Quanti
ricordi risvegliava nel suo cuore e nella sua mente il
sentir leggere nell’altra stanzetta di casa questa favoletta
latina.
L’aveva udita nella voce incerta del suo figlioletto prima
di uscire di casa per andare in Ufficio ed ora, nello
scorrere superfi-cialmente le lettere scritte in francese ed
in tedesco, gli sovveni-vano insistenti e ritmici quei
versi, con una chiarezza nuova, cristallina. Forse anche
Fedro era stato bancario!!
Forse anch’egli aveva sofferto le umiliazioni ed il sopruso,
forse anch’egli abitava in una casa in cui v’erano stanzette
supe-riori ben arredate, pulite, silenti, ove imperava il
padrone. Forse ritirandosi poi nel suo tepidarium
aveva liricamente trasmesso ai posteri il senso della sua
situazione.
Superior stabat lupus... longeque inferior agnus... —
Distanti, più in basso, la folla anonima dei travètt
indaffarata, formicante, bisbigliosa ... longeque...
Vi è una patetica nota di tristezza, vi è vivo e penetrante
questo senso di lontananza e di abbandono.
Se qualcuno mancava, se arrivava uno nuovo, ce se ne poteva
anche non accorgere...
Infatti da un mese era in Banca o forse anche più perchè
aveva sostituito il suo paterno genitore che un insulto
apoplettico aveva tolto da questo mondo. A queste cose
l’istituto teneva e, a dispetto forse di altri intrallazzi
nepotistici, dopo dieci mesi dal lutto, ragioniere appena
diplomato, lo aveva assunto.
Ora era rientrato nel salone della Banca dopo essere uscito
un istante per una commissione, quando incrociò il signor
Direttore.
« Oh, il nostro giovane Camillo!! — gli fece questi
riconoscendolo e battendogli amichevolmente una mano sulla
spalla — presto sarai dei nostri!! »
E lo lasciò perplesso là nel bel mezzo, incredulo se il Capo
dicesse sul serio o per ridere, incerto di essere
effettivamente membro dell’istituto o soltanto un errore o
una burla. Lo conosceva proprio da... longeque.
E Fedro immaginò che questi animali andassero a bere: Ad
eundem rivum...siti compulsi!!
Anche lui ora rivedeva quel gran fiume, come lo aveva
paragonato nel 875° di fondazione dell’istituto il Vice
Direttore Centrale in visita apostolica. Rivum
che riceveva acqua dalla clientela e la distribuiva a tutti
i dipendenti in mille rigagnoli multiformi, per una delle
categorie meglio considerate e meglio retribuite della
Nazione, tralasciando solo di dire che più si andava in alto
e più il sole rendeva la terra arsa ed il rigagnolo doveva
essere più sostenuto, anzi, alla sorgente era un fiume, alla
foce un rigagnolo.
Era comunque un’idea maestosa che richiamava alla mente i
candidi agnelli che si abbeverano alla fonte e che
apparivano sulle patetiche copertine delle dottrinette
oratoriane degli anni remoti di una giovinezza ovviamente
sepolta sotto le scartoffie d’Ufficio.
Solo che a questo Rivum c’era troppa gente
affaccendata a trovare un posto che fosse in alto, sempre
più in alto, ed in riscontro ce n’era altrettanta che dava
fastidio, gente che poteva essere qualificata ‘concorrente
pericoloso’ almeno potenziale, e doveva essere eliminata o
quanto meno squalificata agli occhi di chi di dovere.
Fedro aveva già imparato a vivere, aveva imparato a
diffidare, aveva imparato il valore del Civis romanus sum,
che calpestava ogni altro uomo che non avesse tale
qualifica. « Perchè — disse il lupo — Cur, inquit,
turbolentam fecisti mihì acquam bibenti? »
No, questo Camillo non se l’aspettava e, nella sua giovane
ingenuità, aveva creduto che il lupus fosse al piano
superiore. Ora s’accorgeva che dovunque, al suo fianco, nel
suo ufficio, in ogni lavoro connesso, vi era un lupus
in agguato. Ciascuno s’era rinchiuso nella fortezza del
proprio egoismo, dalla quale sparava su ogni cosa mobile che
gli passava vicino.
E Cesare cadde gridando: Anche tu, Bruto, figlio mio!!
Non è, a dire il vero, che ‘tutti’ i colleghi fossero così,
ma ce n'erano parecchi che reputavano caso di coscienza il
riferire ogni cosa al Capo Servizio, anche la più banale ed
ingenua, prima che lo facesse qualcun altro.
Però fin che a giudicare era il Capo Servizio si trattava
tutt’al più di ‘errori tecnici’, sanati da una semplice
correzione anche se un lieve rossore alle guance evidenziava
la piccola sconfitta personale.
Si rimaneva maggiormente male quando invece l’occhialuto
funzionario chiamava ad esempio Camillo e lo apostrofava in
malo modo perchè gli aveva mandato a vistare per il
pagamento un assegno che ora risultava non proprio
soddisfacente e onorevole...
« Mah, dottore, è un cliente della sua categoria che io
appena conosco e l’ho mandato da lei apposta...
Era vero, ma non lo si poteva ammettere.
« Repulsus ille veritatis viribus... »
« Quando sapete che un cliente non è buono lo si manda via e
non si mettono i funzionari nelle condizioni di fare una
brutta figura... »
Respondit agnus...
« Potevo io farlo di fronte all’altra gente? E con quale
autorità e con quale conoscenza delle condizioni bancarie
del cliente potevo io prendere una simile iniziativa? Se non
lo sa lei che è incaricato di questo lavoro devo saperlo io
che mi limito a pagare quello che devo ed a chi devo?... »
Atque ita correptum...
Incisivo questo Fedro, perfetto, meraviglioso, aderente alle
reazioni di chi ha salito lo sgabello o conquistato il
cadreghino e non vuole riconoscere il suo torto cercando di
inguaiare l’inferiore in tutta la misura possibile.
« Se ne vada, insolente... »
Oh, no, insolente Camillo non pensava di esserlo stato per
il solo fatto di aver messo i puntini su quegli i a cui
mancavano per negligenza o premeditazione.
A capo chino tornò al suo posto con le lacrime che volevano
uscire più per la rabbia che per la paura, più per la figura
che per la sostanza, fra il risolino sotto baffi o la
commiserazione di qualche collega.
Moralmente si sentiva mangiato, divorato, anche se
l’incidente era piccolo, ma forse l’inizio di una serie che
sarebbe durata per tutta la vita.
Forse era venuto a bere ad una fonte destinata, nel pensiero
di terzi, ad un altro...
◊ ◊ ◊ ◊ ◊
◊ ◊
Se un bancario conosce il lavoro che deve fare è un
saggio.
Se sa come eseguirlo praticamente è un tecnico.
Se lo esegue effettivamente è un virtuoso.
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