L’ultima riunione del Consiglio dei Ministri si è svolta in una villa ad
Arcore, di proprietà di un “tycoon” come ama definirsi lui stesso, alla
presenza di ben due ministri, il Presidente e il suo aitante vice, capo del
partito alleato, dato che gli altri membri erano tutti impegnati nei loro
uffici a trovare per il loro capo una “quadra” (parola nuova coniata in una
delle frequenti riunioni a due, a tre, a dieci, parola fortunata, ormai
sposata anche dai più seri commentatori televisivi) a marchingegni contabili
il meno dolorosi possibile, atti ad
accontentare un po’ tutti, Bruxelles, i mercati, le varie fazioni ormai
esistenti nel partito di maggioranza relativa, nella stessa Lega, tutti meno
che i cittadini italiani, ansiosi di non vedersi spolpare i già magri
introiti. Accontentare tuttavia, o almeno non scontentare soprattutto i
propri elettori, i gruppi sociali da sempre legati, per ovvi interessi, alla
maggioranza stessa.
Il Consiglio ristretto di Arcore e quasi tutti i numerosi precedenti,
svoltisi qua e la ma di preferenza nell’ombra discreta dei muri domestici,
nelle sale da pranzo, in assenza, una volta tanto, delle graziose ragazze
assidue della casa di turno, hanno partorito, dobbiamo riconoscerlo,
numerose misure di risanamento, fantasiose manovre e varianti delle stesse,
lodevolmente emendate, con ammirevole tempismo, dopo le proteste dei ceti
toccati da provvedimenti non del tutto graditi, nel rumoroso sollievo di
altre categorie che il giorno prima sembravano minacciate.
Intanto, Bruxelles, Francoforte, Berlino, Parigi pestavano un po’ il piede
con una certa impazienza, anche perché la Banca Centrale Europea stava
intervenendo con grande riluttanza a comprare i titoli di stato italiani e
spagnoli per evitare o almeno contrastare i minacciosi attacchi dei mercati,
sempre in agguato dietro l’angolo.
Riduzioni di stipendio ai dipendenti pubblici, categoria un po’ malvista
dalla generalità dei cittadini ma sostanzialmente malpagata ed oggi
contagiata da un crescente precariato. Attacco, poi rientrato dopo poche
ore, alle anzianità di laurea e del servizio militare, contributo di
solidarietà dei grandi contribuenti, rientrato anche questo, salvo che per
gli statali, imposta patrimoniale orribile per le varie caste, ma per il
momento accantonata, spese per i ministeri ben difficili da tagliare,
trasferimenti agli enti locali contrastati energicamente dagli
amministratori, anche da quelli di destra e in parte ripristinati dopo le
marce delle sciarpe tricolori, ticket sanitari, considerati odiosi da molte
parti, lotta all’evasione fiscale, per ora solo verbale, asso nella manica
tremontiana (dice il nostro Ministro dell’Economia) per coprire i buchi nel
raggiungimento del fatidico pareggio di bilancio nel 2013, impostoci dai
nostri partner europei, rinvio alle calende greche dell’abolizione di enti
territoriali come le province, le prefetture e altri uffici decentrati dello
stato, rinvio a una futura legge costituzionale del dimezzamento dei
parlamentari e blanda, quasi simbolica riduzione dei relativi appannaggi,
scampato pericolo, per il momento e dopo una serie di pantomine, per quanto
riguarda l’aumento dell’IVA. Rientrato anche, per il momento, anche il
trasferimento alla domenica di tre feste nazionali, dopo le proteste degli
albergatori e dei vacanzieri.
Dei 1900 miliardi del debito pubblico si parla poco. Non sembra che dei 45
miliardi (per ora teorici) della manovra, vi siano poste di una certa
consistenza dedicate alla sua riduzione. Eppure, è lì che i nostri partner
dell’Euro insistono di più, preoccupati giustamente per il contagio e per
gli effetti sulla moneta unica. Il pareggio del bilancio nel 2013, ora messo
in dubbio, del resto, dalle ultime modifiche alla manovra, è solo uno dei
passi necessari e la riduzione del debito non sarà possibile ottenerla con
la crescita, come si affermava qualche giorno fa, prevista purtroppo vicina
allo zero.
Ora anche gli economisti e quasi tutti i maggiori operatori di tutto il
mondo riuniti a Cernobbio per il Forum Ambrosetti, predicano in coro contro
la manovra, ma soprattutto contro l’atteggiamento ondivago, incerto,
irresponsabile del nostro governo in tema di economia, quando sarebbe
indispensabile un decisionismo rapido e incisivo. Altroché atteggiamento
criminale dell’opposizione, anche troppo disarmata, e della stampa. I
mercati sembrano proprio dire agli italiani: ma in quali mani vi sete messi?
Giacomo Morandi - agosto 2011