IL SIGNOR DIRETTORE   
 
 

«« Parlate di tutto, fuorché di Banca ». Era lo slogan, la parola d’ordine, il suggerimento che ciascuno riceveva prima di varcare la soglia di quel piccolo tempio, accuratamente predisposto, che era la Direzione.
Signorile, impeccabile, potevate fargli firmare anche delle cambiali, che le avrebbe sottoscritte, quando con un sorriso ed un deferente inchino, la corrispondenza veniva sottoposta alla cortese attenzione, mentre il dito indicava l’esatta posizione ove apporre la firma.
Era difficile che scendesse tra il volgo impiegatizio, ed, evitandolo, non era posto nella condizione di dover rispondere a qualche quesito tecnico di qualche Capuffìcio troppo intrapren-dente, riguardante poi delle decisioni che, egli lo sapeva benissimo, ogni procuratore era in grado di prendere senza importunare il Signor Direttore.
In effetti ogni Procuratore aveva ricevuto il suo incarico di sovraintendenza (estero, titoli, portafoglio, ecc.) per cui solo nelle questioni altamente controverse o di notevole entità di rischio, era ammesso un consulto.
In genere la decisione era... di sentire la Direzione Centrale perchè desse essa stessa indicazioni precise ed esaurienti.
Era però facile crearsi un amico se uno aveva l’accortezza
o la pazienza di farsi un po’ di cultura sulle antiche stampe, sulle incisioni, le rilegature, nei quali argomenti poteva avere dal Capo dei competentissimi ragguagli, suggerimenti, indicazioni, stime.
Talvolta erano tre o quattro le persone che facevano anticamera per sottoporre sempre alla cortese attenzione, e molto più spesso per la vendita o per l’acquisto, degli involti che anche un profano avrebbe giurato non essere libretti di risparmio, in quanto nè la forma, nè la consistenza lo davano a vedere.
Comunque non era presuntuoso di sè: viveva e lasciava vivere, cercando di camminare nel mezzo della pugna, dando ragione a tutti quando non sapeva di che cosa si trattava, in modo che tutti fossero soddisfatti.
Capitò perfino che il Capo Contabile andando a dargli relazione sull'andamento generale gli segnalasse che c’era stato un alterco fra due impiegati ed un cliente per una sottigliezza conta-bile. Il Signor Direttore aveva drizzato l’orecchio ma non aveva dato segno di meraviglia o di curiosità.
« Ma — signor Direttore — quel cliente ha dato dello stupido al Capufficio Titoli e dell’idiota al mio Vice! ! »
« Ah, si? — aveva risposto il capo con fare piuttosto as¬sente — questa all’incirca è la distinzione che avrei fatto anche io... »
Tolte queste inezie, la nobiltà del lignaggio, la fine cultura umanistica lo facevano eccellere nel ricevimento di un dignitario, di un noto professionista o del commesso del Bar, che amava intrattenere con la pronuncia accentuata della ‘r’ moscia, carat-teristica dello studioso di lingue, incastonata nella dignità dell’incarico direzionale come una pietra preziosa nel blasone di famiglia.
Con gli Ispettori, un po’ meno... perchè gli argomenti non erano sempre di suo gradimento c’era qualche appuntamento di estrema importanza che non poteva essere rimandato e che esigeva la sue personale presenza...
Conosceva poco il personale e gli seccava di doverlo conoscere: in fondo si poteva amministrare una Filiale anche con i semplici referti dei Funzionari e del Capo Servizio.
Se poi alla prima ispezione le cose non risultavano a posto si poteva chiedere il loro trasferimento in massa.
Quella Filiale da lui diretta aveva poi due Agenzie dipendenti. In una di queste c’era Claudio Alfa, un Dottore in economia e commercio, brillante, raccomandato, vicino alla trentina, graduato Capufficio nella paga se non nella nomina ufficiale, che dirigeva con sussiego l’amministrazione dell’Agenzia mostrando pure una certa grinta e decisione.
Nella sede c’era Alberto Alfa, o Alfa secondo, un giovane ragioniere assunto da pochi anni, bella presenza, calmo, senza pretese, in servizio presso l’Ufficio Posizioni, che ogni tanto saliva da Lui per qualche visto di sconfinamento e simili.
Un mattino, anzi, quel mattino che seguiva le fatidiche riu-nioni del ‘Comitato Centrale’ per le promozioni, il Signor Diret-tore scese in salone e chiamando Alfa Secondo con delicata vocetta si complimentò seco lui per la avvenuta nomina a Funzionario dell’istituto, per ora senza firma ma con notevoli possibilità avvenire.
Sorpresa, meraviglia, festa grande.
Ognuno ha già compreso: la conoscenza degli uomini da parte del Capo era tale che nel pomeriggio dovette rettificare la nomina portandola all’Alfa della Agenzia.
Naturalmente la fece rettificare dal Vice Direttore che gli aveva fatto notare la piccola anomalia...
Era piacevole comunque conversare con lui.
Churchill disse una volta di un suo collega di Parlamento: « Quello sa comprimere il minimo di idee in un massimo di parole!! » e si vede proprio che il Signor Direttore era di quella pasta e che un politico era proprio la persona adatta ad insegnare a parlare molto dicendo poco, dando però sfoggio di larga cultura, di retorica, di eloquenza.
Non dicendo niente con tante parole, nessuno potrà parlare male di te, nè prenderti in castagna, nè dire di non aver avuto soddisfazione.
In complesso però i dipendenti tutti lo comprendevano ed anche lo scusavano.
Se fattori o compromessi politici l’avevano portato ad un posto ben remunerato senza sua colpa, se il gioco dell’influenza di Partito lo voleva in quel seggio, ciascuno s’era convinto quasi con un certo orgoglio a fare del suo meglio perchè la baracca dell'istituto proseguisse nella sua attività con ritmo normale. Qualcuno malignava che, anzi, il ritmo era più sciolto e più libero, perchè, in fondo, non è tanto l’imposizione padronale che attira la clientela, quanto l’umile sorriso e la prestante attenzione dell’umile travèt.
Era quasi bello lavorare con un Direttore così, se non c’era un Vice importuno.
A chi chiedeva: « E allora come vi trovate con questo Diret-tore? com’è il Direttore? » si poteva sempre rispondere serena-mente: « Che vuole... È un dipendente a carico... »

 

* * * * * *

L’impiegato dell’Ufficio Portafoglio arrivava puntualmente in ritardo: la colpa era naturalmente del filobus.
Un giorno però arrivò con dieci minuti di anticipo sul ritardo normale, vale a dire in orario.
«E che? — gli disse il Capo Contabile — ha preso il direttissimo o l’hanno accompagnato in macchina?»
«Oh, no — rispose l’impiegato — sono venuto a piedi!»


◊  ◊  ◊  ◊  ◊  ◊  ◊


 

pagina indice

 

 

 

Piazza Scala - marzo 2014