C'erano una volta i direttori delle filiali bancarie da cui
dipendevano in tutto e per tutto i finanziamenti delle imprese clienti.
Erano, a livello locale, riveriti e anche un po' temuti, conoscevano vita,
morte e miracoli delle aziende presenti sul territorio. Ogni grande banca
aveva una politica attenta di gestione delle risorse umane che ne
programmava i trasferimenti in modo da completare la loro formazione e la
conoscenza della clientela. I migliori, dopo anni di dura gavetta, venivano
cooptati nel quartier generale e, al culmine di una selezione severa, erano
candidati alle posizioni di maggior responsabilità. Ormai da tempo l'aria è
completamente cambiata. Certo i direttori di filiale esistono ancora, ma la
tendenza è a considerarli semplici impiegati retribuiti un po' meglio degli
altri. In buona parte dei casi, per quanto riguarda i finanziamenti alle
imprese, sono stati sostituiti da procedure automatizzate, che hanno come
riferimento il sistema dei rating, il cui compito è misurare il grado di
solvibilità del cliente, cioè la capacità di rimborsare il debito. Gli
stessi rating che, a livello internazionale, dettano legge e risultano
determinanti per le società quotate in Borsa come per gli Stati.
Contemporaneamente, il tramonto dei direttori di filiale vecchio stampo ha
lasciato il passo a una nuova generazione di banchieri, formati alla scuola
delle società di consulenza strategica e delle grandi banche d'affari
internazionali. Alcuni hanno senz'altro capacità notevoli, mentre in altri
casi qualche interrogativo è giustificato.
L'impressione è che, da un certo momento in poi, la selezione dei vertici
bancari sia avvenuta senza considerare nella giusta misura la capacità di
gestione dei rischi.
«Tutto il potere ai rating» è diventato uno slogan di gran moda, con il
risultato di consegnare alle agenzie di rating poteri pressoché assoluti. E
ancora oggi, nonostante il terremoto che sta travolgendo il mondo della
finanza e le cantonate prese, i tre big americani Standard & Poor's, Moody's
e Fitch, padroni incontrastati dei rating a livello internazionale, dominano
la scena. Riusciranno a evitare la resa dei conti? Difficile prevederlo.
L'elenco di colpe, responsabilità e omissioni è lungo (basta ricordare, ma
gli esempi sono davvero numerosi, che prima del crack il debito della Lehman
Brothers era giudicato "affidabile" o che Fannie Mac e Freddie Mac, le
agenzie americane specializzate nei mutui, hanno conservato fino al crollo
finale una classe AAA che, nel linguaggio dei rating, definisce la capacità
elevata di ripagare il debito). Non solo. Anche il peso dei conflitti
d'interesse è devastante (il peccato originale è che le valutazioni vengono
pagate dai clienti stessi), così come i sospetti che nascono da una semplice
constatazione: troppo spesso l'aggiornamento dei rating dà il via a
speculazioni di Borsa condotte da chi, non si sa come, risulta informato in
anticipo.
Ora, come spesso accade, le grandi crisi possono determinare cambiamenti
importanti, per esempio la rivalutazione dei direttori di filiale e della
loro capacità di giudicare l'affidabilità delle aziende da finanziare. Al
tempo stesso i curriculum degli aspiranti banchieri verranno letti con
occhio diverso. Emblematica, in proposito, la battuta di un banchiere ben
conosciuto. «Dopo quanto è accaduto - dice scherzando (ma non troppo) -
l'esperienza fatta in certe banche d'affari anglosassoni piuttosto che nei
blasonati istituti di credito svizzeri andrebbe considerata una giusta causa
per bocciare i candidati e non certo per ritenerli adatti a incarichi di
responsabilità».
Ecco il commento di Gino Luciani e la risposta di Tamburini (mail in data 8 e 9 novembre 2008)
Bravo Tamburini ! Veramente un bell'articolo.
Speriamo che i banchieri di oggi (e gli azionisti che li nominano) lo
leggano attentamente, magari un paio di volte, e si soffermino a riflettere
su quanto Lei dice. Un cordiale saluto. Gino Luciani (classe 1939) Già
Direttore
della Sede di Milano della Comit (e altre minori Casale M.to
Como,Varese,Ravenna,Monza) e poi Direttore Centrale (Crediti) in Piazza
della Scala.
Gino Luciani
Il suo messaggio mi ha fatto molto piacere. L'azzeramento della vecchia Comit è stato un vero delitto. Per quanto mi riguarda ricordo con rimpianto le lunghe conversazioni con uno degli uomini in passato ai vertici: Carlo Bombieri, amministratore delegato negli anni Sessanta e Settanta. Buona settimana. Fabio Tamburini
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