Ho lasciato “decantare” per
diversi giorni le considerazioni scaturite dopo
la lettura del comunicato n. 4 del 1° marzo 2012
attraverso il quale per e-mail mi è stato
notificato che è indetta l’Assemblea
Straordinaria dei Soci per il prossimo 26 marzo
2012 con un Ordine del Giorno che vede inserito
al punto 4. “Votazione”.
Intanto mi domando se i soci
ANPECOMIT non collegati a Internet e, quindi,
non raggiungibili per e-mail sono stati
informati e in che modo.
Nell’attuale momento contingente
di tensioni varie tra gruppi di associati e di
palesi contestazioni sul recente modus operandi
dell’Associazione, la votazione per la
rielezione completa di tutti gli Organi Sociali
non può essere demandata a un’Assemblea
“puramente e semplicemente” anche se previsto
dallo Statuto.
Qual è la necessità di
abbandonare il sistema tradizionale ultra
democratico, universale e garantista del voto
per corrispondenza come sinora è stato fatto?
Mi chiedo quale valenza potrà
avere una votazione che sicuramente sarà
limitata a un numero irrilevante di
partecipanti: ergo, se già in occasione delle
Assemblee ordinarie tenutesi nelle varie città
italiane negli anni precedenti la
partecipazione, pur in presenza a corollario di
soggiorni culturali e turistici allettanti, è
stata via via piuttosto trascurabile , come si
può immaginare ora che un socio ANPECOMIT, pur
animato da buona volontà, si sobbarchi un
viaggio sino a Roma (pensiamo a quant’è lunga
l’Italia che va dalla Sicilia, alla Lombardia,
al Veneto ecc.) per un incontro di qualche ora
per dibattere sui punti 1. 2. e 3. anche se di
contenuto assai delicato.
Ma ci si è chiesto quanto possa
essere la spesa media pro-capite per partecipare
a questa Assemblea per esprimere un voto? Fra
viaggio A/R, almeno un pernottamento (o in
arrivo o in partenza), una frugale cena o
colazione, quanto verrebbe a costare a ciascuno
di noi? «Cui prodest?» si chiederà qualcuno: a
nessuno oserei dire, in quanto tutto questo
ambaradan è frutto di logiche di potere che non
mi va di condividere; questa convocazione con
votazione finale per la rielezione degli Organi
Sociali aiuta solo i fini ultimi e gli interessi
che questa decisione nasconde, al di là degli
alti ideali che sembra proporsi e garantire.
Per una corretta operazione di
trasparenza si dovevano chiamare alle urne tutti
i soci attraverso il voto per corrispondenza:
non posso accettare che l’elezione degli Organi
Direttivi e di Controllo di un’Associazione alla
quale ho aderito sin dal primo momento, pur
manifestando qualche perplessità (che ahimè! ora
trova conferma), resti nelle mani di un piccolo
gruppo che si presenterà il 26 marzo p.v. per
eleggere i nostri rappresentanti tra una rosa di
candidati che non è stata neppure resa nota.
Oppure sono i soliti noti?
Cioè, ammesso che mi punga pure
vaghezza di partecipare all’Assemblea del 26
marzo, dovrei decidere di affrontare una
trasferta sino a Roma sapendo solo se devo o
meno votare delle sanzioni contro dei presunti
reprobi e non conoscere preventivamente quali
sono i candidati in lista per il rinnovo degli
Organi Sociali. Ma stiamo scherzando?
Non ci sto! Ho un concetto
diverso di democrazia e non saranno certo le
conclamate verbalizzazioni notarili o la
fonoregistrazione degli interventi che si
terranno a farmi cambiare idea.
TUTTI i soci hanno diritto a
esprimere il proprio voto
e si può farlo solo utilizzando il metodo della
consultazione per corrispondenza atteso che non
esiste un concentramento maggioritario di soci
da far ipotizzare una partecipazione di massa
all’Assemblea, ma una platea di associati
frazionatamente sparsa su tutto il territorio
nazionale. Non è pensabile che 2/3 mila persone
prendano armi e bagagli e si trasferiscano in
massa per un giorno a Roma! Ma quando mai si è
vista una cosa del genere! Allora? Allora ho il
fondato sospetto che se elezioni si terranno,
visto che (art.18) l’Assemblea sarà valida
“qualunque sia il numero dei soci intervenuti”,
sarà tutta una farsa e certamente il nuovo
Consiglio Direttivo non sarà l’espressione della
volontà della maggioranza di tutti i soci, ma
solo dello sparuto gruppo di coloro che per
“comodità logistica” chiamiamola così si
presenteranno in Assemblea. E un’Associazione
non può farsi rappresentare sui voti dell’1% sì
e no degli aventi diritto al voto.
Invece, la maggioranza dei soci
ANPECOMIT anela sicuramente a ottenere un
ricambio della governance atteso che quella
attuale, alla quale vanno riconosciuti
certamente dei meriti, al presente si è
arroccata, a mio modesto giudizio, sulla difesa
a oltranza di uno striminzito gruppo di
“resistenti” che con pervicacia si ostinano a
portare avanti le loro ragioni (????) dinanzi
alla Corte di Cassazione lasciando migliaia di
pensionati Comit alla mercè di una decisione che
non porterà a nulla se non al rinvio alla
giustizia ordinaria (calende greche) per
ricominciare, se tutto va bene, punto e a capo
il discorso riparto plus-valenze Fondo. Quando,
invece, un accordo di massima fra ANPEC e UNP
esiste già: si tratta solo di muovere i passi
“opportuni” per attualizzarlo.
I pensionati Comit non hanno più
voglia di ingrassare i portafogli dell’allegro
stuolo di avvocati, consulenti, liquidatori e
quanti altri coinvolti nel balletto intorno a
questa succulenta torta, né tantomeno di essere
ostaggio di pochi elementi le cui mire al di là
della pretestuosa giusta causa, perdonatemi, non
riesco a comprendere.
Fernando Mazzotta - Taranto
10 marzo 2012 |