Non sono un sociologo, non desidero altro che comunicare un pensiero. Segnalare e constatare che per colpa di non si sa chi o derivante da che cosa, la nostra società è diventata pericolosa. Non per gli altri, anche per gli altri, ma soprattutto per noi stessi. Nell'aria si respira tensione, sgomento: non è più una semplice banalità notare che due persone percorrono in auto decine di chilometri senza parlarsi, senza un sorriso, senza far altro che guardare davanti a sè, salvo inveire contro chi sarebbe reo di un reato come aver preteso la precedenza, pur proveniente da destra. Si parte dal presupposto di avere ragione. Che tutti gli altri siano incivili, che i giovani sono dei bamboccioni e che gli anziani devono essere rispettati. Non desiderando appartenere alla categoria dei tuttologi, mi limito ad affermare che conosco ragazzi liceali che studiano con buoni risultati e che dedicano alcuni pomeriggi della settimana a lavorare presso negozi o altre attività commerciali e che sono educati, gentili, profondi nei pensieri che esprimono; si conoscono anziani che spingono i carrelli alla Città Mercato come se fossero armi improprie, sorpassano la fila, rispondono con maleducazione, sempre e comunque guardando il resto del mondo con l'espressione di chi ha solo dei diritti.

Inorridisco ai fatti di Garlasco, come di altre cittadine di provincia, dove l'insofferenza e lo scontro non è solo sociale o anagrafico, ma anche fisico per il possesso del territorio in senso fisico, per difendere l'amor proprio, per accapparrarsi un vantaggio, per una malvagità che non affonda le radici solo nella follia. E vittime sono  soprattutto donne. Come da sempre, più che mai. Dimenticando, qui in Italia, che solo un secolo fa, molte poverine venivano violentate dai padri, rinchiuse in manicomio. Pur di imporre la propria volontà, o accapparrarsi il denaro la parola dell'uomo maschio valeva più di quello di una donna; il delitto d'onore era punito con pochissimi anni di carcere, sovente l'imputato era assolto, ed oggi ci si scandalizza della situazione delle donne in Iran? Per fortuna che ci si scandalizza e si lotta come si può per loro, ma anche nel nostro Paese c'è ancora molto lavoro da compiere. Tra mille pregiudizi e tra migliaia di sepolcri imbiancati.  

I fatti oggi si conoscono perchè c'è la televisione, c'è anche la gara a giungere primi nel proporre la notizia, condita da conclusioni affrettate o da indagini personali che sarebbe  meglio lasciare agli specialisti; però sono indifferenti sciacalli tutti quelli che son passati vicino a Maricica agonizzante? No, sono indifferenti al dolore altrui: i più sono impauriti, non delinquenti e assassini della propria coscienza; sono solamente figli dei tempi che ci è toccato in sorte di vivere. Altri invece semplicemente sono coloro che come accadeva ai burocrati dei campi di sterminio nazisti, contano diligentemente la casse di sapone, le catalogano, ma non si chiedono da dove provenga tutto quel materiale.

Non si fanno domande. Sul luogo di lavoro, come in società diventa apprezzabile solo chi tace e obbedisce.

E di burocrati senz'anima son piene le famiglie, gli uffici, i santuari della finanza, come quelli dello spirito. Tra l'impotenza dei pochi che avrebbero ancora desiderio di scuotere le persone e provocare reazioni positive e la cattiveria ed il cinismo elevati da molti a valori moderni. Quanti sono coloro i quali si occupano del proprio particolare, dell'arricchimento materiale,  del sembrare,  anzichè essere.

Tutto è mutato troppo in fretta. Anche se le radici affondano nella notte dei tempi moderni. Nessuno si assume responsabilità: quanti personaggi occupano posizioni che dovrebbero essere lasciate ad  individui equilibrati e culturalmente preparati, ma anche dotati di sensibilità?

La stessa situazione delle bamboline russe che ha portato alla catastrofe finanziaria di questi anni bui, investe la gerarchia delle persone e delle loro anime. Alla fine resta sempre qualcuno con il cerino acceso in mano: ed è l'ultimo della fila. Il meno svelto, il meno fortunato, il meno furbo, il più ingenuo, spesso l'innocente. Sempre accade che a forza di togliere valori, l'anima si trovi perduta, abbandonata, priva di appigli culturali e di valori: quindi chi la possiede schiatta e reagisce con l'istinto dell'animale.

C'è chi parteggia per l'animale e chi continua a proporre prodotti di ogni genere a chi è già rimasto bruciato, infischiandosene. Tanto c'è l'impunità  o quasi ed all'inferno non ci crede più nessuno. O quasi. Ma anche il Paradiso ha perso dei punti.

Ecco quindi l'aggressione. Ivan con le cesoie che diventa un eroe; lo zio dagli occhi dolci che si assume probabilmente la paternità di un orrendo delitto che non ha commesso, per coprire altri famigliari; ecco spuntare il pugno che uccide, il furto con destrezza di identità che solo lontanamente appartengono alla razza umana e che fan si che chi è normale, si senta anormale e circondato da animali. Tutto delude. Tutto lascia che si continui a recitare sul proscenio, mentre cadono le quinte e crollano i muri del teatro. Anche la filosofia, per non parlare della politica. 

Vorrei vedere una luce in fondo a questo tunnel; a volte scorgo un riflesso e corro sperando che sia l'uscita poco lontana, per scoprire che si trattava solo di un lampione.

E mi vergogno di appartenere alla categoria di coloro i quali non sanno cosa fare per i bambini che muoiono di fame; per eliminare le guerre; per abbattere la cortina di ferro; sono triste e senza apparente speranza. Questa consapevolezza, lasciatemelo scrivere, mi fa ancora incazzare e se comincio a vacillare, riesco ancora a scandalizzarmi.

Basta leggere ciò che vien scritto da individui che si suppone siano ragionevoli sui fatti in cui trionfa la violenza: non c'è pudore, neppure nel rispettare i morti. Non c'è rispetto per sè stessi: forse è qui nella nostra coscienza il nocciolo del problema. Ci sono ancora i Maestri di vita che la formavano? E se non ci sono più, viventi, ci sono le loro opere.

Ma chi legge ancora i Maestri? Meglio correre con la macchina sul luogo in cui hanno ucciso Sarah, oppure accendere la TV e sprofondare nell'atarassia mediatica.

Si, questo non è più il mondo per cui hanno lavorato i miei genitori, per cui ho lavorato e lavoro anche  io. Voglio vivere, ma sento che gli sforzi possono essere inutili anche se piuttosto che morire così, è meglio morire combattendo. Un bacio a tutti coloro che soffrono, un abbraccio agli uomini di buona volontà.    

Maurizio Dania - 20 0ttobre 2010 

 

Segnala questa pagina ad un amico



 

Piazza Scala - ottobre 2010