In
occasione della festa della donna dell’otto marzo sono andato col pensiero
alle carissime colleghe della Comit, verso le quali ho sempre avuto
sentimenti di profondo rispetto e di autentica stima. Ho provato così a
mettere assieme i tasselli per capire in che misura il nostro Istituto,
all’avanguardia in tutti i campi rispetto ai competitors nazionali, avesse
saputo valorizzare il lavoro femminile nel corso dei decenni precedenti la
prematura scomparsa della grande Banca. Niente di scientifico, ovviamente,
ma solo pochi dati per fornire uno spunto di riflessione. Recuperata
l’ultima relazione di bilancio dell’anno 2000, ho rilevato innanzitutto che
al dicembre dell’anno prima si contavano (dati puntuali) 229 dirigenti,
7.553 funzionari e altro personale per un totale di 29.907 unità. Con poteri
delegati, aggiungo io e salvo errori, ne risultavano 3.147. Questi valori li
ho ricavati sui Libri Firme, prendendo le mosse da quello del 1999, l’ultimo
uscito. Ho estrapolato così i numeri che potessero aiutare a svolgere
qualche considerazione in merito, ricordando che - vista la fonte - la
pubblicazione citata registrava i movimenti decisi in genere circa un anno
prima. Qualche autorevole esponente del Servizio Personale del tempo, ove
ovviamente sapesse e volesse, potrebbe integrare il mio spunto dicendo
qualcosa di più sulle strategie perseguite dalla Banca e sulle motivazioni
delle scelte che la governance aveva compiuto anche prima del 1978, allorché
comparvero alla ribalta i nomi delle signore Edda Cucé e Adriana Rosso, cui
fu attribuito il grado di Procuratrici di Succursale presso la Direzione
Centrale. Senza dubbio altre gentili colleghe erano state già officiate in
precedenza da un’ambita
promozione, ma la loro valorizzazione non emergeva però da quella bibbia che
fu il leggendario Libro Firme, che testimoniava plasticamente il successo
conseguito nelle gerarchie ufficiali. Prima di allora erano salite di rango,
ai piani alti di Piazza Scala, signore di classe alle quali, ingenuamente,
si attribuiva un potere che derivava dalla loro vicinanza ai vertici della
“Commerciale”. Penso per esempio alla Signora Rimini, fedele confidente
dell’Amministratore Delegato Francesco Cingano, sempre abbronzatissima sulla
terrazza della piscina della Gardanella o ad altre segretarie dei nostri
megadirigenti. Ma erano pur sempre funzionarie senza firma; il potere di
sottoscrivere gli atti quotidiani era invece tutt’altra cosa, comprovava una
riconosciuta capacità tecnica e non solo di relazione. Quindi, gloria
imperitura a Edda e Adriana che, col loro esordio, segnarono un’autentica
svolta nella storia aziendale. Procediamo a ritroso, per capirne di più.
Prima della fusione perpetrata da Intesa, nello speciale catalogo del 1999
comparivano 173 esponenti del gentil sesso su circa 3.150 funzionari con
firma. Ergo, appena il 4,35%. Non proprio tanto, se si pensa alle reclamate
quote rosa venute di moda nel decennio successivo. Certo, riandando con la
memoria al 1978, balza all’occhio che le due apripista sui circa 2.860
elencati in quella occasione rappresentavano solo lo 0,7 per cento. Qualcosa
era successo, ma sempre poco rispetto ai meriti delle collaboratrici,
impegnate strenuamente al centro e in periferia a difesa dell’eccellenza del
marchio. Riportiamoci nuovamente agli ultimi giorni della Comit. Che
posizioni occupavano le 173 Colleghe? 66 erano in Direzione Centrale; tra
queste, due condirettrici, le signore Pellichero e Tozzi (alla fine del 1998
c’era pure una condirettrice “addetta”, la signora Carla Goldoni). Si
registravano poi undici vicedirettrici ai vari livelli e tante procuratrici.
Se aggiungiamo alla superiore direzione pure le undici appartenenti al
Gruppo Milano, capeggiate dalla notissima Silvana Gelati, ci si accorge che,
sull’argomento, la parte del leone la faceva la città ambrosiana con quasi
il 45% sul totale. Presso la rete di vendita, il personaggio di maggior
spicco era senz’altro Enza Signorelli che guidava il gruppo Siracusa,
seguita da Cecilia Pellegrini, condirettrice a Bari. Un gruppetto di
vicedirettrici, qualche giovane reggente di sportelli più piccoli e poi
basta. Torniamo di nuovo agli anni settanta. Dopo Cucé e Rosso, nel 1979
venne nominata procuratrice a Roma la signora Liliana Ficorilli, poi nel
1980 fu la volta di Adelaide Maglio a Torino, di Giulietta Giacalone a
Firenze e di Giuseppina De Mascellis a Napoli. Eccoli, gli equilibri
territoriali, quasi da manuale Cencelli: una volta gratificate le esponenti
della Direzione Centrale, le cinque “grandi” fecero sentire la loro voce,
reclamando un posto d’onore per le “ragazze” del luogo. Il cerchio andò
completandosi l’anno appresso con Silvana Gelati a sede Milano, Gabriella
Scavo a Roma e Maria Teresa Garrone a Genova. Nel 1981 Enza Signorelli,
menzionata più sopra, rompe il cerchio magico maschile ed è nominata
procuratrice a Siracusa. Seguiamo il percorso di questa valente amica,
perché concretamente fu l’unica a replicare, mettendosi severamente in
gioco, i comportamenti dei concorrenti, sicuramente più favoriti dai capi
dell’epoca. Nel 1984 la troviamo, infatti, già condirettrice reggente ad
Augusta; poi ne divenne direttrice. Si trasferì a Napoli nel 1987
come vicedirettrice e settorista; nel 1990 andò a Cosenza come
condirettrice, gruppo del quale assunse la direzione due anni appresso. Nel
1996 fu finalmente profeta in patria: ritornò a Siracusa alla testa del
gruppo. Cara Enza, ovunque tu sia, ti segua l’apprezzamento di chi scrive!
Dopo questo excursus, prendiamo nota che la Comit fece del suo meglio per
quanto attiene alle pari opportunità, ma non fu troppo generosa col mondo
rosa. Nemmeno però dobbiamo dimenticare quale fosse il clima del mondo del
lavoro nel periodo esaminato. Negli anni sessanta le donne non solo non
erano bene accolte nel sistema del credito, ma paludate nei loro grembiulini
neri o azzurri erano prese in considerazione esclusivamente per ruoli
subalterni. Solo verso la fine del XX secolo sembrò invece normale che una
“direttoressa” guidasse con mano ferma strutture pensate specialmente per
gli uomini. L’altra metà del cielo aveva ampiamente dimostrato che nessun
traguardo poteva più essere precluso; noi, che siamo stati buoni compagni di
strada, abbiamo avuto il privilegio di vedere le donne Comit in azione e
abbiamo potuto ammirarle per la loro tenacia, per la professionalità e per
l’altissimo senso del dovere.
Enzo Barone (Salerno)
N.d.R.: nel testo abbiamo inserito (dall'alto in basso) Edda Cucè, VD Direzione Centrale (Lucca), Enza Signorelli
D Gruppo Siracusa (Siracusa),
Emanuela Tagliabue D Gruppo Ivrea (Monza) e Pia Manni che si auto definisce
«La prima donna procuratrice in Comit» (Milano), fotografie rinvenute sul
web e nei nostri archivi.
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