La Cassazione sulle procedure collettive: Leo Marchetti ha inviato un interessante articolo comparso sul Sole 24 Ore del 16 dicembre 2010, che pubblichiamo per far cosa gradita a quanti fosse sfuggito

 

 

La Cassazione sulle procedure collettive

Meno formalismi nei licenziamenti

 

Con la sentenza del  1° dicembre (24343/2010) la Cassazione si è pronunciata sulla legittimità della procedura di licenziamento collettivo aperta da Intesa Sanpaolo nel 2003, che ha riguardato varie migliaia di dipendenti.  La Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali per i licenziamenti collettivi, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva (articolo 4, comma 3, della legge 223/91) deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale che restano sottratti al controllo giudiziale. Ne consegue che, qualora il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l'organico dell'intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l'azienda può limitarsi all'indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell'azienda, senza che occorra l'indicazione specifica degli uffici o reparti interessati dall'eccedenza.

 

Nel  pronunciarsi sulla legittimità della procedura di licenziamento collettivo, la Corte ha osservato in particolare che la procedura di riduzione del personale può essere aperta anche per comprimere il costo del lavoro attraverso una riduzione degli organici aziendali (anche di consistente entità) da mettere in atto a livello nazionale sull'intera realtà aziendale. In tal caso, osserva la Corte, non sussiste la necessità di indicare, nella lettera di avvio della procedura,  gli specifici profili professionali del personale in esubero e di quello abitualmente impiegato.

 

La sentenza costituisce un'assoluta novità in materia, trattandosi della prima pronuncia che ha esaminato sotto il profilo dell'articolo 4 della legge 223/91 la legittimità di una procedura di riduzione del personale esperita nel settore del credito alla luce del decreto ministeriale 158/2000. Principi analoghi erano già stati affermati da numerose Corti di appello (di Napoli 28 novembre 2007 e 5 maggio 2009; di Venezia 9 luglio 2007; di Palermo 12 febbraio 2008; di Genova 9 gennaio 2009; di Catania 29 maggio 2009). Vi erano tuttavia alcune Corti di appello di avviso contrario (Milano e Roma), nonché vari tribunali del Lavoro (Milano, Roma e Perugia) che avevano condiviso un'interpretazione più formalistica dell'articolo 4.

 

È quindi verosimile che i giudici del merito che fino ad ora si sono discostati dai principi accolti dalla Corte Suprema si adegueranno nei numerosi processi ancora in corso alla sentenza della Cassazione, che ha fatto chiarezza in materia. Con una motivazione ampia e articolata ha infatti accolto un'interpretazione della legge 223/91 che salvaguarda gli aspetti sostanziali ed essenziali della procedura,  evitando al contempo formalismi,  privi di una reale valenza ai fini di una corretta e trasparente informativa ai sindacati. La sentenza avrà anche sicuri riflessi sulle numerose altre analoghe procedure avviate nel settore del credito (e non solo) e tuttora al vaglio della magistratura del lavoro.

 

Va ricordato che la sentenza segue di pochi mesi un'altra significativa pronuncia, della Cassazione (n.20358 del 28 settembre 2010; si veda «Il Sole 24 Ore» del 29 settembre) che aveva rilevato come l'accesso al Fondo di solidarietà per il settore del credito da parte dei lavoratori licenziati nell'ambito di una procedura di riduzione di personale preclude l'impugnazione del licenziamento.
 

Cesare Pozzoli



 

 

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