Solitamente si usa commemorare i morti, siano essi eroi o semplici cittadini. Noi siciliani avevamo un tempo anche la ‘’festa’’ dei morti. C’era, cioè, un giorno dedicato a loro; e in quel giorno i più felici erano i bambini. La notte di ognissanti, i genitori erano soliti preparare un cannistru (cesto) piene di prelibatezze, frutta secca, regali vari – a seconda comunque delle possibilità economiche di ogni singola famiglia – e poi pupi di zuccaru e frutta di marturana. La mattina del due novembre i bambini si alzavano di buon’ora e andavano alla ricerca dei cannistri, che i genitori avevano provveduto a nascondere opportunamente (chiaramente ai più piccoli si faceva credere che fossero i parenti defunti a portare i regali durante la notte e a nasconderli) e ciò per creare maggiore attenzione e conseguentemente più soddisfazione nello scoprire i posti dove gli stessi vassoi erano stati nascosti. L’argomento mi riporta a un ricordo personale: Una mattina di un lontano due novembre anch’io sono andato alla ricerca del mio cannistru, l’ho trovato, ma il suo contenuto consisteva in una stoffa con la quale i miei genitori mi avrebbero fatto confezionare un cappotto. La mia delusione fu forte, ma adesso, ripensando che eravamo quasi alla fine degli anni 40, capisco che tale regalo sia stato molto più utile di un sacchetto di caramelle.
Ora non vedo più l’interesse dei bambini nei confronti della ‘festa’ dei morti (ma forse anche dei genitori); li vedo confabulare, ritagliare modelli, comprare cappelli dalle fogge strane: festeggiare cioè halloween, perdendo il sapore di una festa veramente genuina. Le zucche hanno preso il posto dei pupi di zucchero e della frutta martorana. Ma cosa sono i pupi e la martorana?
I pupi sono delle vere e proprie opere d’arte dei mastri pasticcieri siciliani. Si utilizza zucchero, pasta da pane già levitata, mandorle tritate e poi colori vegetali, quali il giallo dello zafferano, il rosso del pomodoro e altri prodotti simili. L’impasto viene immesso in appositi stampi e, non appena comincia a consolidarsi, lo stampo viene aperto e la statuetta di zucchero lavorata, ripulita dagli inevitabili spuntoni, rivestita di eventuali lustrini e infine colorata. Sembra che i maestri pasticcieri palermitani abbiano copiato da quelli veneziani che, in occasione di una cena offerta a Caterina dei Medici a Venezia, presentarono ai commensali delle splendide statuite di zucchero, zucchero che era stato portato per l’occasione da Palermo a Venezia.
I primi pupi prodotti raffiguravano principalmente i personaggi dell’opera dei pupi di Palermo; successivamente furono rappresentati i personaggi più svariati.
La frutta di martorana; perché questo nome? Intanto diciamo che è un composto di farina di mandorle, zucchero, albume d’uomo, cannella, abbondantemente manipolato, lasciato a consolidare per almeno ventiquattro ore e poi lavorato a forma di frutta, ma anche oggetti vari di uso comune, pitturati con colori vegetali.
Si racconta che nel XVI secolo, l’allora papa, durante una sua visita a Palermo, avesse intenzione di visitare anche la chiesa e l’annesso convento della Martorana, così chiamato dal nome della nobildonna palermitana che ne aveva ordinato la costruzione. Il convento aveva uno splendido giardino, ma gli alberi, considerato il periodo, erano spogli e non avrebbero potuto mostrare tutta la loro bellezza. Allora le monache decisero di preparare dei dolci fatti con farina di mandorle e zucchero a forma di arance, li colorarono e li appesero agli alberi a fare bella mostra di se. Da quel momento la tradizione diede il nome di frutta di martorana ai dolcetti così preparati.

Peppe Russo - novembre 2010
 

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Piazza Scala - novembre 2010