Un sistema
del credito efficiente, con la sua naturale funzione di finanziamento del
settore produttivo, viene considerato da osservatori, tecnici, economisti,
ma anche dai governi responsabili della politica economica, come condizione
necessaria per una pronta ripresa. Le turbolenze che hanno assediato il
settore finanziario dalla seconda metà del 2007, hanno lasciato un chiaro
segno su tutti gli indicatori dell'economia reale e, nel 2009, la maggior
parte del mondo sviluppato registrerà tassi di riduzione del pil nazionale
di dimensioni inaspettate.
B sistema nelle ultime settimane ha dato segni di reazione e di vitalità.
«Il peggio è passato» si dice; ma è anche viva la preoccupazione che la
crisi non abbia esaurito tutto il suo potenziale distruttivo. In questa
situazione ancora di incertezza, l'analisi e la valutazione dell'andamento
degli aggregati creditizi impegna quotidianamente governi, banche centrali e
tutti gli operatori del sistema: se il ciclo del credito s'inceppa perdendo
la sua fluidità naturale, più complessa e dolorosa sarà l'uscita dalla crisi
che stiamo vivendo. A loro volta gli istituti di credito stanno vivendo la
loro contraddizione, cercando di conciliare obiettivi contrastanti:
a) da una parte devono promuovere un profondo deleverage, cioè devono
ridurre il totale degli attivi, composti da titoli più o meno tossici ma in
misura prevalente da finanziamenti al settore produttivo. Quindi meno
finanziamenti alle imprese;
b) d'altra parte devono assicurare flussi di credito all'economia, in un
contesto in cui altre fonti di raccolta (bond, securitization ecc.) sono
diventate inaccessibili ai più. I governi dei vari Paesi e gli istituti
centrali fin dall'inizio della crisi finanziaria (sicuramente dal caso
Lehman in poi) hanno ben capito la contraddizione che gli istituti di
credito stavano affrontando e, pur non risparmiando critiche all'operato
del settore bancario, hanno agito in maniera massiccia con interventi sulla
liquidità, sul capitale e anche sul sistema dei controlli. Queste azioni
sono state necessarie, è chiaro a tutti. Ma sono sufficienti per innescare e
mantenere un ciclo virtuoso del credito? Solo interventi esterni, o macro,
possono facilitare il raggiungimento degli obiettivi? Oppure le banche
possono contribuire attraverso una riorganizzazione del sistema distributivo
e produttivo del credito? Due aspetti, in particolare, che hanno attinenza
con i comportamenti del settore bancario, vale la pena approfondire. Le
considerazioni sono relative prevalentemente al segmento corporate, dal
momento che dinamiche in parte differenti hanno caratterizzato il segmento
retail.
La distribuzione. Negli ultimi 10/15 anni l'individuazione di
obiettivi dì redditività crescenti ha portato il settore bancario a
privilegiare strumenti e prodotti ad alta marginalità che fossero quindi
compatibili con i rendimenti definiti a livello consolidato. Abbiamo visto
la nascita e il proliferare di soluzioni più
0 meno sofisticate che si aggiungevano all'offerta classica degli istituti
di credito. In questa evoluzione il prodotto/ servizio finanziamento ha in
parte perso la sua centralità. Il credito, penalizzato dall'alto livello di
utilizzo di patrimonio regolamentare, non poteva e non può competere in
termini di redditività sul capitale con altri prodotti.
A livello di distribuzione bancaria il finanziamento veniva offerto
soprattutto se facilitava la promozione dei prodotti a più elevato margine,
come i derivati, i titoli negoziabili, la negoziazione la gestione della
liquidità, il corporate finance. Questa è una prima contraddizione: il
servizio finanziario considerato primario e fondamentale dal lato della
domanda, cioè dal mondo delle imprese, viene considerato dai fornitori, le
banche, alla stregua di un prodotto promozionale. Immaginate se un
individuo non avesse accesso diretto all'acquisto di un prodotto per lui
fondamentale, ad esempio i medicinali, ma per ottenerli dovesse comprare
altri beni quali auto, orologi eccetera.
Il problema che si potrebbe porre oggi è che generazioni di relationship
manager/settoristi, cioè la dorsale del sistema distributivo bancario, sono
stati formati ed educati nel paradigma del cross-selling, cioè della vendita
del prodotto-finanziamento unicamente in copia con altre soluzioni ad alto
margine. Nel momento in cui, per motivi esogeni di sistema, la domanda di
soluzioni come capital market, derivati o altro è oggettivamente sparita o
si è drasticamente ridotta, la sola erogazione del finanziamento non rientra
tra le alternative metabolizzate dalla forza vendita in anni di esperienze.
Il rischio è quindi che gli imponenti sforzi e gli interventi esterni
attuati dai governi al fine di assicurare il flusso di credito al mondo
delle imprese, trovino, perlomeno in parte, un livello di resistenza
problematico già nel primo anello della catena distributiva bancaria.
Il prestito
alle imprese à diventato
un prodotto-civetta per vendere altro
Il settore ha via via perso la capacità
di valutare la solvibilità delle aziende
Produzione. La macchina produttiva del credito coinvolge diversi
aspetti, dalia gestione della liquidità alla gestione delle scadenze, ma
soprattutto coinvolge il processo di valutazione del rischio di credito. Il
patrimonio di conoscenze e di esperienze relativo alla valutazione e alla
gestione del rischio di credito è una competenza che caratterizza la
funzione stessa di banca. Passaggio obbligato, almeno in passato, per ogni
sviluppo di carriera all'interno degli istituti, la padronanza degli
strumenti di analisi era considerata professionalità fondamen-tale e
coinvolgeva una valutazione individuale delle imprese, interessando tutti
gli aspetti di specificità della singola azienda nel contesto del settore.
Gli indicatori più generali, macroeconomici
o di mercato finanziario, rappresentavano un valido e necessario complemento
all'analisi individuale.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva migrazione
verso i dipartimenti di valutazione crediti di figure professionali
cresciute nell'ambito dell'operatività e della gestione «rischi mercati
finanziari». Questi profili hanno portato un solido bagaglio quantitativo e
la capacità di leggere in tempo reale tutte le indicazioni fornite dagli
indicatori di mercato. I sistemi di approvazione del credito sono diventati
più snelli, più veloci e in parte si sono ridotti i costi di questo processo
produttivo. L'analisi individuale dell'azienda, delle sue capacità
reddituali prospettiche, della forza del management e di tutto quel bagaglio
di competenze che sono l'es-senza dell'azienda stessa, sono diventati
elementi di contorno nella valutazione del merito creditizio, a sulla base
dei trend dei Credit default swap (Cds) di settore o della singola azienda,
dei prezzi espressi dal mercato dei Clo/Cbo per quelle tipologie di attivi e
dall'appetito e dalle condizioni richieste dagli hedge fund per acquistare
finanziamenti corporate (soprattutto nel segmento «leveraged finance»).
Questo approccio era basato sulla presunzione che questi indicatori di
mercato esprimessero implicitamente informazioni di qualità superiore
rispetto a quelle prodotte dall'analisi di credito tradizionale. Il problema
nasce quando, come è successo dall'inizio del 2008, i prezzi dei Cds
esplodono, il mercato dei Ciò scompare e gli hedge fund sono costretti a una
drastica cura dimagrante, cioè quando gli indicatori di mercato impazziscono
e non rappresentano più un riferimento utile per l'analisi del credito. La
conseguenza è che il processo produttivo s'inceppa; in poche parole si
riducono le erogazioni di credito. Per mantenere vivo il processo è perciò
fondamentale tornare velocemente alle metodologie classiche di valutazione
del credito; ma nel frattempo le competenze in banca sono cambiate e i
vecchi funzionari del settore credito sono in pensione. Ricordate quando per
affrontare il problema informatico del passaggio dell'anno 2000 le aziende
cercavano disperatamente specialisti che potessero intervenire su programmi
scritti in linguaggio Cobol, cioè un linguaggio non più utilizzato per nuove
applicazioni ma ancora presente nelle complesse architetture informatiche
delle società? Bene, questi specialisti venivano reclutati soprattutto in
Florida, tra la popolazione di settantenni che avevano contribuito dagli
anni 60 all'informatizzazione del «mondo corporate» americano.
In banca non siamo certo a questi livelli ma ci sono notizie che diverse
banche europee hanno cominciato a richiamare credit officers che avevano,
forse, troppo precipitosamente pensionato.
Conclusione. L'emergenza credito è un fenomeno vissuto da tutti i
contesti economici e ad essa è in parte legata l'evoluzione della crisi che
stiamo vivendo. Le considerazioni svolte in precedenza non vogliono
presentare una soluzione univoca a un problema talmente complesso e
articolato da richiedere l'intervento coordinato da parte di tutti gli
attori del sistema. Vale però la pena ricordare che le banche non sono e non
devono essere soggetti passivi in questo processo, cioè soggetti che
trasmettono passivamente (magari sotto il controllo di prefetti o altre
istituzioni) al sistema scelte di politica economica e creditizia. Le banche
hanno le competenze e le risorse per apportare un contributo costruttivo,
anche ripensando la composizione dei loro processi intemi,
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