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Kirill Petrenko nato nel 1972 è probabilmente ancora troppo giovane per offrire a Bayreuth un'interpretazione del Ring e nel contesto in cui scrivo del prologo L'Oro del Reno che susciti entusiasmo.  Due anni lo separano da Jordan, che è direttore stabile e principale dell'orchestra dell'Opera Bastille, adorato quest'ultimo dal pubblico parigino. Applauditissimo.

Eppure anche se contestato con il regista e quasi l'intero cast, il direttore e concertatore questa sera ha dato una lettura fuori dagli schemi romantici, scheletrica direi, se questa espressione può far meglio intendere ciò che desidero esprimere.  La messa in scena  moderna, patetico ciò che si svolge nel Motel Gold, con tanto di distributore di benzina, è comunque un'idea giocata su tre piani scenici: c'è uno schermo come ormai capita quasi ovunque e Castorf  regista, Denic scenografo, Braga Peretzki costumista non hanno convinto. L'oro del Reno è il petrolio; le tre ragazze che accolgono Alberich, sono chiaramente delle signorine che lavorano in proprio ed è tutto molto chiaro.

Prima di riprendere il discorso direttore, vorrei affermare che il miglior cantante della serata è stato  Martin Winkler un Alberich di livello. Da riascoltare il Wotan di Wolfgang Koch. Nella Walchiria si capirà a quale categoria appartenga, cioè se sia un buon cantante wagneriano oppure solo un buon personaggio, questa sera non in grandissima forma. Il resto del cast ha deluso le aspettative, o almeno quelle che si devono pretendere da chi viene scritturato per il Fesival di Bayreuth. Eccolo, con i rispettivi ruoli:

Loge, Norbert Ernst 

Erda, Nadine Weissmann

Mime, Burkhard Ulrich 

Wotan, Wolfgang Koch 

Alberich, Martin Winkler 

Freia, Elisabet Strid 

Fricka, Claudia Mahnke 

Woglinde, Mirella Hagen 

Wellgunde, Julia Rutigliano

Flosshilde, Okka von der Damerau 

Froh, Lothar Odinius

Donner, Oleksandr Pushniak

Fasolt, Günther Groissböck 

Fafner, Sorin Coliban 

Torno al direttore e concertatore senza alcun paragone. All'inizio mi è parso quasi che fosse l'orchestra a dirigere, a trasportare Petrenko, molto cauto, quasi timoroso o incapace di prendere la musica wagneriana e restituirla al pubblico come sanno trasmettere i maestri dell'Orchestra del Festival di Bayreuth, quasi come se non fossero pienamente convinti dei gesti, della personalità, della capacità di un grande direttore che sappia coinvolgerli.

Poi piano, piano il disegno si è fatto più chiaro. Forse rinfrancato o semplicemente più sicuro di sè, Kirill Petrenko ha dimenticato l'emozione dell'importante esordio nel Tempio ed ha imposto la sua visione di Wagner, non tradizionale, lontana da ogni precedente modello, scarnificata dalla ricerca della bellezza del suono quale risorsa indispensabile, lasciando l'edonismo musicale per una lettura che si sposava con la regia, ma rischiando di essere coinvolta nella contestazione finale. Ci sarà pure una filosofia in questo approccio. E non è quella che identifichi il bene morale con il piacere. Quindi il piacere di ascoltare un Wagner romantico e straripante, può anzi sicuramente, non aver soddisfatto tutti. A mio parere però, dopo un certo periodo di maturazione, anche il pubblico potrebbe in gran parte assorbire questa trasformazione, non dico amarla, ma certo ammirarla. Il risultato per questa sera, sempre a mio parere, è stato questo: direzione piatta, interpretazione vocale insufficiente, regia inutile. (E non uso altri termini).

Spero di essere stato abbastanza chiaro.

Per la trama lascio come sempre una lettura che si può trovare su internet.

L'opera è in un atto, la prima rappresentazione avvenne a Monaco il 22 settembre 1869. Il direttore era Franz Wullner. 


Maurizio Dania - 26 luglio 2013

 

 

 

 

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