DA PARTE DELL’A.I.E.M. - ASSOCIAZIONE ITALIANA MINATORI   

 

In un clima che, come ha detto La Presidente, Avv. Barbara Martinuzzo, si è presentato “un po‘ in sordina” rispetto agli altri anni, vuoi per l’attuale momento socio-politico che non depone certo a favore di prospettive di un certo ottimismo nemmeno nel medio termine, vuoi anche per tante altre serie motivazioni che hanno caratterizzato la stessa vita dell’associazione con le inevitabili e continue scomparse dei minatori che, a fine guerra, - non dimentichiamolo mai - hanno fatto crescere e risorgere il nostro Paese, è stata commemorata Santa Barbara.

L’incontro, malgrado la succitata atmosfera, sicuramente meno fastosa rispetto al passato, ha espresso tuttavia in maniera ancor più solenne e genuina degli anni scorsi quei sentimenti di amore, di riconoscenza e di fraternità nei confronti di un mondo che si sta – ahimè – allontanando dagli esempi che i nostri minatori, nonni, padri, parenti, a suo tempo ci hanno dato per un mondo migliore, spesso a spese della loro stessa vita.

Detti sentimenti erano palpabili e si trasmettevano in un contesto che non aveva bisogno di parole in quanto il solo incrociare lo sguardo l’un l’altro, stava a significare rispetto, memoria, comprensione e soprattutto amore. Non solo, andrebbe anche sottolineato che questa atmosfera, un po’ diversa, è riuscita a mettere in risalto la purezza e la genuinità diamantina del cuore delle persone presenti alla bellissima cerimonia. Anche il Parroco di Fratta, don Antonio Pianca, nella sua omelia, invero un po’ caratteristica per il tono che usciva dalle sue corde vocali, ha contribuito a dare una sferzata a tutti noi e, anche se l’ha detto espressamente in altri termini, il senso inequivocabile delle sue parole è stato pressappoco così ”....muoviamoci cretini ed indolenti che non siamo altro perché non sappiamo cogliere le parole di Cristo che si è speso per tutti noi....”.

Non è necessario riscrivere le tante cose che sono state dette in passato, quelle frasi che ormai fanno parte dei nostri tristi ricordi, come, tanto per citarne una per tutte : “scendo nella speranza di ritornar a giorno“ come dicevano – e ce lo hanno ripetuto proprio ieri Luigi Mandis, Emilio Zava, Giacobbe Dal Cin, Bonaldo Mario, Bruno Ibiz e Gacobbe Dal Cin, minatori ancora qui con noi - quando i “deportati del carbone” dovevano entrare nelle viscere della terra fino a 1000 metri sotto…provate solo ad immaginare (lo dico per stemperare un po’ la serietà della cerimonia) uno di noi che non fa la…TAC perché soffre di…claustrofobia o preferisce fare una decina di piani a piedi piuttosto che prendere l’ascensore....on sottacendo la visione dei volti dei minatori commossi al limite del pianto, come da foto sottostanti....Ad ogni buon conto, riporto un ottimo articolo di stampa, reso emotivamente più toccante anche dalla freschezza dell’interviste, con il quale il collega Sigfrido Cescut del Messagero Veneto, descrive con molta sensibilità i vari passaggi che hanno contraddistinto la vita di alcuni minatori, realtà più o meno in tema con quanto lo scrivente ha già raccontato a suo tempo nel giornale “Il Minatore”, con svariate sfumature. Articolo che, facendo mio per un’assoluta personale condivisione, desidero riportare in appresso, spero con il placet del predetto collega.
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“””Figlia di Arduino Martinuzzo che ha fondato l’Aiem (a lui Arduino è stato dedicato il Museo del minatore) Barbara Martinuzzo presiede l’associazione, accogliendo con un sorriso e una stretta di mano gli ex minatori arrivati alla festa di santa Barbara.
Con i ricordi di sofferenze e fatiche in fondo ai pozzi, ognuno ti parla di Arduino Martinuzzo, il “padre dei minatori” con la “possiera”, ideatore dell’Aiem, amico della deputata e ministro della Repubblica Tina Anselmi.
Scampato al disastro di Marcinelle (262 morti, l’8 agosto 1956) Arduino diventa leader dei minatori. «La lotta assieme ai lavoratori di miniera – aveva scritto di lui Tina Anselmi – e il riconoscimento da parte delle Istituzioni della silicosi e asbestosi quali malattie professionali, costituiranno una delle sue battaglie più impegnative. Una battaglia che riuscirà a vincere».
Luigi Mandis di Orsago premette di essere sempre stato «il braccio destro di Arduino Martinuzzo fino all’ultimo», prima in miniera, poi nelle tante iniziative dell’Aiem. I ricordi più brutti sono quelli in fondo al pozzo, come quando il terzo giorno di lavoro è rimasto ferito alla schiena o quando «mi hanno detto che avevo la silicosi, che non sarei guarito, e che se continuavo a lavorare in miniera avrei peggioratao la mia condizione». Lasciata la miniera Luigi Mandis arriva alla pensione emigrando prima in Svizzera poi in Germania, dove fino al 1975 lavora a Stoccarda per la Mercedes.
Anche Giacobbe Dal Cin è originario di Orsago e partecipa sempre alla festa di Santa Barbara. «Ho iniziato a lavorare in miniera al Boi du Luc – racconta – il 27 settembre 1955, avevo 28 anni. La galleria era alta da 60 centimetri a poco più di un metro. Lavoravo in ginocchio o disteso. Il momento più brutto? Quando mi hanno detto che avevo la silicosi. Alla fine di dicembre del 1958 con Luigi Mandis ho lasciato la miniera. Rientrato in Italia, dopo due anni sono emigrato in Svizzera a Zurigo in una fabbrica della Singer. Dal 1973 sono in pensione».
Bruno Ibic, di San Giovanni di Polcenigo, in poche parole accenna alla sua storia: «Dopo aver fatto il servizio militare trovavo solo lavori saltuari. Nel 1955 mi sono deciso a partire per laminiera, avevo 22 anni. Sono stato in fondo ai pozzi sia a Boi du Luc che a Marcilelle, al Boi du Cazier , la miniera del disastro. Mi è andata bene. Rientrato in Italia sono emigrato nuovamente in Germania, lavorando da metalmeccanico fino alla pensione “””


In chiusura, una sottolineatura particolare va fatta per la Banda di Cappella Maggiore diretta dal bravissimo Maestro Alberto Covre, per il Coro ANA di Gaiarine, diretto da una splendida Simonetta Mandis, figlia di Luigi Mandis, per il nutrito numero degli Alpini, per le autorità presenti rappresentanti dei Comuni di Sacile e Fiume Veneto, presenze che hanno accompagnato in via ufficiale la partecipata cerimonia.
Abbiamo vissuto così un momento davvero pieno che è riuscito a ravvivare ed alimentare, per il caso che ce ne fosse ancora il bisogno di ripeterlo, la gioia dello stare insieme, di guardarci in faccia e parlarci attraverso gli occhi, facendo leva su quel tesoro che il mondo dei minatori ci ha lasciato e dal quale dobbiamo ancora tanto e tanto attingere.
Ed infine, guai a dimenticarci di Arduino Martinuzzo, fondatore dell’Associazione e del Museo AIEM, e dei tanti che ci hanno lasciato e dei quali non è possibile citare il nome, uno per uno. Se oggi stiamo bene, a parte certe situazioni intollerabili che stiamo vivendo nel mondo, lo dobbiamo soprattutto a loro che, scendendo in miniera “per fame” sono poi “tornati a giorno” per dar da mangiare alle loro famiglie, ma anche per fornire a tutti noi, in questa nuova complessa realtà, quel successivo nutrimento di natura etico-sociale, più che alimentare, di cui l’uomo moderno, “affamato” più che mai, avrebbe urgente bisogno per ripristinare un minimo di concordia, di amore e di pace. Sentimenti tutti che, nel pericolo costante e minaccioso presente nelle viscere della terra, accomunava fraternamente tutti i minatori.

Memento homo !

Le foto che seguono, valgono più di ogni commento.

ARNALDO DE PORTI - dicembre 2015

 

 



 

 

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Piazza Scala - dicembre 2015