dopo la cronaca sull'incontro conviviale presentiamo il consueto "pizzino" di Filippo Vasta   

 

 

 

Se è vero che le difficoltà per raggiungerlo incrementano il valore dell’obiettivo, aver guadagnato un posto a tavola nella riunione di oggi è stato per  la maggioranza di noi un motivo di grande soddisfazione. Infatti per arrivare al luogo del convivio è stato necessario battere in lungo e in largo un’area di svariati chilometri quadrati della verde Brianza per un paio d’ore, con alterni stati d’animo, da ottimismi poi risultati effimeri, a momenti di sconforto. Questo malgrado il supporto di sofisticate apparecchiature di navigazione, degne della flotta Costa.

Il ristorante però è risultato assolutamente all’altezza delle aspettative; da un’ampia vetrata si potevano osservare le evoluzioni del traghetto leonardesco, un battello, il cui disegno è attribuito a Leonardo da Vinci (contenuto nel cosiddetto codice Windsor, presso l’omonimo castello in Inghilterra), che collega la sponda lecchese del fiume dove noi ci trovavamo, ad Imbersago, con quella bergamasca di Villa d’Adda. In funzione dal sedicesimo secolo, sotto la signoria di Ludovico il Moro, il servizio venne affidato in passato a diversi esponenti della nobiltà lombarda, come i Landriani, i Barbiano di Belgioioso, i Castelbarco. A fianco potete vedere il tariffario del 1604; tuttavia, anche all’epoca, era diffusa l’abitudine di attraversare il fiume “in nero”, con traghetti abusivi. Oggi la tariffa è di 0,50 euro. Il traghetto si muove senza motore, agganciato ad un cavo, sfruttando il dinamismo della corrente, dalla quale i due scafi che caratterizzano l’imbarcazione ricevono la spinta una volta che si sono posizionati con una precisa angolazione rispetto al corso del fiume.

La riunione è stata, come di consueto, molto piacevole: un incontro fra vecchi amici così come è logico aspettarsi quando si è mossi da un comune sentire che viene da lontano. Ottimo il cibo e il vinello bianco, che rinfresca il palato e scalda il cuore. I problemi, per questa volta, sono stati messi da parte. Ci sarà tempo per tornarci su. Il rientro è stato per tutti agevole: ormai la strada l’avevamo imparata.

Un vivo ringraziamento all’amico Gianni Rossetti, enfant du pays, che ci ha fatto conoscere un angolo meraviglioso della nostra Italia e un locale che merita un nuova visita.

 

Filippo Vasta - marzo 2012

 

 

Commenti:
- da Massimo Messa: Caro Vasta, ciao.  Perdonami la pignoleria ad onor del vero. Il tuo articolo sul traghetto leonardesco di Imbersago, a un certo punto, recita così: "In funzione dal sedicesimo secolo, sotto la signoria di Ludovico il Moro". Ciò non è possibile in quanto la signoria di Ludovico il Moro terminò nell'anno 1499. Cari saluti.

- da Mario Saini: Il 'pizzino' di Vasta è bello e interessante, unitamente al fotografo. Veramente bravi.

- da Amedeo Adani: Dico solo che mi piacerebbe saper fare queste cose!!

 


 

 

 

 

Le fotografie di Alfredo Izeta (clicca sulle miniature per ingrandirle)

I traghetti sull’Adda

Il tratto di fiume Adda compreso tra Lecco e Cassano fu nei secoli lo scenario di una fitta rete di scambi commerciali oltre che artistici e culturali: successivamente al periodo medievale, con l’Italia delle Signorie e fino alla fine del ‘700, l’Adda rappresentò infatti il confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica della Serenissima.
La navigabilità del fiume in questa zona, attestata dalla presenza di numerosi porti commerciali (tra cui Brivio e Porto d’Adda) consentiva ai burchielli, tipiche imbarcazioni con un lungo remo-timone e un albero centrale ripiegabile per passare sotto i ponti, di trasportare merci e persone da Lecco a Milano (utilizzando i navigli di Paderno e della Martesana) e viceversa. Il traffico mercantile lungo il fiume era regolamentato dalla legislazione ducale, che imponeva il pagamento di dazi in alcuni punti del tragitto: in particolare laddove il fiume veniva attraversato dai numerosi traghetti in esercizio. Il traghetto di Imbersago, che congiunge la riva lecchese a quella bergamasca, è l’ultima testimonianza di questa florida tradizione di trasporto fluviale che contava almeno 6 imbarcazioni di questo tipo in attività tra il lago e il Naviglio della Martesana. Il ritrovamento di disegni eseguiti da Leonardo da Vinci a Vaprio intorno al 1513 e raffiguranti “la chiatta de Canonica”, testimonia l’antichità di questa tradizione e del modello stesso del natante.
L’imbarcazione si presenta come una grossa zattera in legno a due scafi senza motore, trascinata dalla sola forza della corrente che batte contro il timone: il traghetto si muove da una sponda all’altra ancorato ad una fune metallica che scorre su di un rullo e lo trattiene sulla rotta.

 

 

 

 

 

 
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