La Sicilia, terra benedetta da Dio.
Benedetta per tutte le piccole ma belle cose che la terra e il mare producono: l’aglio rosso di Nubia, il sale marino, il melone giallo di Paceco, il vino (e il Marsala in particolare, che però è un vino lavorato), l’olio e tanto altro, solo per parlare di quanto offrono le campagne della provincia di Trapani.
Per il momento vogliamo occuparci dell’aglio.
Nubia, una frazione del comune di Paceco situata tra il mare da un lato (di fronte alle isole Egadi) e le saline dall’altro, compresa e racchiusa nella Riserva Naturale Orientata delle Saline di Trapani e Paceco, un tempo era abitata prevalentemente da contadini e salinai. E la coltivazione primaria dei nubioti era appunto l’aglio, denominato aglio rosso di Nubia.
Negli ultimi decenni detta coltivazione è andata via via scemando a causa di molteplici fattori: esodo dall’agricoltura, minore redditività, contaminazione da altri tipi di aglio (figuratevi che mi hanno fatto vedere dei bulbi di aglio denominati rosso di Nubia ma che erano stati importati dalla Cina) cause che stavano portando all’annullamento dell’originalità dell’aglio di Nubia.
Di recente, alcuni produttori, spinti dal rispetto delle tradizioni e dal desiderio di veder conservata la tipicità del prodotto, hanno ripreso la coltivazione del bulbo.
Posizione climatica, pratiche culturali manuali e molta passione (solo quest’ultima riesce a ripagare le fatiche dei contadini) hanno permesso il ritorno alla genuinità del prodotto dall’aroma unico, costituito dal contenuto davvero alto dell’aglina, sostanza che dà il sapore all’aglio.
Così adesso Nubia è tornata a essere chiamata u paisi di l’agghi cioè il paese dell’aglio.
La semina va dalla seconda decade di dicembre alla fine di gennaio e, per annate piovose come quella attuale, anche febbraio.
A maturazione avvenuta la raccolta è eseguita la mattina presto o il tardo pomeriggio per non guastare, a causa del caldo, l’integrità delle foglie secche che servono per intrecciare i bulbi in reste che vanno dalle cento teste (bulbi) a 50 – 20 o anche 10, secondo le richieste. Da pochi anni sono state create delle nuove confezioni a forma di panierino contenenti 4 bulbi.
L’aglio rosso di Nubia ha un bulbo composto mediamente da dodici bulbilli; le tuniche esterne che coprono i bulbi sono bianche mentre quelle interne sono rosse (da cui appunto aglio rosso). Altra caratteristica particolare di questo bulbo è di avere un elevato contenuto di aglina che è la sostanza che da sapore e aroma al prodotto. Da un recente studio risulta che l’aglio di Nubia ha oltre il 70% di aglina in più rispetto ai prodotti di altre zone di coltivazione.
L’aglio rosso di Nubia è il condimento principe nella preparazione del pesto alla trapanese.
Un pasto semplice dei contadini di Paceco è l’agghia pistata: si pestano degli spicchi d’aglio e si mettono in una ciotola assieme a pomodoro tagliato a pezzetti, olio abbondante, sale, pepe e foglie di basilico. Si riempie la ciotola di acqua fresca e vi si mette il pane rappreso; una volta rimestato, ogni commensale prende la sua porzione di cibo e vi assicuro che nelle calde serate d’estate è un vero refrigerio. A Trapani questa ricetta è chiamata con altro nome,salamoreci, e varia unicamente nel fatto che l’aglio non viene pestato ma tagliato a fettine sottili.
Un altro prodotto trapanese ha sempre ricevuto considerevole attenzione per le sue proprietà atte soprattutto a dare sapore ai cibi: il sale.
Inglobate nella Riserva Naturale Orientata delle Saline di Trapani e Paceco - gestita dal WWF- le saline ci offrono un prodotto ancora artigianale.
Il sale marino artigianale si ottiene facendo evaporare l’acqua del mare in apposite vasche sistemate sulla costa; quindi per ottenere il sale servono soltanto l’acqua del mare, il sole di Sicilia e il vento.
La coltivazione è ancora praticata manualmente, cioè il sale viene rimosso dai salinai unicamente con un’attività manuale, trasportato nelle ceste sulla terra ferma e qui deposto a formare delle bianche piramidi che, con il calore del sole, diventano quasi rosa.
La differenza tra il sale artigianale e quello industriale è nella lavorazione primaria; il sale è conservato così come estratto dalle saline e quindi l’acqua che è introdotta nelle vasche deve essere necessariamente pulita, è fatta evaporare per tutta la stagione e quindi, estratto e depositato senza subire lavaggi ma soltanto una breve asciugature e una sgretolatura per rimpicciolire i granelli più grossi; quello industriale è invece lavato e raffinato.
Questo tipo di lavorazione porta obbligatoriamente a una diversità organolettica. Il sale artigianale, non lavorato conserva una maggiore quantità di minerali e quindi riesce a dare più sapore ai cibi, pur con quantità minore e, cosa di non secondaria importanza, contiene meno sodio.
L’umile granello di sale è utilissimo per la conservazione dei prodotti più tipici del comparto agroalimentare italiano e, prioritariamente nelle zone del trapanese, è utilizzato per salare i capperi di Pantelleria e preparare la salamoia per tutti i prodotti di tonnara (bottarga, cuore di tonno, lattume, etc.), dando migliori risultati rispetto al sale industriale in considerazione appunto del minor sodio contenuto e delle maggiori quantità di magnesio, potassio, calcio, ferro e iodio conservate

Peppe Russo - luglio 2010

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