la guerra vista dai bambini   

 

 

Ce ne sono ancora tanti (per fortuna !) che, come me, hanno vissuto gli ultimi sprazzi del secondo conflitto mondiale e che, malgrado la tenera età di allora, ricordano alcuni eventi come se fossero accaduti dieci minuti fa…

Bombardamenti, allarmi, rifugi, tedeschi, partigiani, morti, feriti erano allora gli ingredienti che caratterizzavano le nostre giornate all’insegna della paura, dei rastrellamenti, della fame e quant’altro. Sarebbe davvero un’impresa ciclopica far recepire ai nostri figli in quali condizioni eravamo costretti a “sopravvivere” andando a prendere il pane razionato contro presentazione delle tessere annonarie….che, per chi non lo sa, erano dei documenti dai quali gli addetti del fascismo staccavano dei bollini che davano il diritto di avere  uno-due-tre  panini fatti con la farina nera…(allora non c’era il pane raffinato di oggi), e ciò,  in quantità pari ai bollini che venivano staccati.  ecc.ecc. 

Ricordo poi,  passando dall’aspetto alimentare a quello del vestiario, che quando feci la prima comunione, mia madre confezionò un vestitino bianco (non certamente di pura lana) e mi mise delle scarpette di…gomma, dando loro  il colore bianco alla parte esterna che faceva parte della suola…in modo che non stonassero con il vestito… allora anche le scarpe difettavano, ma ancor di più difettavano le possibilità di acquistarle anche a mercato nero…come succedeva per lo zucchero, l’olio e tante altre cose.

Amarcord  risalente al periodo della guerra questo che, al di là del conflitto, ci accomunava tutti come fratelli, vuoi per la paura, ma vuoi anche per il bisogno in senso stretto: si faceva insomma vera comunità. 

 

Verrebbe da dire che si stava meglio quando si stava peggio, ovviamente solo per certi aspetti che non erano e non dovrebbero essere neppure oggi di tipo marginale.

 

Ho fatto velocemente, di brutto direi, questa premessa perché, in questi giorni, mi hanno regalato un libro, scritto da  Mons. Giuseppe Boschet di Seren del Grappa, deceduto qualche anno fa, presule che esercitava la sua missione in un posto che ricorda la grande guerra. In questo libro sono stati stampati vari  “componimenti”  (una volta si chiamavano così, o cronaca o diario) fatti dai bambini di allora, quando la guerra ci distruggeva tutti.

Ciò che mi ha colpito in questi componimenti, non è tanto il racconto in se stesso che pure io, in qualche modo, seppur in luogo diverso,  ho vissuto, ma il modo sincero, schietto, genuino con cui questi bambini delle scuole elementari sapevano tradurre i sentimenti, lasciatemelo dire, in maniera molto più efficace di qualsiasi giornalista di oggi.

 

Proprio per questo, mi propongo di stampare qualche lettera di questi bambini, magari a più riprese, perché sono certo che la lettura di questi componimenti esprime, in maniera magistrale, una sorta di forte reviviscenza  del sentimento di allora, aspetto che, almeno per quanto ho avuto modo di constatare io, lo sapeva fare molto bene, però… da grande,   Dino Buzzati, sia pur per contesti diversi..

Nota curiosa.

Al di là della tragicità delle situazioni raccontate dai bambini, ma soprattutto delle gravi sofferenze e morti che hanno contraddistinto il periodo in questione,  dalla scrittura  di questi bambini si innesca, automatica ed istantanea, anche una tanta  voglia di ridere su come i fatti sono stati descritti, esattamente. come lo testimoniano questi due primi “componimenti”  autentici, che allego qui sotto, riservandomi di pubblicarne altri in seguito. Ritengo che, malgrado ci sia qualche difficoltà nella lettura ed il dialetto locale che pure lui gioca la sua parte, , valga davvero la pena di sforzarci per capire…

 

Eccoli (clicca sulle immagini sottostanti per leggere i componimenti):

Mi pare che tutto sia più che eloquente e significativo.

 

Alla prossima..

 

ARNALDO DE PORTI - febbraio 2012

 


                                                        

 

 

 

 

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