prua e a centro nave concernenti la diversità di galleggiamento nei vari mari (per effetto della maggior o minore salinità).
Per quanto possa sembrare curioso, il termine
atterraggio è di origine marinara e indica la fase di navigazione terminale che si conclude con l'approdo....mentre scocciare e incocciare valgono sganciare ed agganciare.
Mi fermo non perchè manchino altri e divertenti esempi, anzi sono moltissimi i termini passati al linguaggio corrente e poi, ma volete mettere la soddisfazione di sapere finalmente cos'è il pappafico, o l'espressione prendere una mano di terzaruoli che tanto spesso appare nei racconti di genere marinaro ?

Maurizio D'Angelo - novembre 2008