Era da tempo che mi ripromettevo, nel corso delle mie
consuetudinarie andate a Venezia, di andar a salutare il collega
Paolo Marigonda, al quale ero legato da cordiale e simpatica
amicizia sin dagli anni 60 quando la Direzione Centrale ci aveva
proposto di lasciare la Sede di Venezia per uno stage a Milano e
Torino, e quindi per un successivo trasferimento in Africa.
Di Paolo ne avevo già parlato alcune volte su questo nostro sito
trattandosi di persona che non si può certo dimenticare come uomo di
una simpatia incomparabile: tutti lo volevano perché sapeva, con il
suo modo di fare e di raccontare, tenere tutti in allegria. Anche
per questo, vorrei ricordarlo con alcuni aneddoti in parte già
pubblicati su PIAZZA SCALA, ai quali rimando chi legge, indicando
qui in appresso alcuni episodi significativi.
Vorrei raccontare come ho saputo di questa triste notizia, di cui sono dispiaciuto fortemente.
Di recente, dopo averlo promesso più volte, ho chiamato telefonicamente l’abitazione di Venezia di Paolo (dalla mia di Feltre) per dirgli che sarei andato a trovarlo. Mi risponde uno dei suoi quattro figli. Chiedo se mi può passare la mamma o Paolo. Risposta: “Purtroppo, mio papà, non c’è più da 6 mesi” Immaginate la sensazione che ho provato. Poi è venuta al telefono la moglie Cristina con la quale, fra reciproca commozione e dolore, ci siamo detti tante cose, interpretando, da parte mia, il pensiero di profonda tristezza di tutti colleghi della nostra ex Banca Commerciale Italiana che sicuramente, per chi l’ha conosciuto, non potranno essere diversi dai miei.
Voglio ricordare Paolo, partecipando al dolore della famiglia, con il suo stesso spirito, attraverso gli inserti seguenti:
..........Io, ed altro collega di Venezia, avevamo ricevuto l’incarico di leggere i giornali stranieri, non solo, ma dovevamo anche ritagliare le notizie di ordine economico per poi consegnarle ai vari esponenti della Direzione Centrale. Per cui, giornali a iosa, forbici, colle varie ed evidenziatori di tutti i colori, facevano parte del nostro rituale quotidiano.
Un giorno però successe una grana, e non di poco conto. Al predetto mio collega, Paolo Marigonda che, pure lui come me, ritagliava in continuazione giornali inglesi e tedeschi, gli fu rimproverato di aver ritagliato dei pezzi di un giornale tedesco che nulla avevano a che fare con l’economia, ma con il sesso. Successe infatti che un Direttore Centrale gli domandasse: “ Ma lei, sa cosa ritaglia, conosce la lingua tedesca “?
Risposta, timida, spaventata, ma onesta : “ No…io non so neanche una parola di tedesco, io conosco bene l’inglese, mentre è De Porti che conosce il tedesco….”
In pratica per alcuni mesi Marigonda ritagliava giornali tedeschi senza conoscere una parola di tedesco, mentre io facevo altrettanto con i giornali inglesi, senza conoscere bene l’inglese… Ma quelli erano stati gli ordini di scuderia.
.............A missione compiuta, egli riprende il lavoro nella sua scrivania, firmando lettere, autorizzazioni a sconfinamenti e quant’altro, immagino anche pensando al vino “Cabernet” che, depositato in un otre di plastica all’interno del baule della sua macchina, parcheggiata proprio davanti la banca, e pensando anche – immagino io - alle formalità che di lì a poco avrebbe dovuto espletare in aeroporto per volare verso Londra, nonché sul come scaricare il prezioso liquido per sorseggiarlo, la sera stessa, a Londra, con la fidanzata e suoceri.
Ebbene, all’atto dello scarico del prezioso liquido dal baule della macchina, che succede ?
Succede che l’otre, scaricato sul marciapiede antistante l’ingresso della banca, si fori un pochino, ma quel tanto che basta per sgocciolare un po’ alla volta fino a colorare di rosso tutto il marciapiede. Ed il vino si sa, produce lo stesso effetto del…sangue: basta infatti una goccia per imbrattare tutto.
Dopo vari tentativi di chiudere il foro con pezzi di spago o altro, alla stessa stregua di quando si fanno, per motivi diversi, le suture in.. astanteria dell’ospedale, egli è riuscito a bloccare l’emorragia da…vino.
Arnaldo De Porti , novembre 2011
|
|