«Qui
c’è una grave irregolarità!». Gli tremava un pò la voce
nel fare questa affermazione. Non lo poteva concepire,
non lo poteva sopportare. Aveva dedicato tutta la sua
vita all’Istituto, che l’aveva fatto suo Ispettore,
roccia cristallina nel vortice delle tentazioni, palo
indicatore di direttive organizzatrici indiscutibili,
accertatore solerte e quasi giulivo di ogni infrazione,
onde, attraverso gli errori benevolmente ma ampiamente
memorandumati, si tendesse ad un lavoro perfetto,
onesto, completo.
Il suo viso, ora leggermente paonazzo, sul corpo
flaccido e leggermente ricurvato da quasi quarant’anni
di prestazione indefessa, si levò dalle scartoffie
multicolori sparse sull’ampia scrivania, fino al viso
del Vice Direttore settorista che gli stava in piedi di
fronte, in attesa.
Passando attraverso le spesse lenti, il suo sguardo
corrucciato ed indagativo si posò sul labbro leggermente
arcuato del funzionario, che, attraverso quel lieve
movimento voleva forse dare una risposta a questo
interrogativo. L’Ispettore, in fondo al suo animo in
quel momento desiderava, bramava una esauriente reazione
che lo confermasse nella integrità del personale
direzionale dell’Istituto, del suo Istituto.
La reazione non venne: quel mezzo sorriso rimaneva
immobile, quasi una sfida, una muta dichiarazione di chi
se ne fregava della ‘grave irregolarità’ e di colui che
l’aveva trovata, forse la gioia sadica di avergliela
fatta sotto il naso per tanto tempo a dispetto delle
severe regole di controllo o con l’abuso che poteva
derivare dal grado amministrativo acquisito.
Con questo, il fatto diveniva reale, sussisteva, era
palese e conosciuto, sottovoce, mormorato ma non
convalidato, sottinteso ma non mai espresso.
Parlandone ora l’Ispettore con il Direttore Centrale e
notando in esso una certa ritrosia ad approfondire
l’argomento, gli venivano quasi dei dubbi che il V. D.
di Succ. Settorista avesse qualche giustificazione
nascosta da tirar fuori al momento estremo per metterlo
in ridicolo od in difficoltà, poiché sapeva che tutti,
direttori compresi, vedevano i signori Ispettori come il
fumo negli occhi. Forse aveva già detto qualcosa al
Direttore Centrale... eppure le carte erano là,
testimoni inesorabili ed inconfutabili.
«Ecco — aveva preso a dire il Direttore — in fondo non
era un vero e proprio furto, era una forma di evasione,
di favoritismo e se, per esse, aveva preso compensi o
regalie difficili ad essere comprovate, non si poteva
infierire duramente. Dovevano stare ai fatti, alle
contestazioni concrete...»
Evidentemente il Direttore Centrale non aveva capito
nulla sulla meccanica della truffa.
«Un momento, signore, erano state fatte concessioni
notevoli contro garanzie pressoché fasulle, si era
trascurato, forse di proposito quel risultante traffico
di cambiali e di assegni di comodo, tutti senza fondi,
che ruotavano a catena senza mai fermarsi...» — «Si, ma
in fondo l’Istituto non aveva perso nulla, almeno fino
ad allora...» L’Ispettore sudava freddo. Sussisteva in
lui l’eterno dubbio di non aver visto tutto e bene, di
fare una accusa che all’ultimo istante non fosse
pienamente convalidata o confermata da prove tangibili.
Era poi questo il modo giusto con cui la Direzione si
peritava di giudicare una infrazione così chiara delle
intransigibili disposizioni da lei stessa promulgate? Ma
a lui Ispettore che cosa gliene importava se il V. D. di
Succ. aveva, a quanto gli avevan sussurrato e che non
aveva ben capito, uno Zio altolocato e forse Onorevole?
Onorevole era ancor più l’Istituto che andava difeso ad
oltranza contro questo reo, contro ogni abuso, contro
ogni percentuale che questo traffico aveva fruttato ad
un certo conto aperto presso un altro istituto
concorrente... a nome di una moglie forse ignara o
gaudente. Tutta la sua fiducia, la sua stima nella
dirittura e probità superiore stava ora per vacillare.
Quando un suo collega Ispettore, più largo di vedute,
gli aveva consigliato di non mettersi mai contro dei
dirigenti, di limitarsi a segnalare senza infierire
perchè Canis non magnat canemìì egli si era quasi offeso
e l’aveva guardato con un certo disprezzo... ora però
stava forse per toccare con mano...
Così stavano le cose quando l’usciere annunziò la visita
del signor Commendatore.
«Mi scusi Ispettore, ma non posso far attendere questo
nostro ottimo cliente con cui la Banca ha notevoli
rapporti ed interessi. Ne riparliamo subito dopo... ed
ho già qualche idea in merito...» e spingendo fuori con
delicatezza con la mano sinistra l’Ispettore,
cortesemente ma decisamente, con la destra afferrò la
grossa palma del Commendatore con un roboante saluto
complimentoso che apriva o confermava l’impegno
reciproco di fiducia e d’affari fra due enti di due
diversi ma lucrosi commerci.
«Come? Cosa significava ‘ho già qualche idea’?» — In
piedi, fuori, nel corridoio ampio e luminoso,
passeggiando lentamente ed a testa bassa egli non poteva
giungere che ad una unica drastica soluzione: la mela
marcia era da togliere, da buttare, e che tutti lo
sapessero onde frenasse loro la voglia di fare un
altrettanto losco commercio della fiducia e del denaro.
Il colloquio fra il Direttore ed il Commendatore fu
amichevole e comprensivo assai più di quanto poteva
immaginare l’Ispettore, che, al suo rientro, fu accolto
da un largo sorriso, e da una frase per lui al momento
interrogativa ma foriera di novità e che suonava press’a
poco così: «Dio vede e Dio provvede »
Il dubbio che anche Dio entrasse nella irregolarità del
V. D. di Succ. gli venne per un momento, quando il
Direttore lo incaricò di far rintracciare e far venire
alla sua presenza il reo che era stato appositamente
convocato e che certamente attendeva in qualche poltrona
dei salotti riservati alla clientela.
Infatti egli giunse assai presto alla augusta presenza.
Era serio, compassato, elegante. Non aveva più il labbro
atteggiato a sfida, sapeva che era giunto purtroppo il
momento del redde rationem. Pensava che avrebbero fatto
assai per demolirlo per la sola ragione che s’era fatto
pescare, perchè, egli ne era convinto, chi più chi meno,
chi in una forma chi in un’altra, tutti cercavano di
trarre dal loro grado il massimo utile possibile.
Fu fatto sedere mentre l’Ispettore, a fianco rimaneva in
piedi, quasi dominando, almeno nella intenzione, la
intera situazione. Non ci furono preamboli ma si venne
subito al nocciolo della questione.
«Ella ben comprenderà come la sua posizione nel nostro
Istituto sia divenuta difficile, per non dire
insostenibile...
Il V. D. di Succ. sbiancò in viso: possibile che
volessero licenziarlo, forse in tronco? E proprio lui,
Direttore Centrale, doveva prendere una tale
posizione?...
«...le assicuro comunque che tutto questo avrà un
carattere strettamente confidenziale e privato...
«Oh, grazie a Dio, cominciamo a ragionare, ed in fondo
l’aveva sperato e sospettato, perchè difficilmente su
queste cose si facevano scandali, anche se in fondo un
buon gruzzolo se l’era messo da parte e poteva anche
fregarsene come aveva fatto con il Signor Ispettore.
«...uno scandalo nuocerebbe a tutti e penso che anche
lei non ne voglia, d’altra parte non possiamo transigere
sulle sue gravi irregolarità...»
Il V.D. Settorista assentì. Sapeva di non poter
dimostrare il contrario ed occorreva mostrarsi buoni,
pentiti, arrendevoli, suscitare un’aura di compassione e
di comprensione, permettere al paternalismo di compiere
la sua sanatoria...
L’Ispettore invece si era tirato su dritto, a testa
alta, a quell’ultima frase, che era la sua, che era
stata la sua ‘diagnosi’. Il suo sguardo era serio,
compassato, per darsi un certo tono di importanza ma
vivido di soddisfazione. Non c’era ora da attendere che
la condanna infamante, il ‘Se ne vada, indegno!! Ella è
licenziata da subito, che non la veda mai più!! Ella ha
tradito l’Istituto, ella ha sputato sul piatto che le
era offerto con cibo abbondante...’ sognava!!
Fu richiamato alla realtà dal proseguire del Direttore
Centrale: « Ho parlato, or non è molto col Commendatore.
Poiché se ne offre una provvidenziale occasione,
avendomelo egli richiesto, ho fatto il suo nome come
persona capace che sarebbe disposta ad accettare
l’incarico di Consigliere Amministrativo che attualmente
risulta disponibile presso quella grande Società, che
ella ben conosce....»
L’Ispettore allibì: questo era dunque quello che Dio
aveva provveduto, questo era il castigo meritato...
« Provvederò subito senz’altro. Grazie della
comprensione, grazie tante, Zio......»
◊ ◊ ◊ ◊ ◊
◊ ◊
DEFINIZIONI
Talvolta uno che si diletta di parole incrociate crede
che certe parole trovate non abbiano altro significato
che quello espresso dalle definizioni.
Invece le stesse parole, viste da un bancario, assumono
tutt’altro significato.
Esempio:
PRESUNZIONE: giudizio fondato su congetture in mancanza
di prove positive, ma, più comunemente, opinione
esagerata di chi pretende di sapere ciò che non sa.
TRACOTANZA: Il difetto di chi, credendosi più di quello
che veramente è, tratta tutti con superbia e arroganza.