Piazza Scala ha il Piacere di presentarvi un pezzo scritto nel 1961 da Arnaldo Rossi: ringraziamo Cesare Fasolato che ci ha inviato il numero del Notiziario

 

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Normalmente per calcio si intende quell'elemento chimico il cui simbolo è Ca. Il mio mancato suocero invece, alla parola diede ben altro significato il giorno in cui chiesi la mano della diletta figlia. Mi duole ancora l'osso sacro. I sudamericani pare che dal simbolo 'suddetto abbiano preso l'avvio per inventare il cha-cha-cha, con opportuna interpolazione, in quanto all'inizio dicevano

ca-ca. Un missionario fece capire che potevano sorgere equivoci ed allora nacque definitivamente il famoso ballo con la dizione moderna.
Dopo varie vicissitudini, vide la luce il giuoco del calcio, che gli inglesi, tanto per fare cosa diversa dagli altri, chiamarono football.
Per giocare al calcio occorrono 22 individui volonterosi che sappiano, bene o male, rincorrere e colpire un pallone. Il tutto sotto gli occhi vigili di un 23mo tizio, comunemente chiamato cornuto e venduto, il quale si diverte da matto per novanta minuti a dar fiato ad un sonoro fischietto.
Si dice pure che l'idea del gioco del calcio abbia antiche origini cinesi. Un feroce mandarino era solito decapitare tutte le persone a lui antipatiche e per scherno prendeva poi a calci le loro teste. Macabra abitudine ora abbandonata.
Anche i Romani giocavano al calcio, tanto è vero che nelle Università della Canzone si insegna a suon di valzer che « Alle terme di Caracalla i Romani giocavano a palla » e se questo lo facevano quei signori, maestri di tutto, dobbiamo ritenere che questo sport ha radici veramente vetuste e profonde.
Nel Medio Evo praticavano uno strano gioco con la palla, strano in quanto i contendenti, oltre ad essere corazzati, erano a cavallo e ne discendevano per ammazzare il portiere che non lasciava entrare il pallone in rete e che, essendo il più povero della squadra, doveva giocare appiedato.
Nell'Evo Moderno le cose sono cambiate e tutti possiamo rendercene conto.
Oggi come oggi si può dire che il gioco del calcio è antidemocratico per eccellenza. Infatti di 22 giocatori, solo due possono toccare il pallone con le mani, mentre quel signore vestito sempre di nero e con calzoni corti, anche se ha 48 anni, se vede in campo due palloni diventa furibondo. Ne vuole uno soltanto ed impone la sua legge, da solo contro la volontà di tutti gli altri.
Le moderne squadre sì compongono di un portiere che monta la guardia a tre pezzi di legno bianco, foderato di rete da pesca, come se qualcuno avesse mai tentato di portare via il tutto; di due altri giocatori che stanno davanti il suddetto portiere e che si chiamano terzini (meglio « duini », se sono due, no?).
Vi sono poi i mediani e gli attaccanti; questi giocatori pur essendo di destra, di centro e di sinistra, assai spesso vanno d'accordo. Il che è carino.
Nel moderno gioco del calcio vi sono varie tattiche secondo le quali, di volta in volta, il mediano, funge da terzino, il terzino da attaccante e questo ultimo da mediano, salvo qualche indisciplinato che fa il battitore libero.
Il linguaggio del gioco, poi, è stranissimo. Si arresta l'avversario senza essere poliziotti, si marca l'avversario senza ferrò rovente, si gioca in profondità senza maschere e pinne, si scende a rete senza usare scale, nè ascensori.
Il gioco del calcio diede l'avvio alle varie serie A - B - C ecc., inventò i giocatori stranieri che avevano avuto un bisnonno italiano, giocatori anagrafati come «oriundi» ossia pezzi rari, spesso non troppo, da pagarsi a suon di milioni; inventò una squadra chiamata « Genoa » che comincia il campionato mirando immancabilmente allo scudetto ed uno squadrone chiamato ibridamente
« Sampdoria » il quale comincia col vento in poppa, ingrana la presa diretta e poi imbrocca una serie infinita di paracarri.
Il tutto per agevolare i rispettivi sostenitori sofferenti di mal di fegato.
Ultimo pezzo veramente prezioso della collezione scaturita dal gioco del calcio è quel signore che spende un sacco di soldi all'anno per dire immancabilmente a fine partita: « Io, al campo, col cappero che ci ritorno! E' uno schifo »
E la domenica successiva è nuovamente sugli spalti a gridare come un ossesso.
Come il sottoscritto che è molto fiero di potersi definire


SPORTSMAN (Arnaldo Rossi)


 

 

 

 

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Piazza Scala - agosto 2011