Lorenzo Milanesi: Montaigne - Della saggezza
     In appendice Montaigne e le donne    
     Rubbettino Editore    

 

Il grande precedente
Ebbe un felice intuito l'editore americano Longmans, Green & Co. quando, nel 1938, incaricò André Gide di apprestare per i lettori di quel grande Paese una raccolta di testi rappresentativi dei Saggi di Montaigne.
Gide la preparò, facendola precedere da una dotta e penetrante introduzione, e il libro apparve negli Stati Uniti l'anno successivo con il titolo: The Living Thoughts of Montaigne presented by André Gide.
Fu un successo che spalancò la porta alla sterminata letteratura sul grande pensatore, che da lì in poi si propagò in tutti gli States.
Il libro fu stampato in Italia nel 1992 da Adelphi, lo stesso che nel 1966 aveva pubblicato i Saggi tradotti impeccabilmente da Fausta Garavini.
L'intento dell'editore americano era sì quello di far conoscere Montaigne al grande pubblico, ma anche di stimolare la lettura dei Saggi nella loro completezza.
Che, come si leggerà più avanti, è il nostro medesimo intento.

 

 

Il profilo biografico
Michel Eyquem, signore di Montaigne, nasce nell'omonimo castello, nel Pèrigord, non lontano da Bordeaux, in Francia, il 28 febbraio 1533.
Il padre sperimenta su di lui un metodo pedagogico appreso in Italia: il precettore tedesco, un medico di nome Horstanus, i genitori stessi, gli amici e la servitù debbono comunicare con Michel esclusivamente in latino.
A sei anni entra in un collegio di Bordeaux e finalmente impara anche il francese.
Uscito di collegio a tredici anni, viene avviato agli studi di giurisprudenza a Tolosa (e probabilmente anche a Bordeaux) e perfeziona la sua educazione di gentiluomo forse a Parigi.
A ventun anni comincia a ricoprire cariche pubbliche fino a diventare, successivamente, prima membro del Parlamento di Bordeaux e poi, nel 1581, Sindaco di quella città per due tornate.
Sposa nel 1565 Francoise de la Chasseigne, figlia di un suo collega al Parlamento.
Nel 1571, dopo la morte del padre avvenuta qualche anno prima, Montaigne si ritira - a 38 anni - nel suo castello per leggere, meditare e scrivere l'unico suo libro, i Saggi, che viene stampato nel 1580.
Dal 1580 (giugno) al 1581 (novembre) intraprende un viaggio che lo porterà in Germania, Svizzera e Italia. Qui si trattiene, fra le altre località, anche a Bagni di Lucca per curarsi del mal della pietra [calcolosi renale] da cui è afflitto da tempo (1).
Nel 1582 è stampata la seconda edizione dei Saggi con aggiunte e correzioni dell'autore. Nel 1587 esce la terza edizione e nel 1588, con l'aggiunta di una terza parte, alla quale Montaigne attendeva da oltre due anni, vede la luce la quarta edizione con numerose aggiunte.
Su un esemplare di quest'ultima edizione Montaigne lavora per apportare correzioni e ulteriori aggiunte, in vista di una quinta ristampa, quando la morte lo coglie, a 59 anni, il 13 settembre 1592.
Oltre ai Saggi e al journal, Montaigne lascia soltanto la traduzione, voluta da suo padre, della Teologia naturale del teologo spagnolo Raymond Sebond.

(1)
Frutto di questo viaggio è il suo Journal de voyage. Egli lo scrive ma non lo pubblica. Lo rinviene, 178 anni dopo la sua morte - nel 1770 - nella soffitta del castello di Montaigne, un canonico, certo Prunis, al quale non è riconosciuto altro merito che quello della scoperta. La stampa difatti verrà affidata qualche anno dopo a Meusnier de Querlon.

 

Dall'Appendice - Montaigne e le donne
L'atteggiamento di Montaigne nei riguardi delle donne ricalca, grosso modo, quello dei suoi autori preferiti, greci e latini, pur con qualche ovvio scostamento dovuto alla diversa collocazione temporale.
In estrema sintesi, si possono intravedere, anche a motivo delle mutate condizioni sociali, tre diverse modalità di approccio con l'universo femminile.
La prima è quella verso le donne di rango elevato.
Montaigne viene da un'agiata famiglia della ricca provincia bordolese.
Giovanissimo, è introdotto negli affari pubblici e di Stato e ha frequentazioni con personaggi appartenenti alla cerchia dei dignitari di corte, agli alti gradi della burocrazia e dell'esercito.
Pur impregnato delle antiche dottrine filosofiche e, in modo del tutto preponderante, degli insegnamenti morali di Seneca, Plutarco, Lucrezio e altri grandi del passato, Montaigne mai si lascia tentare da una pur lieve osservazione critica (difetti caratteriali, limiti culturali o d'istruzione, comportamenti biasimevoli, che pure vi saranno stati) nei riguardi delle donne appartenenti alla sfera delle persone di ceto elevato.
Si direbbe che egli, pur convinto talvolta del contrario, faccia prevalere le doti del diplomatico, per non dire del cortigiano, e, di volta in volta, si "mantenga nel tema" del singolo capitolo, evitando sconfinamenti compromettenti.
Accade così con la signora Diane de Foix, contessa di Gurson, alla quale dedica il cap. 26 del L. I sull'educazione dei fanciulli.
La stessa cosa si ripete con la signora de Gramont, contessa de Guissen, alla quale dedica il cap. 29 del L. I sui ventinove sonetti dell'amico de La Boètie.
Stesso comportamento con la signora d'Estissac (il cui figlio Charles accompagnerà Montaigne nel viaggio in Italia) della quale scrive nel L. II al cap. 7 dove tratta dell'affetto dei padri per i figli.
Ugualmente fa con la signora Marguerite d'Aure de Gramont, vedova di Jean de Durfort, signore di Duras, alla quale indirizza una lettera, all'interno del cap. 37 del L. II, in cui scrive della rassomiglianza dei figli ai padri.
In questo modo defilato e asettico, Montaigne - dalla conquistata posizione di contiguità con i vertici dello Stato - rimane (o crede di rimanere) in pace con la propria coscienza, a tutto scapito, tuttavia, della coerenza e della trasparenza che fanno parte del suo pregiato repertorio. Dunque il giudizio di Montaigne verso questa importante componente della società non è, come sembra, del tutto imparziale.
Altra cosa, invece, è il suo atteggiamento nei riguardi dell'altra parte dell'universo femminile.
Occorre distinguere qui fra le donne che gli stanno attorno e tutte le altre.
Fra le prime ci sono la moglie Francoise de la Chassaigne, la figlia (della quale, peraltro, Montaigne non indica il nome, Lèonor) e la "figlia spirituale" Marie de Gourney Le Jars "... amata molto più che di affetto paterno..." come egli stesso scrive.
Se per quest'ultima Montaigne trova accenti elevati ("...inclusa nelle mie meditazioni e nella mia solitudine come una delle parti migliori del mio essere. Non apprezzo più che lei al mondo..."), per le altre, quelle di famiglia, usa un linguaggio dimesso, soltanto doveroso, ai limiti del compassionevole, certamente distaccato.
Nulla di sorprendente se si pensa che, nell'imponente mole dei Saggi e nella straordinaria eterogeneità di argomenti e personaggi ivi presenti, Montaigne non ha ritenuto di dedicare una sola parola né a sua madre Antoinette Le Louppes, né alle sue cinque figlie morte in tenera età.
Si sa, d'altra parte, che Montaigne offrì, interamente ricambiato, i tesori dell'amicizia e della passione al suo amico Etienne de La Boètie, tanto che c'è chi parla addirittura di un rapporto omosessuale. E si dice anche che si deve a questi, per buona parte, se furono scritti i Saggi.
Quanto al restante mondo femminile, quello certamente più numeroso, Montaigne lo guarda con l'occhio severo del filosofo e lo giudica col metro di un moralismo a volte pragmatico, a volte nostalgico di un mondo tramontato da oltre un millennio.
Ma anche con la lente di una fervida religiosità, lontana dal bigottismo, sottoposta a prove tremende per lungo volgere di anni, nel corso dei quali si consumano le sanguinosissime guerre di religione del XVI secolo.
A queste donne, ecco, Montaigne, completamente libero da condizionamenti, dice in chiare lettere come la pensa.
Per cogliere nella sua interezza l'essenza del pensiero di Montaigne sono stati raggruppati in singoli paragrafi i temi riguardanti lo stesso argomento.
L'operazione non ha nulla di arbitrario o dissacratorio; tenta soltanto di dare organicità e, in qualche caso, mostrare le contraddizioni, a una materia che - per l'impostazione "disordinata" dei Saggi resta disseminata su un territorio vastissimo.
Del resto il frequente ricorso alla riproduzione integrale delle parti del testo di Montaigne preserva il lavoro da questo rischio.
Va da sé, infine, che nessuno può esprimere giudizi pertinenti su quanto il grande pensatore scrive in merito alle donne, senza considerare le fonti della sua vastissima formazione culturale e senza collocarsi col pensiero e col metro ai tempi suoi.
L.M.



Due brani tratti da Montaigne - Della saggezza.
Potete acquistare l'intero libro sul sito RUBBETTINO EDITORE

 

 

 

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Piazza Scala - novembre 2010