BANCHE E ANATOCISMO
Da vecchio
bancario, magari un po’ superato, vorrei
fare qualche riflessione su quanto ho
sentito e letto in questi ultimi giorni in
relazione alla recente sentenza della Corte
di Cassazione che ha condannato il sistema
bancario a rifondere ai clienti quanto
addebitato negli anni scorsi a titolo di
interessi sugli interessi impagati per
prestiti, scoperti di conto corrente ed
altri finanziamenti a privati ed aziende,
cioè il cosiddetto anatocismo (termine che
nel greco antico incorporava il concetto di
usura)..
Una sentenza precedente della stessa Corte
aveva già dichiarato impropria la pratica di
calcolare e capitalizzare gli interessi
debitori trimestralmente e quelli creditori
annualmente.
Sono sostanzialmente d’accordo con
quest’ultima decisione, in quanto si
trattava effettivamente di una procedura
arbitraria che falsava il tasso d’interesse
pagato rispetto a quello nominale
dichiarato. Se io acquisto della merce e la
pago a novanta giorni, mi costa un po’ di
più che pagandola dopo un anno. Le banche
acquistano (o meglio, prendono a prestito)
denaro dai risparmiatori e lo vendono (lo
prestano) a chi ne ha bisogno. Il denaro è
la loro merce. Anche se dovrei aggiungere
che è pratica comune, nel commercio,
acquistare merce con pagamento a termine,
anche lungo, e rivenderla al dettaglio o al
piccolo ingrosso con pagamento immediato o
a breve termine, ovviamente ad un prezzo
diverso. Vedo il problema soltanto nella
trasparenza dei tassi d’interesse, nominali
ed effettivi, spesso difficile da rilevare
da parte dei clienti.
La pratica dell’addebito degli interessi
sugli interessi la vedo invece in modo del
tutto diverso e mi stupisce molto che la
Corte di Cassazione abbia fatta propria la
tesi delle associazioni dei consumatori.
Cercherò di spiegarmi in modo comprensibile
anche ai non addetti, rischiando magari di
strappare un sorriso agli addetti.
Se la banca mi concede un finanziamento con
scadenza, per esempio, a sei mesi oppure
senza una scadenza definita, cioè “a
revoca”, come si dice, ma con regolamento
degli interessi di sei mesi in sei mesi, ed
io non pago gli interessi quando dovuti, che
cosa deve fare la banca? Li addebita sul
conto corrente del cliente e facendo ciò
concede praticamente un nuovo prestito o
meglio aumenta l’importo del prestito
precedente. In tal modo gli interessi
scaduti e non pagati diventano essi stessi
capitale. La decisione della Corte porta
alla conseguenza che il nuovo prestito
rimane infruttifero per la banca fino a
quando il debitore non provvede a pagare la
quota scaduta degli interessi, mentre la
banca deve comunque pagare gli interessi ai
risparmiatori o capitalizzarli
remunerandoli. In futuro le banche dovranno
quindi pretendere sempre gli interessi alla
scadenza contrattuale oppure aggirare la
norma evidenziando sempre nuovi prestiti
separati, la qual cosa mi pare abbastanza
assurda, oltre che costosa.
Un lettore di “Libertà” ha recentemente
lamentato che le banche non remunerino quasi
più i conti correnti e carichino invece
spese crescenti sulle operazioni effettuate
sugli stessi. A parte il fatto che i tassi
debitori praticati sui prestiti sono in
media ben inferiori al 13% indicato dal
lettore, molto inferiori anche al 10% e
spesso vicini al 5%, il conto corrente è un
servizio che la banca rende al cliente,
sempre più costoso da gestire. Una volta, ai
miei tempi, le giacenze lasciate sui conti
bastavano a remunerare i servizi, mentre con
i tassi attuali di mercato la redditività
delle giacenze per la banca è molto modesta.
L’Associazione Bancaria farà ricorso contro
la sentenza nelle sedi appropriate, anche
perché il cosiddetto anatocismo è pratica
comune in tutti i paesi, compresi quelli
islamici molti dei quali fino a poco tempo
fa giudicavano immorale addirittura la
richiesta di interessi sui prestiti,
ricorrendo a marchingegni per aggirare il
presunto dettato coranico.
Giacomo Morandi
- 06 febbraio 2009
(Giacomo ci informa di aver scritto e
pubblicato il pezzo nel 2004)
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