Banche, il danno e la beffa
Di Luigi Gulizia


Vorrei svolgere qualche breve osservazione sul tema dei “salvataggi bancari” immediatamente attivati a livello internazionale nel momento in cui è imploso il gigantesco sistema di aria fritta finanziaria che, a partire dagli anni novanta, era stato costruito proprio dalle stesse banche, in primis quelle americane, oggetto degli odierni “salvataggi”.
Premesso che, come ho già scritto nell’Appendice del mio libro “PRIMO POTERE”, è assolutamente lecito sospettare che l’avvio della cosiddetta “crisi” sia stato abilmente orchestrato proprio all’interno delle grandi sedi bancarie americane e delle loro complici europee nell’assoluta certezza del consueto copione dei salvataggi successivi, occorre chiedersi su che cosa poggi l’intervento salvifico dei vari Stati oggi impegnati a profondere tonnellate di capitali freschi nell’intero sistema bancario. L’osservazione che, di primo acchito, sorge spontanea è la seguente: nel caso di un reato di furto si tende a colpire il ladro e a proteggere la vittima, ma nell’attuale situazione “globale” questo rapporto consequenziale appare invertito.
In sostanza, il soggetto “causa” del disastro, cioè le banche, appare protetto e la vittima, cioè le moltitudini ingannate e derubate, appaiono le salvatrici dello stesso soggetto attraverso gli Stati che dovrebbero essere i gendarmi posti a loro protezione.
Pur consapevoli della tanto decantata “deregulation” vigente nei mercati finanziari internazionali, punto di approdo di un liberismo tanto sfrenato quanto selvaggio nonchè “pensiero unico” a cui inchinarsi, ciononostante è impossibile ritenere che, come nel caso delle Torri Gemelle del 2001, nessuno fosse al corrente di quanto andava preparandosi nei lunghi anni della febbre di Borsa.
Bene o male i famosi organismi di controllo esistevano dappertutto e, in ogni caso, era di pubblico dominio quel che succedeva all’interno del sistema bancario internazionale nel quale i clienti venivano fraudolentemente indotti a riversare le proprie disponibilità patrimoniali in quelli che oggi vengono chiamati, con una leggerissima punta di cipiglio perbenista, “titoli tossici”. Il caso dei “bonds” argentini, tralasciando tutta un’ulteriore sfilza di altri casi eclatanti, nel quale emergeva per intero tutta la responsabilità delle banche, appare, come sempre, completamente dimenticato nonostante non sia passato che appena qualche anno dal momento in cui esso esplose. Tutto questo viene definito, nei codici penali, “furto con destrezza” e a livello bancario si qualifica come “bancarotta fraudolenta”.
Eppure il risultato paradossale è che a nessun governo passa per la mente di porre in stato d’accusa i responsabili di quella che appare essere l’apoteosi di un capitalismo finanziario “globale” che ha raggiunto e superato la sua fase devastante. Viene davvero da sorridere con compatimento quando telegiornali e stampa inneggiano a qualche buon colpo delle forze di polizia nei confronti del “clan dei Casalesi” ormai assurto a star quotidiana grazie al romanzo di Saviano.
Il povero clan dei Casalesi come, del resto, tutte le varie mafiette e camorre che pure impestano l’esistenza in tanti posti sono, in realtà, mafiette di secondo livello nell’ordine generale anche se, non per questo, meno pericolose. Ma il vero nemico del sano sviluppo planetario, il pericolo di primo livello, è quello vestito in gessato, che manovra le Borse, i derivati, i prezzi del petrolio e le guerre mascherate da altisonanti quanto falsi ideali umanitari per la lotta contro il cosiddetto “terrorismo”.
Ma allora, se in tutto questo panorama i “derubati” risultano essere quanti sono stati indotti a mettere i propri quattrini nei “titoli tossici”, appare evidente porsi la domanda finale: con quali quattrini avvengono i “salvataggi bancari” ?
Forse che questi quattrini sono di proprietà dello Stato? No, perché essi sono entrate fiscali provenienti da quanti sono impossibilitati ad evaderle e dovrebbero essere utilizzati, sul piano meramente teorico, a servizi di pubblica utilità.
Dunque, si tratta di quattrini appartenenti alla collettività dei cittadini o, più correttamente, a quella parte della collettività che non potendo evadere li ha riversati nelle casse statali. Se così è, a meno che qualche mente illuminata fornisca una diversa interpretazione, è impossibile non giungere alla ovvia conclusione che i “salvataggi bancari” avvengono con i quattrini degli stessi derubati dalle banche che subiscono impotenti una seconda defraudazione.
Come dire: il danno e la beffa. O anche, come chiedersi: dopo che, con altri soldi dei cittadini (quelli conferiti agli stati pagando le tasse) si saranno salvate le banche, chi salverà i cittadini dalle banche? Con quali risorse, dal momento che sono state consumate tutte?

Dal sito Affaritaliani.it