La manovra d'estate vista da Giacomo Morandi

 

L’ultima riunione del Consiglio dei Ministri si è svolta in una villa ad Arcore, di proprietà di un “tycoon” come ama definirsi lui stesso, alla presenza di ben due ministri, il Presidente e il suo aitante vice, capo del partito alleato, dato che gli altri membri erano tutti impegnati nei loro uffici a trovare per il loro capo una “quadra” (parola nuova coniata in una delle frequenti riunioni a due, a tre, a dieci, parola fortunata, ormai sposata anche dai più seri commentatori televisivi) a marchingegni contabili il meno dolorosi possibile, atti ad accontentare un po’ tutti, Bruxelles, i mercati, le varie fazioni ormai esistenti nel partito di maggioranza relativa, nella stessa Lega, tutti meno che i cittadini italiani, ansiosi di non vedersi spolpare i già magri introiti. Accontentare tuttavia, o almeno non scontentare soprattutto i propri elettori, i gruppi sociali da sempre legati, per ovvi interessi, alla maggioranza stessa.
Il Consiglio ristretto di Arcore e quasi tutti i numerosi precedenti, svoltisi qua e la ma di preferenza nell’ombra discreta dei muri domestici, nelle sale da pranzo, in assenza, una volta tanto, delle graziose ragazze assidue della casa di turno, hanno partorito, dobbiamo riconoscerlo, numerose misure di risanamento, fantasiose manovre e varianti delle stesse, lodevolmente emendate, con ammirevole tempismo, dopo le proteste dei ceti toccati da provvedimenti non del tutto graditi, nel rumoroso sollievo di altre categorie che il giorno prima sembravano minacciate.
Intanto, Bruxelles, Francoforte, Berlino, Parigi pestavano un po’ il piede con una certa impazienza, anche perché la Banca Centrale Europea stava intervenendo con grande riluttanza a comprare i titoli di stato italiani e spagnoli per evitare o almeno contrastare i minacciosi attacchi dei mercati, sempre in agguato dietro l’angolo.
Riduzioni di stipendio ai dipendenti pubblici, categoria un po’ malvista dalla generalità dei cittadini ma sostanzialmente malpagata ed oggi contagiata da un crescente precariato. Attacco, poi rientrato dopo poche ore, alle anzianità di laurea e del servizio militare, contributo di solidarietà dei grandi contribuenti, rientrato anche questo, salvo che per gli statali, imposta patrimoniale orribile per le varie caste, ma per il momento accantonata, spese per i ministeri ben difficili da tagliare, trasferimenti agli enti locali contrastati energicamente dagli amministratori, anche da quelli di destra e in parte ripristinati dopo le marce delle sciarpe tricolori, ticket sanitari, considerati odiosi da molte parti, lotta all’evasione fiscale, per ora solo verbale, asso nella manica tremontiana (dice il nostro Ministro dell’Economia) per coprire i buchi nel raggiungimento del fatidico pareggio di bilancio nel 2013, impostoci dai nostri partner europei, rinvio alle calende greche dell’abolizione di enti territoriali come le province, le prefetture e altri uffici decentrati dello stato, rinvio a una futura legge costituzionale del dimezzamento dei parlamentari e blanda, quasi simbolica riduzione dei relativi appannaggi, scampato pericolo, per il momento e dopo una serie di pantomine, per quanto riguarda l’aumento dell’IVA. Rientrato anche, per il momento, anche il trasferimento alla domenica di tre feste nazionali, dopo le proteste degli albergatori e dei vacanzieri.
Dei 1900 miliardi del debito pubblico si parla poco. Non sembra che dei 45 miliardi (per ora teorici) della manovra, vi siano poste di una certa consistenza dedicate alla sua riduzione. Eppure, è lì che i nostri partner dell’Euro insistono di più, preoccupati giustamente per il contagio e per gli effetti sulla moneta unica. Il pareggio del bilancio nel 2013, ora messo in dubbio, del resto, dalle ultime modifiche alla manovra, è solo uno dei passi necessari e la riduzione del debito non sarà possibile ottenerla con la crescita, come si affermava qualche giorno fa, prevista purtroppo vicina allo zero.
Ora anche gli economisti e quasi tutti i maggiori operatori di tutto il mondo riuniti a Cernobbio per il Forum Ambrosetti, predicano in coro contro la manovra, ma soprattutto contro l’atteggiamento ondivago, incerto, irresponsabile del nostro governo in tema di economia, quando sarebbe indispensabile un decisionismo rapido e incisivo. Altroché atteggiamento criminale dell’opposizione, anche troppo disarmata, e della stampa. I mercati sembrano proprio dire agli italiani: ma in quali mani vi sete messi?

Giacomo Morandi - agosto 2011
 

 

 

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