LA
BIANCA
Era
l'estate del quaranta tre, terzo anno di una
guerra che andava male. Per la prima volta Gidio
aveva avuto dal padre un incarico di
responsabilità. A diciannove anni compiuti ma,
vivente il capofamiglia, aveva dovuto sempre
sgobbare senza chiedere conto dei perchè e dei
come venivano risolti i problemi familiari e di
lavoro che quotidianamente venivano affrontati e
risolti dal genitore. Questa volta però era
venuto il suo turno.
Senza tanti preamboli suo padre gli aveva detto
« C 'è da portare al Cavallino la " bianca " per
consegnarla all' "ammasso ": In famiglia, via
quelli alle guerre, siamo rimasti solo in
quattro. Tre è il numero minimo indispensabile
per portare stanotte le pesche al mercato di
Rialto e sarà dura vogare la battella in così
pochi e con la corrente contraria. A questo
saremo occupati tuo zio, tuo cugino ed io. A
consegnare la vacca dovrai andare per forza tu.
Fa conto che da Punta Sabbioni al Cavallino, con
la vacca, ci vogliono tre ore e mezzo e che le
consegne vanno fatte entro le nove di mattina.
Devi partire almeno alle cinque e sarà bene che
ti porti anche la bicicletta per tornare alla
svelta ».
« Va bene » annuì Gidio che però,
allontanandosi, sentì tutto il peso ed il timore
di eseguire un incarico importante lontano dagli
occhi e dall'eventuale soccorso del padre. Andò
in stalla per verificare che la cavezza che
avrebbe dovuto utilizzare fosse a portata di
mano e per spostare la vacca in prima fila, da
dove prelevarla agevolmente il mattino
successivo quando la luce del giorno avrebbe
cominciato appena a venire in qua.
Aveva agito meccanicamente, concentrato su
quello che stava facendo e non sull'oggetto
della sua attività, cioè la " bianca ". Poi,
all'improvviso, si rese conto di cosa
significava perderla. Quella vacca era speciale.
Salutava muggendo brevemente o agitandosi appena
sentiva avvicinarsi il passo suo o di suo padre.
Era l'unica che, quando veniva aggiogata al
carro in coppia, andava da sola a prendere il
suo posto a sinistra del carro. Quando era " da
latte " , tutte le vicine che venivano ad
acquistarlo, un litro, mezzo o anche un solo
mestolo, chiedevano quello della " bianca ",
ritenuto migliore e di buon augurio per i
bambini. Gidio, spesso e specie d ' inverno, si
appoggiava dopo averla munta al suo collo, tanto
grande da non riuscire a girarlo e si riscaldava
un po'. La " bianca " non puzzava.
Era rimasto in piedi Gidio, fuori della stalla,
con le mani dietro la schiena e la testa bassa.
Poi con passo deciso si era avviato verso casa
per cercare di convincere suo padre a consegnare
un'altra vacca al posto della " bianca ". Era la
prima volta che discuteva una decisione paterna
ma non ebbe alcun timore di esporre gli
argomenti che motivavano la sua richiesta.
Stranamente il genitore lo lasciò parlare senza
interromperlo e quando ebbe finito gli rispose
lentamente pesando le parole. Lui, che usava
abitualmente alzare il tono della voce mentre
parlava,quasi sostenesse un peso da scaricare
alla fine. Espose i motivi che non consentivano
una decisione diversa, parlando lentamente, a
voce bassa , disegnando col piede cerchi su
cerchi per terra.
La famiglia possedeva sette vacche " bianca "
compresa. Le altre sei erano gravide e quindi
non conferibili all' " ammasso " Chi cercava,
con sotterfugi di evitare l'obbligo della
consegna rischiava sanzioni tremende.
E Gidio andò. Con la destra tenendo alla cavezza
la " bianca ", con la sinistra spingendo la
bicicletta, imbiancato dalla polvere della
strada sterrata lungo il canale Pordelio. Erano
quasi le nove quando raggiunse il piazzale dei
conferimenti e relativo macello. La " bianca "
gli fu letteralmente trascinata via dalle mani
fra improperi per l'ora tarda, scommesse sul
peso e richieste di dati per la compilazione
della ricevuta. Gidio evitò di guardarla mentre
un'angoscia crescente gli stringeva lo stomaco.
Mentre usciva a ritorno, al cancello, un muggito
inconfondibile lo fece sostare. La " bianca "
era legata all'ingresso del macello con il muso
rivolto verso di lui e , avvedutasi che anche
Gidio si era voltato prese a muggire con versi
brevi e continui, rotti da un ansare disperato.
Gidio diede di volta e, montato in bicicletta
fuggì letteralmente. E gli veniva da piangere.
Il narratore ha finito e attende un mio
commento. So cosa dirgli. Spiego che lui aveva
provato la malinconia del distacco. Sensazione
dello scorrere del tempo e non sentimento umano
di pietà. Gli dico che il poeta sentiva il
distacco anche dalla donna sconosciuta che lo
salutava festosa dalla corsa del treno. Non
sentimento quindi.
Gidio mi guarda dall' " alto " dei suoi occhi di
quasi novantenne. La sua voce è un po' tremula
ma velata di sarcasmo. « Lui ha studiato e ha
capito rutto. Pensare che io credevo che la
"bianca " piangesse perchè si sentiva tradita a
morte ! ».
Si allontana strascicando i piedi Gidio. E io
sono convinto di aver perso buona parte della
sua stima.
Gastone Pisoni |