TRIBUNALE DI PALERMO - SEZIONE LAVORO
Il Giudice Antonio Ardito nella causa iscritta al n.
6994/2013 R.G. promossa ex artt. 442 e ss. c.p.c.
DA
CARDINALE GIUSEPPE, rappresentato e difeso dagli
Avv.ti Alessia Sciranna e Concerta Pia Dell' Aquila ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Nunzio
Pinelli in Palermo, pieaza Virgilio n. 4
-RICORRENTE-
CONTRO
INPS, rappresentato e difeso dall' Avv. Rosaria
Ciancimino ed elettivamente domiciliato presso I' Avvocatura
distrettuale dello Stato in Palermo, via Laurana n. 59
- RESISTENTE-
Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del
6.11.2013 OSSERVA
Con ricorso depositato il 27.6.2011, il ricorrente
indicato in epigrafe previa rimessione degli atti del
presente giudizio alla Corte Costituzionale per l'esame
della questione di legittimità costituzionale del comma 25
dell'art. 24 del d.l. n.
201/2011, convertito con modificazioni in legge n.
214/2011, per contrasto con gli artt. 3. 36 comma I, 38
comma 2, e 53 Cost., nonché con il combinato disposto degli
art.. 3, 36 e 38. Cost. e con il combinato disposto degli
artt. 2, 23, 53 Cost.
- chiedeva dichiararsi l'illegittimità del blocco
della perequazione automatica delle pensioni superiori a tre
volte il trattamento minimo Inps per il biennio 2012/2013 e,
per l'effetto, condannare l'ente previdenziale convenuto a
riliquidare in proprio favore il trattamento pensionistico
perequato ex I.n. 448/1998, art. 34, comma I ed a
corrispondergli
1 relativi ratei maturati e non percepiti e/o
percipiendi nel biennio 2012/2013 maggiorati di interessi e
rivalutazione monetaria come per legge sino all'effettivo
soddisfo.
Ritualmente instauratosi il contraddittorio,
resisteva l'istituto convenuto, chiedendo il rigetto dei
ricorsi, dei quali deduceva variamente l'improponibilità e
infondatezza.
Infondata l'eccezione preliminare sollevata dall'INPS
circa l'improponibilità del ricorso per mancata
presentazione della domanda amministrativa.
Infatti ha ritenuto la Corte di Cassazione con
sentenza n. 7710/2005 che "in materia di prestazioni
previdenziali l'azione giudiziario deve essere preceduta
dalla domanda amministrativa - a pena di improponibilità,
solo ove la stessa sia espressamente prevista dalla legge".
Non anche, come nella specie, in cui "il diritto ad
una prestazione sia ricollegato ad un 'interpretazione della
legge di cui si contesta la costituzionalità".
Preliminarmente giova ricordare che nella scelta del
meccanismo perequativo da utilizzare, il legislatore gode di
una certa discrezionalità, atteso che il combinato disposto
dell'art. 36 e 38 Cost, impone il raggiungimento del fine
(l'adeguamento delle pensioni all'incremento del costo della
vita), senza imporre una particolare modalità attuativa del
principio indicato. Tuttavia, sebbene non esista un
principio costituzionale che possa garantire l'adeguamento
costante delle pensioni al successivo trattamento economico
dell'attività di servizio corrispondente, il legislatore è
tenuto ad individuare meccanismi che assicurino la
perdurante adeguatezza delle pensioni all'incremento del
costo della vita.
Tale principio ha portato più volte la Corte
Costituzionale a dichiarare l'illegittimità di disposizioni
che non contenevano alcuna previsione volta ad assicurare
nel tempo la conservazione del valore delle prestazioni da
loro erogate. Esemplificativamente può essere ricordata la
vicenda relativa alla rivalutazione dei contributi versati
ai fini dell'assicurazione facoltativa per l'invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti, in relazione alla quale non era
previsto alcun criterio di adeguamento del valore della
contribuzione versata dall' 1 gennaio 1948 in poi
all'incremento del costo della vita. In tale ipotesi venne
dichiarata l'illegittimità della disposizione in quanto
l'omessa previsione di tale meccanismo rendeva ineffettiva
la norma stessa (cfr. Corte Cost. 21 marzo 1989, n .141).
Ancora più significativo è quanto deciso dal Giudice delle
leggi a proposito della disciplina relativa all'indennità di
disoccupazione ordinaria. A tale proposito la Corte ha
osservato come "la norma Impugnata mira a dare attuazione
all'art. 38 Cost., il quale riconosce ai lavoratori il
diritto sociale a che siano preveduti ed assicurati mezzi
adeguati alle loro esigenze di vita in caso di
disoccupazione involontaria" (ma il principio non muta nel
caso della tutela della vecchiaia). La protezione così
garantita ai lavoratori postula requisiti di effettività,
tanto più che essa si collega alla tutela dei diritti
fondamentali della persona sancita dall'art.
2 Cost. Ora non può ritenersi rispondente ai
richiamati principi costituzionali una norma che, come
quella impugnata, mentre fa consistere nella corresponsione
di una somma di danaro (indennità) quell'apprestamento di
mezzi adeguati alle esigenze di vita che è il contenuto
della protezione costituzionale in argomento, non
stabilisca, di fronte al fenomeno in atto della diminuzione
del potere di acquisto della moneta, un meccanismo diretto
ad assicurare anche in prospettiva temporale l'adeguatezza
nei sensi suindicati dell'indennità" (cfr. Corte Costo 27
aprile 1988, n. 497). Ancora è stato sostenuto che "il
perdurante necessario rispetto dei principi di sufficienza e
di adeguatezza delle pensioni impone al legislatore, pur
nell'esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento
tra le varie esigenze di politica economica e le
disponibilità finanziarie di individuare un meccanismo in
grado di assicurare un reale ed effettivo adeguamento dei
trattamenti di quiescenza alle variazioni del costo della
vita (. .. ) Con la conseguenza che il verificarsi di
irragionevoli scostamenti dell'entità delle pensioni
rispetto alle effettive variazioni del potere di acquisto
della moneta sarebbe indicativo della inidoneità del
meccanismo in concreto prescelto ad assicurare al lavoratore
e alia sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e
dignitosa nel rispetto dei principi e dei diritti sanciti
dagli articoli 36 e 38 della Costituzione" (cfr. Corte Cost,
23 gennaio 2004, n.30).
Tale meccanismo è stato individuato nel sistema della
perequazione automatica delle pensioni, introdotto con
I'art. 18 della legge n. 153/1969.
Nonostante il suddetto pronunciamento della Corte
Costituzionale, il legislatore (successivamente all'entrata
in vigore degli artt. 16 I. n.843/1978, 2 d.l. n.348/1992,
convertito in L n. 438/1992 e 59, comma 13, L n. 449/1997,
che hanno previsto la sospensione del meccanismo
rivalutativo rispettivamente per gli anni 1979, 1993 e 1998)
con la legge 24.12.2007 n. 247 ha nuovamente imposto un
ulteriore blocco della perequazione automatica, questa volta
per l'anno 2008, dei trattamenti pensionistici eccedenti
otto volte il trattamento minimo INPS e precisamente quelli
di importo superiore a 3542,88 euro.
La Corte, con sentenza n.316 del 3 novembre 2010, pur
dichiarando la norma costituzionale, in quanto la mancata
perequazione per un solo anno sulle pensioni di importo più
elevato non incide sull'adeguatezza delle stesse, ha
avvertito che "la frequente reiterazione di misure intese a"
paralizzare il meccanismo perequativo "esporrebbe il sistema
ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di
ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni, sia
pure di maggiore consistenza potrebbero non essere
sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere
di acquisto della moneta".
La Consulta, quindi, ha ritenuto il blocco della
perequazione automatica sulle pensioni di rilevante importo
conforme ai dettami della Corte purché non divenga un
meccanismo costantemente reiterato.
In altre parole, se è vero che la Corte
costituzionale ha affermato che l'intervento sporadico del
legislatore rivolto a contenere o sopprimere per un breve
periodo la rivalutazione dei trattamenti pensionistici
medio/alti non viola i predetti principi costituzionali, è
altrettanto vero che tali affermazioni sono state bilanciate
dalla considerazione che, al contrario, non é consentita la
reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo
perequativo.
II comma 25 dell'art. 24 del d.l. n. 201/2011,
convertito con modificazioni in legge n. 214/2011, ha
introdotto una nuova disciplina della rivalutazione
automatica innovando su quella precedente. Stabilisce la
norma: «in considerazione della contingente situazione
finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti
pensionistici, secondo il meccanismo stabilito daH'articolo
34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è
riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai
trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre
volte il trattamento minimo INPS. nella misura del 100 per
cento. Per le pensioni di importo superiore a tre volte il
trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite,
incrementato della quota di rivalutazione automatica
spellante ai sensi del presente comma, l'aumento di
rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del
predetto limite maggiorato. Il comma 3, dell'art. 18 del
decreto legge 6 luglio 2011, n.98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. Ili, e
successive modificazioni e integrazioni, è abrogato».
Con tale disposizione, quindi, non solo per le
pensioni elevate ma anche per quelle di importo lordo
superiore a 1405 euro mensili è stata abolita qualsiasi
forma di perequazione e ciò non più solo per un anno (come
era avvenuto per i "blocchi" rivalutativi precedenti) ma per
due anni consecutivi (2012 e 2013).
Appare evidente che il legislatore non ha tenuto
conto del monito della Corte Costituzionale sopra enunciato
e ciò tanto più che il blocco della perequazione automatica
produce i suoi effetti in modo permanente, non essendo
prevista alcuna forma di recupero negli anni successivi.
Osservazioni più specifiche, poi, possono proporsi in
riferimento alla violazione degli artt. 3, 36 comma I, 38
comma 2, e 53 della Costituzione, nonché del combinato
disposto degli artt. 3, 36 e 38 Cost., in quanto il "blocco"
della perequazione viola i principi di uguaglianza,
ragionevolezza e proporzionalità della prestazione
previdenziale e di conservazione del trattamento
pensionistico, nonché quello di universalità della
imposizione di cui all'art. 53 Cost. e di non
discriminazione ed uguaglianza ai fini dell'imposizione e di
parità del prelievo a parità del presupposto di imposta, di
cui al combinato disposto degli artt. 3,23 e 53 Cost.
In particolare, si assumono violati:
a) il principio di cui all'art. 38, comma 2, Cost., perché
la mancata rivalutazione impedisce la conservazione nel
tempo del valore della pensione, menomandone l'adeguatezza.
b) Il principio di cui all'art. 36, comma 1, Cost., poiché
la mancata rivalutazione viola il principio di
proporzionalità tra pensione (che costituisce il
prolungamento in pensione della retribuzione goduta in
costanza di lavoro) e retribuzione goduta durante l'attività
lavorativa;
c) Il principio derivante dal combinato disposto degli artt.
36, 38, 3 Cost., perché la mancata rivalutazione, violando
il principio di proporzionalità tra pensione e retribuzione
e quello di adeguatezza della prestazione previdenziale,
altera il principio di eguaglianza e ragionevolezza,
causando una irrazionale discriminazione in danno della
categoria dei pensionati;
d) Il principio di universalità dell'imposizione di cui
all'art. 53 Cost., nonché quello di non discriminazione ai
fini dell'imposizione, di ragionevolezza nell'esercizio del
potere di imposizione, nonché il principio della parità di
prelievo a parità di presupposto di imposta di cui al
combinato disposto degli art. 3, 23 e 53 Cost., perché,
indipendentemente dal nomen iuris utilizzato, la misura
adottata si configura quale prestazione patrimoniale di
natura sostanzialmente tributaria, in quanto doverosa, non
connessa all'esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le
parti (poiché lo Stato non ha alcun titolo a modificare i
trattamenti economici di cui non è parte), collegata
esclusivamente alla pubblica spesa in relazione ad un
presupposto economicamente rilevante (cfr. ex plurimis,
Corte Cost. nn. 223/2012, 141/2009,335/2008,334/2006,
73/2005).
In proposito va inoltre ricordato che, secondo la
giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. Corte Cost.
n. 223/2012), se "l'eccezionalità della situazione economica
che lo Stato deve affrontare è, infatti, suscettibile senza
dubbio di consentire al legislatore anche il ricorso a
strumenti eccezionali, nel difficile conflitto di
contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e
di garantire i servizi e la protezione di cui tutti i
cittadini necessitano. Tuttavia è compito dello Stato
garantire, anche in queste condizioni, il rispetto dei
principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, il
quale, certo, non è indifferente alla realtà economica e
finanziaria, ma con altrettanta certezza non può consentire
deroghe al principio di uguaglianza, sul quale è fondato
l'ordinamento costituzionale...".
Nel caso di specie, pure considerando la discrezionalità
legislativa in materia, la norma in questione viola il
principio della parità di prelievo a parità di presupposto
d'imposta economicamente rilevante, data l'imposizione di
misure (non più considerabili transitorie ed eccezionali)
incidenti in modo drastico sul trattamento pensionistico
solo di alcuni soggetti.
La questione di costituzionalità delle norme indicate appare
quindi rilevante poiché dalla relativa decisione dipende
l'accoglimento o il rigetto della domanda non manifestamente
infondata alla luce delle considerazioni suesposte.
P.Q.M.
Visti gli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente
infondata, per contrasto con gli articoli 3, 36 comma 1,38
comma 2, e 53 Cost., nonché con il combinato disposto degli
art 3, 36 e 38. Cost e combinato disposto degli artt. 2, 23,
53 Cost., la questione di legittimità costituzionale del
comma 25 dell'art. 24 del d.I, n. 201/2011, convertito con
modificazioni in legge n. 214/2011, nella parte in cui
prevede che "in considerazione della contingente situazione
finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti
pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo
34, comma I, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è
riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai
trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre
volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per
cento. Per le pensioni di importo superiore a tre volle il
trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite,
incrementato della quota di rivalutazione automatica
spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di
rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del
predetto limite maggiorato".
Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, con gli atti e con la prova delle
notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87 (ex art.. 1 e 2 del
regolamento della Corte costituzionale 16 marzo 1956), con
sospensione del giudizio per la fattispecie oggetto della
presente rimessione.
Manda alla cancelleria per ogni adempimento di competenza.
Cosi deciso in Palermo, li 6.11.2013
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