Ritorna il modello della "vecchia" Banca Commerciale Italiana?
 
 
4 aprile 2009
 
McKinsey, imbarazzi da crisi di Antonio Quaglio
 
Where are the McKinsey? Dove sono finiti i superconsulenti che hanno disegnato con uno stampo seriale i modelli organizzativi e strategici di tutte le grandi banche infilatesi nel vorti¬ce della crisi? Il primo numero del 2009 del McKinsey Quarterty ha un bel titolo programmatico: «La crisi: una nuova era nel management». Tra le headline di copertina - tra un'intervista al Ceo di Google, Eric Schmidt, un focus sui baby boomers e un reportage sulla nuova imprenditoria rurale in Cina -non c'è però nessun link con contenuti strettamente legati alla morte (e possibile resurrezione) del sistema bancario. Nel fascicolo, in realtà, qualcosa' c'è. Ad esempio un intervento su «Financial crisis and reform»: ma è siglato "su invito" da un professore della Stern school of business. C'è un'intervista a una "vacca sacra" McKinsey, Richard Foster, sulla crisi come sala parto schumpeteriana di un nuovo capitalismo finanziario. Non manca una scheda puntuale su «Credit crunch ed economia reale».
Ma gli aficionados si aspettano altro, anche se sono i primi a sapere che la "McKinsey way" non emergerà sulle pagine deU'house-organ, ma dai primi masterplan del dopo-crisi: siano essi quelli di una nuova fase di post merger integration; oppure al contrario, quelli di scissioni, ristrutturazioni, riposizionamenti. Quel che è certo è che una rivisitazione critica del modello originate-to-distribute non sarà eludibile. Il "modello McKinsey" - quanto meno della sua versione applicata alla gran parte delle fusioni bancarie maturate nella nuova Eurolandia - si è imperniato sull'esplosione organizzativa e strategica della catena del valore dell'industria bancaria. Ed è approdato tipicamente - si trattasse di UniCredit, di Intesa-Comit come della fallita integrazione Deutsche-Dresdner - a business model tridivisionali: wealth management, personal financial services, corporate & investment banking. Con le funzioni di supporto tecnico scorporate e la rete sempre più concentrata sul selling puro. Valore liberato, efficienza ed efficacia messe alla frusta. Ma anche conflitto d'interesse strutturale tra chi - all'interno della stesso gruppo - originava rischio, chi lo sottoscriveva e gestiva e chi lo ricollocava alla clientela. Un vero "derivato" della banca tradizionale: un collaterale organizzativo, strutturato dai mercati che volevano più adrenalina dai "loro" intermediari. Demagogia giornalistica? Forse. Ma i templari della McKinsey, per ora, tacciono.
 
 

Ecco il commento di Gino Luciani e la risposta di Antonio Quaglio (mail6 aprile 2009)

 

Dott. Quaglio, nel dicembre scorso ho inviato un "bravo" a Fabio Tamburini per il suo articolo "Banchieri, meno rating e più economia reale", oggi lo mando a lei per "Mc Kinsey, imbarazzi da crisi". Sottoscrivo in toto il suo articolo, così come quello di Tamburini. Vedo però che siete in pochi, se non i soli, a stigmatizzare in modo esplicito i disastri provocati dal "nuovo modo di fare banca", pensato e suggerito dalle solite società di consulenza (che sono già pronte con i rimedi), attuato da managers intelligenti e brillanti, ma un po' improvvisati come banchieri, consentito ed avallato dalle banche centrali.

Un cordiale saluto.

Gino Luciani

P.S. Ricordo con piacere alcuni incontri in Piazza della Scala ed una sua intervista quando ero AD della Banca di Legnano(anni '90).

 

Caro Dottore, fa piacere a me risentirLa e arguire intanto che sta bene. Ha ragione, non siamo rimasti in tanti: del resto lo ha fatto capire molto il dottor Saviotti qualche giorno fa sul Sole. Pensi che

> al posto del colonnino che ha visto, in un primo momento avevo pensato di riprendere le parole di Saviotti e ricordare - anche se in brevissimo - sono dieci anni da quella primavera del '99 quando le  cose non andarono davvero come sarebbe stato opportuno. Vediamo in ogni caso di tenere la posizione: fino a che riesco a scrivere e ho qualcuno come Lei che ha la bontà di leggermi. Grazie del messaggio, così ho anche la sua mail: teniamoci in contatto! Un saluto cordiale,

Antonio Quaglio

 


 

 

 

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