Il lavoro in banca è di
due specie: qualificato e non qualificato.
Lavoro significa quello che uno dovrebbe fare ma, in genere,
particolarmente nelle Filiali di media cilindrata, essendo i
lavori sempre più degli addetti, ne consegue che i confini
delle competenze non sono mai chiari, nè v'è la minima
intenzione di chiarirli. Lavoro qualificato poi, ad esempio,
è quello dei Capi, perchè essi sanno sempre a chi farlo
fare; non qualificato è quello che il tipo abilmente più
imperialista ti fa fare, scaricandoselo d'addosso perchè a
lui non piace, e basta farlo una volta per diventarne i
custodi. Comunque anche questo dello scaricamento è un'arte:
vista dal basso è una fregatura, dall'alto è efficienza.
C'è chi di questo lavoro se ne fa una condanna e chi invece
se ne fa lo scopo della vita: forse la verità è nel mezzo,
come in tutte le cose di questo mondo, in cui il troppo
nuoce, qualunque sia, e non bisogna esagerare neppure con la
moderazione e la sottomissione.
C'è chi se ne frega, purtroppo, e chi tira la carriola
borbottando ma a testa bassa, sperando, ingenuamente, che
qualcuno si accorga che egli sta consumando più calorie di
quante non riesca ad accumularne neanche sfruttando nel
massimo riposo i due giorni che la settimana corta gli
concede.
Forse non ha tutti i torti perchè senz'altro si accorgono
del suo lavoro assiduo, intenso, ininterrotto, anzi ne sono
compiaciuti di questo, quasi lo pagassero di tasca propria,
quasi che la macchinetta umana, una volta crepata, la si
possa buttare senza rimpianti o senza coscienza. Ma questo è
un altro discorso.
Il lavoro è più o meno interessante a seconda degli anni al
quale uno vi è assegnato, certo è logorante perchè ogni
foglio di carta bianco, rosa, verde o giallo che si tocca
rappresenta soldi, e soldi degli altri.
Dicono che il lavoro sia santo, sia un mezzo di elevazione.
Lo diceva anche un simpatico Capufficio, morto Capufficio: «
Oh, ragioniere, lo so che è molto, ma non lo consideri
lavoro, lo consideri il primo passo verso la Direzione!! ».
Di nessun lavoro soggetto penso se ne possa fare un carme:
Il lavoro è lavoro, spesso una vera e propria condanna.
Forse quello che ciascuno chiede è che non sia reso
insopportabile dall'ansia, dalla pretesa o dal volerlo far
fare ad ogni costo. Per reazione un impiegato disdegnava di
imparare un altro lavoro che non fosse il suo usuale perchè
vi era il pericolo, anzi la realtà, che appena lo sapesse
fare glielo appioppassero in sovrapprezzo.
Guai a chi sa fare tanto, guai a chi sa fare bene: hanno
sottoscritto la loro condanna alla immobilità, perchè nessun
dirigente si sognerà mai di sostituire uno che sa fare tanto
o uno che sa fare bene con un altro di minor rendimento.
Non è però questa una buona politica perchè la monotonia
ammazza, corrode lentamente, intristisce una vita. E quando
succede che uno, al limite della propria pazienza o al
massimo della propria delusione, scoppia o si lamenta,
minaccia uno sciopero personale o azzarda improvvidi
confronti, quelli del piano di sopra esternano le loro più
vive meraviglie.
Nè più nè meno di quella buona donna di casa che diceva al
marito: « Che ti succede: lunedì le lenticchie ti piacevano
martedì le lenticchie ti piacevano, mercoledì le lenticchie
ti piacevano ed oggi, giovedì, improvvisamente, le
lenticchie non ti piacciono più... »!!
Oggi giorno poi è tolta all'uomo anche la soddisfazione
dello scrivere.
E così un'ora dopo l'altra, un giorno dopo l'altro.
Occorre diventare meccanici, la mente deve ragionare solo
quel tanto che serve a far azionare le macchine, le macchine
maledette!
Impostare la cifra, il codice, la data, l'importo, bottone,
scatto, centrare il foglio, battere, riporre. Ben lo capì il
posi- zionista.
Gli assegni ed i fogli contabili si ammucchiavano, le
macchine rollavano, ingoiavano quei fogli mentre altri ne
arrivavano incessantemente.
Il posizionista era là seduto « in posizione », mentre la «
sua » macchina meccanizzava le operazioni contabili dei
clienti e la sua mente estranea al corpo, vagava lontano,
nella ricerca di un sollievo, almeno spirituale... va
pensiero sull'ali dorate...
E le ali della fantasia ora, in un attimo di sosta, quasi al
termine del normale orario di lavoro, si portava alla Sede
Centrale ove, certamente, un apposito Ufficio studiava,
approvava, ordinava, meccanizzava.
« Ogni lavoro può essere concretizzato da una macchina che
non sbaglia mai: i saldi dei conti usciranno istantaneamente
» « Sissignore: macchine a tutti gli uffici posizioni!! »
«Gli assegni saranno letti da cellule fotoelettriche!! » «
Sissignore: Macchine a tutti i cassieri!! » « Le ricevute
saranno sparate alla clientela! » « Sissignore! Macchine a
tutti gli uffici del riscontro di cassa!! » « Le cedole
saranno immesse nei registratori elettronici!! » «
Sissignore: macchine a tutti gli uffici titoli!! » « Il
lavoro potrà essere triplicato! » « Sissignore: dimezzeremo
il personale. Ma, Direttore, chi azionerà queste macchine? »
« Giusto: compreremo degli schiavi... » « ...Ehi,
Ragioniere, si è addormentato sulla sua macchina?... »
Il richiamo lo riportò immediatamente alla realtà e le dita
ripresero a scorrere sui tasti lucidi, mentre il ronzio del
complesso elettrico variava nei suoi toni cacofonici come
una zanzara che, di notte, ha preso di mira un orecchio.
Eppure il lavoro alle macchine era una esperienza che doveva
fare. Quasi tutti al primo entrare nell'ambito della grande
famiglia erano messi « in posizione ». In tal modo le
macchine, dopo qualche tempo, cominciavano a capacitare
l'individuo che l'annullamento della sua personalità era
iniziato e sarebbe proseguito con più o meno successo per
tutta la vita bancaria. Avesse dunque ad adeguarvisi.
Lui però non era un novellino: la macchina per lui era come
la casa di correzione ove si manda il ragazzo che
recalcitra, era la nuova scuola di indottrinamento.
Sarebbe durato poco: si sarebbe lamentato con lo zio che era
Direttore Generale della grande fabbrica di temperalapis che
ne avrebbe accennato al Direttore della Sede... rivedeva la
scena di qualche giorno prima quando si era ribellato...
In mezzo a tutto questo era quasi contento perchè s'era
cavata la voglia di dire in faccia ed in pubblico tutto
quello che pensava dell'efficienza organizzativa del Capo
Contabile.
Avevano discusso per un po' su molte questioni dei vari
uffici l'uno sostenendo le direttive nazionali certamente
adatte per le grandi sedi ma non per le piccole filiali e
l'altro con la logica che, in molte occasioni, è provato,
sembra sia vietata ai dipendenti degli Istituto di Credito.
Alla fine avevano alzato la voce ambedue, senza offendersi e
con ammirabile autocontrollo, prendendosi solo a parole per
il fondo dei pantaloni ed alla fine nel silenzio che si era
prodotto e nell'attenzione generale, lui aveva esclamato: «
Sa cosa va bene in questa Filiale da lei organizzata? Una
cosa sola! (pausa) NIENTE! » In quel mentre era terminato
l'orario di lavoro ed egli, seguito dalle risa e dai
commenti, se ne era ito a casa.
L'indomani era stato assegnato alle macchine maledette.
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